“Pensavo fosse amore”, il progetto teatrale a Siena per contrastare la violenza di genere

Il Bright 2023 a Siena è stato caratterizzato dalle idee, dalle innovazioni, dall’intelligenza artificiale alla realtà virtuale e aumentata, dalle frontiere della medicina e della genetica alla biodiversità, dall’archeologia virtuale alle fonti energetiche. Venerdì 29 settembre per le vie di Siena tanti gli stand dedicati alla ricerca, alla scienza e non solo. In questa Notte delle Ricercatrici e dei Ricercatori, tra i tanti banchi presenti uno in particolare ha colpito la nostra attenzione. Si tratta di un progetto teatrale nuovo e che si pone obiettivi importanti.

Ai microfoni di uRadio Claudia Bini, avvocata dell’associazione Donna chiama Donna e coordinatrice del progetto.

“Saranno laboratori teatrali usati come strumento di sensibilizzazione sulla violenza di genere” – ci ha spiegato Claudia Bini – lezioni alle quali potranno parteciparvi tutti (per il 75% studenti universitari)”.

Non di rado ci capita di sentir parlare dell’ennesimo fidanzato, marito, ex che avrebbe stalkerato, picchiato, ucciso una donna per gelosia. Quello della violenza di genere è difatti un fenomeno fortemente radicato, che da secoli vede l’uomo voler controllare e rieducare la donna. Una possessione che sfocia nella violenza quando lei non si sottomette al suo volere.

“Siamo abituati a sentirne parlare ma non a metterci nei panni delle vittime” prosegue Claudia.
Si tratta di un progetto in collaborazione con Donna chiama Donna, La Lut, la Corte dei Miracoli e noi di uRadio. Insieme vogliamo far conoscere tutte le sfaccettature di un fenomeno così diffuso e, purtroppo, socialmente accettato. “Un’iniziativa che serve per passare dalla teoria alla realtà – ha sottolineato l’avvocata – Stiamo lavorando su dei testi elaborati da storie vere, casi avvenuti nella nostra zona. Gli studenti saranno aiutati da un regista e da un’attrice a interpretarli, a mettersi nei panni di chi li ha vissuti”. Non solo storie dalla gravità spropositata, ma che possono anche richiamare esperienze comuni come la violenza non solo fisica ma anche psicologica.


Gli obiettivi dei laboratori: identificarsi nelle storie e sapere come parlare di violenza di genere

Oltre a far conoscere il problema della violenza, identificandosi direttamente nei soggetti coinvolti, l’iniziativa si pone come obiettivo quello di far comprendere quelli che sono i percorsi di uscita: cosa fa il centro antiviolenza per le donne e i centri di ascolto per gli uomini.

Aiuta a sapere come comportarsi di fronte a chi ha subito violenza evitando la vittimizzazione secondaria, fenomeno per cui da vittima, diviene la responsabile della sua stessa sorte.
Si, perché molto spesso si giustificano le azioni violente degli uomini andando a indagare i comportamenti che la donna avrebbe adottato e che avrebbero scatenato l’ira del partner. Ecco che un progetto come “pensavo fosse amore” contribuirà a sradicare le false credenze che abbiamo quando pensiamo alla violenza sulle donne, frutto di retaggi culturali ormai insiti nella nostra società.

Per qualsiasi informazione consultare la pagina Instagram: Pensavofosseamore_laboratorio


L’intervista

Alice Muti Pizzetti

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