Lontano dai riflettori: Mikhail Arkadev in concerto

La musica classica non è fatta solo di sale da concerto prestigiose, teatri d’eccezione e grandi nomi. Esistono anche chiese barocche in piazzette nascoste, ingressi gratuiti e nomi meno noti al grande pubblico. In queste occasioni chiunque può godersi un’ora di buona musica. Così la musica classica distrugge il marchio indelebile che l’età moderna le ha impresso, ovvero quello di essere un’arte elitaria e distante dalla gente comune.

Mikhail Arkadev

Lontano dai cartelloni e dai manifesti (ho visto per puro caso la locandina in biblioteca) ho assistito nella maestosa cornice dell’Insigne Collegiata Santa Maria in Provenzano al concerto, pensate un po’, di un artista emerito della Federazione Russa, compositore, pianista e direttore d’orchestra di fama internazionale: Mikhail Arkadev (n. San Pietroburgo, 1958).

L’altare barocco in marmo rosa riccamente decorato con candidi putti e volute dorate contrastava, nella sua opulenza, con lo Steinway nero davanti a lui. Arkadev, un omone ben piazzato coi capelli lunghi e la barba (lontano dall’immagine del pianista perfettino ben curato) è entrato sorridendo e ci ha ringraziati (in russo, meno male c’era l’interprete) della nostra presenza. Si è seduto e un telefono ha squillato. Lui si è girato verso di noi e sempre sorridendo si è portato un dito alle labbra. Il programma comprendeva un’Ouverture da lui composta in onore all’architettura barocca italiana, la Fantasia per pianoforte in Re minore K397 di Mozart (x) e quattro brani di Fryderyk Chopin (Zelazowa Wola, 1810 – Parigi, 1849): le due Ballate in Fa maggiore op.38 (x) e in Fa minore op.52 (x) e i due Scherzi in Si bemolle minore op.31 (x) e in Do diesis minore op.39 (x).

Un momento del concerto

Ragazzi, io non so se si possa usare questa perifrasi per parlare di un concerto di musica classica, ma è stato una figata pazzesca. Tutti i brani sono stati suonati senza alcun riguardo verso il tempo e le dinamiche: ha dato semplicemente libero sfogo alla sua interpretazione e ha evocato immagini e sensazioni inusuali. Mozart può dare vita a fantasmi che emergono civettando dalla più nera oscurità? E Chopin può trasformarsi in un eroe byroniano che maledice il fato ingrato e aspira ad un infinito irraggiungibile? Per Arkadev sì; io pensavo non fosse possibile, ma quanto mi sbagliavo…

Nella Fantasia mozartiana siamo costretti a guardare in un baratro senza fine dal quale si levano, con delle risatine, spettri inquietanti che ci deridono. Uno di loro ci ha anche fatto la linguaccia. La Ballata in Fa maggiore è una scampagnata gioiosa in campagna, lacerata da alcuni colpi di tosse che macchiano di rosso il fazzoletto; così alziamo gli occhi al cielo e urliamo una sola, grande domanda: “perchè, Dio?”. L’immagine dell’amata (o dell’amato) ci sorride durante la Ballata in Fa minore, e noi corriamo verso di lei/lui nella speranza di poterla/o afferrare. Ma non ci accorgiamo che è solo un fantasma. Avete presente Orfeo e Euridice, no?

Protagonista dello Scherzo in Si bemolle minore è il pianoforte stesso, che si anima e inizia a cantare sommessamente cercando di calmare i moti del cuore; il pianista diventa un eroe romantico, che si getta nella furia degli elementi senza aver paura della propria incolumità. L’immagine che lo Scherzo in Do diesis minore ha evocato in me è stata quella di Proserpina che viene rapita da Ade. Il dio degli inferi osserva dal suo trono spettrale la fanciulla che, ignara della propria sorte, raccoglie cantando dei fiori e ride con le ninfe sue amiche; ma ecco che esse fuggono urlando e da una spaccatura della terra emerge Ade, che con un gesto rapido afferra Proserpina e la trascina giù nel suo regno.

Ho apprezzato molto la scelta di Arkadev di suonare i brani uno dopo l’altro, senza interruzioni: gli applausi spesso interrompono l’atmosfera che si era creata. Così facendo invece la musica si trasforma in un flusso di coscienza che continua anche dopo la fine del concerto. Dopo averci stupiti con la sua musica Arkadev ha tenuto la mano sollevata per qualche secondo, lasciando che l’ultimo accordo si disperdesse nella fredda aria della chiesa, poi l’ha abbassata per lasciarci applaudire. Il secondo bis (il primo era una Sinfonia di Bach) era un brano di un compositore russo del Novecento, Georgij Sviridov (Fatez, 1915 – Mosca, 1998), con il quale ha stretto una lunga e prolifica collaborazione: Time Forward (x). Semplicemente elettrizzante.

La chiesa, contro ogni mia aspettativa, era piena. Potrebbe significare che a volte le parole “ingresso libero” attirano più persone di un grande nome? Ai posteri l’ardua sentenza. Gli applausi, meritatissimi, hanno espresso nel contempo una profonda gratitudine.

Federica Pisacane

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