Quando la natura umana è la Cultura

Una riflessione sulla comunità LGBTQI+, tra università e società.

A un giorno dal Toscana Pride, svoltosi l’otto luglio a Firenze, ho avuto il piacere di partecipare a un’interessante discussione al palazzo del Rettorato, focalizzata su cosa significa vivere nella nostra bellissima – e controversa – Italia in questo delicato momento storico.

L’evento è stato sviluppato con la calma e la competenza di chi non si limita solamente a pensare con razionalità al bene del prossimo, ma si basa su studi antropologici e giuristi, sull’evoluzione sociale e linguistica che lentamente (ma nemmeno troppo!) influenza il nostro modo di pensare, agire e rapportarci con gli altri.

Basandoci su una frase di Natascia Maesi (presidente nazionale ARCIGAY), “chi non prende posizione è complice, chi dice che non sta succedendo niente non vive in questo mondo”, noi dello staff di uRadio abbiamo deciso di “aggressivatizzare” un interessante evento che, tuttavia, sentiamo abbia puntato più sul confermare le nostre certezze che non sul dare uno scossone a chi ha le idee un po’… Confuse.

Potrebbe tornarvi particolarmente utile allo scopo il glossario regalatoci da PrEcIOUS all’inizio dell’evento e disponibile online sul loro sito. Consigliamo caldamente di prendervi del tempo e dedicarci almeno un paio di letture; si tratta di un progetto volto ad affrontare alti livelli di discriminazione in contesti difficili e a promuovere l’educazione inclusiva, e lo fa egregiamente. Resterete sorpresi dalla mole di informazioni che saprà donarvi, e di come potrete applicare queste conoscenze a qualsiasi ambiente vi circondi.

E se il glossario non dovesse bastarvi, di seguito analizzeremo alcune delle frasi più interessanti emerse nella giornata del sette luglio, sperando di potervi offrire un buon ventaglio di citazioni da utilizzare verso i vostri conoscenti meno avvezzi al tema. Ogni voce è importante; tutte e tutti noi possiamo fare la differenza.

“Chi avrebbe mai pensato di togliere la genitorialità per come si mette al mondo un figlio e non per come lo si cresce.”

L’intervento di Simonetta Grilli, docente Unisi di Antropologia sociale e Antropologia della famiglia, getta le basi per un discorso galvanizzante, uno di quelli che ti rimangono in testa per giorni, uno di quelli che non vedi l’ora di condividere con chi ti sta vicino, o di usare come arma al pranzo di Ferragosto con quel tuo zio un po’ particolare.

Amore è un concetto che molti pensano sia delicato quando si parla di famiglia, ma è più semplice di quanto si pensi. Famiglia è Amore. Tutto qui. Diverse persone pensano che una coppia (o singolo) che non possa avere figli, che si impegna senza sosta all’interno di una società ostacolante per poter realizzare il sogno di diventare genitore, non sia in grado di dare amore nel modo giusto. Secondo questa logica, ogni singola famiglia eterosessuale sarebbe perfetta per uno spot della Mulino Bianco. Sappiamo bene che la realtà delle cose è ben diversa, ma allora perché esiste tutto quest’odio? Perché una coppia che non può avere figli non può adottare un bambino in Italia?

La professoressa Simonetta Grilli mostra come si crei una pericolosa gerarchia tra famiglie “vere”, di sangue eterosessuale, e famiglie ostacolate dalla società.
Il suo intervento si conclude con una delle frasi più belle, che è diventata il titolo di questo articolo: “la natura degli esseri umani è la Cultura”.

“La lingua è uno strumento di potere.”

La professoressa Rosalba Nodari, docente di Lingue per la comunicazione interculturale e d’impresa, pone l’accento sul dibattito linguistico che sta spaccando la nostra società, soprattutto sui social, divisa tra chi si impegna per adoperare un linguaggio più inclusivo, a volte facendo qualche pasticcio, e chi invece professa l’esistenza di una e una sola lingua italiana “dantesca“, e che il neutro maschile non andrebbe toccato.

