Uto Ughi … “E chi è sto qua?”
Ebbene, gentili lettori e lettrici, parliamo di uno dei violinisti più famosi al mondo.
E vi starete chiedendo: “se è così famoso, che ci fa a Siena?”; ci arriviamo, ma una cosa alla volta!
La serata inizia con un’ottima notizia, le forze supreme di uRadio ci assicurano un posto centrale in platea, visione perfetta e audio frontale, fila F, posto 9 e 11.
Ci guardiamo intorno e non sorpresi ma un po’ delusi, ci accorgiamo che l’età media è sui 70 anni, e lì abbiamo un’illuminazione: dalla biglietteria, sapendo fossimo giovani, hanno fatto questa mossa di marketing per assicurarsi futuri spettatori al teatro, perché siamo onesti, con questo target, il teatro fra 10 anni sarà vuoto!
Quindi voto 10 per la perspicacia.
Comincia l’attesa per l’entrata sul palco dell’orchestra da camera della filarmonica di Roma, e ovviamente anche del protagonista di questa serata, e tra una chiacchierata su viaggi e una su concerti, opere e teatri visti e “ca va sans dire”, una riflessione su quante banconote di grande taglio ci fossero sul palco (perché, come i più informati sapranno, Ughi suona da sempre o con uno stradivari del 1701 appartenuto a un violinista cui Beethoven dedicò una sonata, oppure con un violino Guarneri del Gesù del 1744, anche per questo il cartellino riporterebbe diversi milioni di euro), comunque, le luci si affiochiscono, il sipario si apre e tutta l’attenzione è su di lui: Uto Ughi.
Ughi inizia a parlare con noi, il pubblico, come se fossimo vecchi amici, e ci dice che non solo vuole regalarci un’ora e dieci di gioia (perché le gioie nella vita sono sempre ben accette, diciamocelo), suonando per noi le quattro stagioni di Vivaldi, ma prima ce le spiega!
Così che mentre ci perderemo tra le note e le arcate, lo faremo coscientemente.
Tra un cinguettio, la festa per la vendemmia, una tempesta, e qualche brivido di freddo per l’arrivo dell’inverno, siamo stati avvolti da un’energia magica e delicata come solo la musica classica sa dare: gli occhi osservano gli strumenti, le orecchie ascoltano il loro suono, il cuore si riempie di emozioni e l’anima ci si perde dentro.
Dopo Vivaldi, Ughi, per darci la buonanotte con stile, come solo un virtuoso del violino sa fare (e dopo essersi fatto chiedere il bis, perché si, nonostante i “92 minuti di applausi” nessuno si era permesso di chiedere il bis, pensando potesse essere maleducato o volgare), ha iniziato a suonare, così, come se stesse suonando “Fra Martino” il Capriccio n.24 di Paganini, e noi, davanti a tanto talento non abbiamo potuto far altro che applaudire, ringraziare il sig. Ughi e applaudire ancora!
In sostanza andate a teatro, all’opera o al balletto, perché apre l’anima!
Ah, quasi dimenticavo!
Abbiamo avuto questo onore a Siena semplicemente perché il legame fra Uto Ughi e l’accademia Chigiana risale a quando il suddetto violinista era un giovanissimo allievo della scuola, e da allora, il suo legame con l’accademia senese, nonostante la sua carriera lo abbia portato sui palchi più prestigiosi del mondo, lo ha più volte riportato in questa città.
Diego Catinelli | Maria Teresa Frezzotti