La Signora del martedì – tra tensioni e risate imperdibili

Risata. Risata. Risata. Pugno. Risata. Pugno. Pugno. Risata. Pugno.
Per quanto priva di esaustività, basterebbe la successione di queste due semplici parole per descrivere l’intero spettacolo de “La Signora del martedì”.

Tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Carlotto (Edizioni e/o, 2020) e diretto dal regista Pierpaolo Sepe, lo spettacolo gioca attorno alle informazioni e i segreti dei nostri quattro protagonisti, centellinandoli e spargendoli meticolosamente quel tanto che basta per far consolidare un barlume di idea circa la psicologia dei personaggi in scena all’ignaro spettatore, per poi ribaltare tutto. Più volte.

Protagonista della vicenda Alfonsina Malacrida (interpretata magistralmente dalla pluripremiata attrice Giuliana De Sio), conosciuta alla pensione Lisbona come Nanà, ogni martedì si reca nella Pensione Lisbona per comprarsi un’ora d’amore.
Si tratta di una donna estremamente abitudinaria e molto rigida; da nove anni si reca alla pensione, tra le quindici e le sedici del pomeriggio. Esamina la pulizia delle lenzuola, piega ordinatamente i vestiti sulla sedia e lascia il denaro sul comodino di Bonamente Fanzago (Riccardo Festa), attore pornografico al tramonto della sua carriera.

Fanzago vive alla pensione Lisbona sotto l’ala del signor Alfredo, gestore omosessuale della stessa, tra le cui mura si è sempre vestito con fierezza da donna. Assieme al perennemente innamorato Fanzago, il duo rappresenterà la parte più comica dello spettacolo, in diretta contrapposizione con la serietà evasiva di Nanà.
L’equilibrio quasi decennale della pensione verrà turbato da un certo Pietro Maria Belli (interpretato dall’imponente Alessandro Haber), giornalista di cronaca nera che sembra giunto lì per caso, e che si divertirà a seminare astio tra tutti i presenti.
Risate.

Tuttavia, la sua presenza in quella pensione sull’orlo del fallimento non è da affibbiarsi al caso; Pietro conosce Alfonsina, la nostra Nanà, e la terribile storia che l’ha vista protagonista molti anni prima. Minaccerà Alfredo di rivelare ai giornali delle sue nottate d’amore proibito con illustri politici, se lui non dovesse garantirgli un’intervista con Alfonsina.
Risate.

La misteriosa Alfonsina, che in nove anni non aveva mai nemmeno detto il suo nome, si rivela essere una scrittrice di storie per l’infanzia sotto pseudonimo. No, una ex prostituta minorenne. No, un’assassina che fu condannata a scontare sedici anni di prigione. No…
Pugni.
Lo spettatore smette di ridere. Rimane tacitamente ammaliato dai deliri di una donna cui vengono strappati dalle carni decenni di traumi sepolti, che si vede puntare il dito addosso come quella volta di molti anni prima, quando era solo una ragazzina ed era stata accusata di aver ucciso i genitori e il fratellino.

Alfonsina delira, urla, strepita, si abbandona al suolo, ridotta a schegge di vetro di un vaso che è stato troppo tempo in bilico su una mensola troppo alta. Nessuno sa più se fidarsi di lei, nessuno sa più chi lei sia. Di fatto, non l’hanno mai saputo.
Pugni.

Nessuno ascoltò l’alibi della piccola Alfonsina, la quale dovette prostituirsi per ripagare i debiti da gioco del padre. Ed era proprio a prostituirsi la notte in cui gli strozzini sterminarono la sua famiglia, ma non la vide nessuno. O così credeva.
Pugni.

Pietro Maria Belli non si rivela essere solamente uno scrittore di cronaca nera, colui il quale, tra l’altro, aveva reso la giovane Alfonsina un caso mediatico a suo tempo, ma si scopre essere anche follemente innamorato di lei da oltre tre decenni. Era un suo cliente quando era ancora una bambina e, completamente ossessionato, l’aveva anche attesa fuori dal bordello la notte in cui la sua famiglia fu massacrata… Ma non parlò mai. Le mandò diverse lettere d’amore in carcere, dove più e più volte aveva rivelato e garantito un alibi per la minorenne.
Lei non le aveva mai lette, e lo scoprire di aver sempre avuto la verità tra le dita per tutti quegli anni è l’ennesimo pugno ben assestato sulle costole dello spettatore.

Il giornalista delira, urla l’importanza del loro legame peccaminoso, e confida di averla aspettata ogni giorno, per poterla finalmente riavere per sempre.
Sulla scena ritorneranno Alfredo e Fanzago, per il loro ultimo grande momento. Hanno avvelenato il giornalista e, assieme, decidono di fuggire e di lasciarlo morire nella pensione Lisbona. Nanà si rifiuta di lasciarlo morire, per quanto l’anziano la ripugni, ma il duo non sente ragioni; verrà bloccata anche lei dentro l’edificio assieme all’uomo moribondo.
Temendo di rivivere le atrocità del carcere e di una condanna ingiusta per la seconda volta, Alfonsina crollerà su una poltrona lì vicino. Berrà l’acqua avvelenata a grandi sorsi, e si lascerà morire.


Nonostante possiate essere fermamente legati a una visione del teatro dall’aroma più classico, non ho alcun dubbio circa il coinvolgimento emotivo che “La Signora del martedì” potrà donarvi. Una continua montagna russa tra emozioni leggere e vivaci e drammi neri, un’esplorazione sempre più profonda nella contorta psiche umana, accompagnata dalle magistrali interpretazioni di quattro attori a dir poco straordinari.

Marco Sipione

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