È stato mostrato come l’evoluzione linguistica sia un processo lento, e che applicare una schwa o un asterisco alla fine di una parola per renderla neutra sia più una soluzione provvisoria che non qualcosa di definitivo. Perché ne abbiamo bisogno allora?
Perché la lingua, le sue regole, le sue costruzioni… Le crea la società, il collettivo. E il mondo non ha proprio brillato per parità tra individui durante la sua storia.

La lingua di una nazione non rappresenta solo il modo in cui le persone comunicano e interagiscono, ma anche il loro modo di pensare, di influenzare gli altri e se stessi.
A chi dice che la lingua non è mai cambiata, fate leggere qualcosa di una quarantina d’anni fa. Resterà sorpreso.

“Le norme giuridiche sono il risultato di decisioni politiche, e non sono paritarie.”

Angelo Schillaci, professore di Diritti fondamentali comparati presso l’università La Sapienza, ha saputo dimostrare egregiamente come i concetti esposti dal deputato Zan non siano qualcosa di “ipermoderno”, come lo avevano fatto percepire i media fin dal 2018, ma che già allora si basava su nozioni giuridiche più che consolidate. L’identità di genere non è una novità, ma è un concetto presente e valevole come diritto fondamentale.

In sala si sono levati diversi borbottii alla scoperta della procedura burocratica per poter cambiare sesso. Cosa si dovrebbe fare se si volesse avviare il procedimento di rettifica del genere in Italia?

  1. Richiedere un incontro a una struttura/associazione che offra servizi per il percorso di affermazione di genere;
  2. iniziare il percorso (dalla durata variabile);
  3. al termine del percorso, si potrà avanzare domanda al Tribunale competente per ottenere l’autorizzazione alla riassegnazione del genere anagrafico e al cambiamento del nome.

In sostanza, devi andare da un giudice a raccontare la tua storia e dimostrare di aver fatto tutti gli step elencati per poter cambiare sesso, e poi giudicherà se sei idoneo o meno.
Più che l’esecuzione di un diritto, non sembra un sistema che si impegna per farti desistere dall’essere te stesso?

“Vogliamo gli stessi diritti perché abbiamo gli stessi doveri.”

Nel ventaglio di citazioni che vi abbiamo presentato, questa è tutto. Non c’è altro da aggiungere. Potete anche chiudere l’articolo qui.
Natascia Maesi usa parole forti, parole che senti risuonare dentro e che sono inattaccabili. Sarei proprio curioso di cosa direbbe quello zio un po’ particolare a una frase del genere.

Natascia pone l’accento sul Pride, sulla sua importanza come evento quotidiano e non come mero atto simbolico. “Per noi, o è Pride tutti giorni o non lo è mai”. Abbiamo tutti sentito spesso lamentele riguardo al Pride, qualcosa tipo “basta che fai quello che vuoi, a che serve ‘sta carnevalata?” e altri commenti simili.

A questo quesito risponde indirettamente Daniele Ferrari, docente Unisi di Antropologia e linguaggi dell’immagine, nonché vicepresidente del CUG (Comitato Unico di Garanzia), parlando di Sanremo 1972, in cui una canzone è riuscita a eludere la censura e a parlare di omosessualità in diretta TV, durante uno dei periodi più delicati della storia italiana.
Ferrari si chiede se questi eventi siano realmente utili, se possano servire a lasciare un’impronta nella mente di chi ascolta.

La risposta non può essere un semplice .
Ne abbiamo bisogno. Non possiamo vivere in un’Italia che nel 2022 ha ottenuto il mirabolante record di nazione con più discorsi d’odio da parte dei politici. Abbiamo bisogno di un giorno come il Pride, un giorno che ci ricordi che, per quanto possa essere dura esprimere noi stessi oggi, non siamo da soli. E non lo saremo mai.

“Non si chiedono, i diritti ci spettano.”


Marco Sipione

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