Violenza di genere non solo il 25 novembre

Il 25 novembre è stata la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questo giorno segna l’inizio dei 16 giorni di attivismo contro la violenza di genere. Ma perchè parliamo proprio di violenza contro le donne? A chi può rivolgersi una vittima?

 Perché “di genere”

Molto spesso sentiamo parlare di violenza di genere. Specificare che riguarda le donne è necessario per sottolineare l’esistenza di relazioni di potere tra i sessi e la loro asimmetria. Questo implica che la storia degli uomini e la storia delle donne è intrecciata e la prevaricazione di uno sia causa della sottomissione dell’altro.

Quando si parla di violenza di genere, si intende violenza sulle donne, da parte degli uomini, solo per il fatto di essere donne. La storia ci dimostra che le disuguaglianze tra uomini e donne sono date dalla costruzione sociale dei generi. In particolare con l’identificazione del femminile come genere inferiore. Ciò legittima da sempre la disuguaglianza e la violenza. L’analisi della condizione femminile ha portato alla scoperta che questa differenza non si trova a priori in un soggetto, e soprattutto non a causa dei suoi organi riproduttivi, che sono comunque un qualcosa di statico e immutabile e perciò sarebbe difficile se non impossibile decostruire un’idea basata su ciò. L’asimmetria tra uomini e donne va ricercata nei ruoli di genere, strutturati e legittimati nel tempo dalle organizzazioni sociali, dalla costruzione di norme, dalle aspettative socio- culturali (Olivieri, 2014, p. 18).

Studiare un genere senza prendere in considerazione l’altro è impossibile: sono costrutti sociali che vengono giustificati da qualcosa che è biologico. Con il genere femminile inteso come ‘il sesso debole’, il sesso dominato e oppresso di per sé, notiamo come gli uomini si sentano in diritto di educare le ‘loro’ donne, di oggettivarle, di trattarle come loro proprietà. Di conseguenza l’idea è che possano essere punite. Si è dovuto aspettare il 1956 per vedere scomparire lo ius corrigendi: il diritto atavico del marito di picchiare la moglie se essa non si conformava ai suoi voleri, quasi che egli potesse amministrare la giustizia in famiglia, secondo norme sociali di cui si faceva interprete.

Alcuni dati

I dati più recenti non sono di certo positivi. Secondo uno studio condotto dal Dipartimento delle Pari Opportunità gli uomini sono violenti con la propria partner per i seguenti motivi (selezionati in base alle risposte degli intervistati): perché sono considerate oggetti di proprietà (77,7%), perché fanno abuso di sostanze stupefacenti o di alcol (75,5%) e perché gli uomini hanno bisogno di sentirsi superiori alla propria partner (75%) (Vagnoli, 2021, p. 27).

I dati ISTAT evidenziano come il numero delle chiamate che sono state fatte al 1522 durante il primo trimestre del 2021 sono aumentate del 38% rispetto allo stesso periodo del 2020 (https://www.istat.it/it/archivio/263901). Questa è la dimostrazione di come la violenza di genere sia sistematica e che ci sia bisogno di importanti interventi per poterla destrutturare. Il minimo che possiamo fare come esseri umani è accogliere una richiesta di aiuto. Doveroso è però constatare che ci sono diversi ambiti in cui è arrivato il momento di apportare alcune modifiche, come la scuola e l’educazione primaria.


Le forze dell’ordine

Se si decide di interpellare le forze dell’ordine di solito lo si fa con la consapevolezza di voler denunciare l’abusante. È possibile che si incontrino qui alcune difficoltà perché non ci sono figure professionali formate per accogliere donne vittime di violenza. Capita che il caso viene trattato con poca delicatezza insistendo su aspetti non cruciali nei primi passi. Potrebbe succedere che la vittima si trovi davanti qualcuno che minimizza l’accaduto, dimostra empatia con l’autore del reato mettendo in dubbio la testimonianza della vittima.

Molte vittime si arrendono, hanno raccolto tutte le loro forze e ci hanno provato e non sono state accolte. Questo influisce enormemente sul numero di denunce che vengono portate avanti.


Il percorso di una vittima

Qui di seguito alcuni strumenti utili per comprendere meglio qual è il percorso che una donna vittima di violenza deve affrontare. Strumenti utili per aiutarsi e ed aiutare chi ci sta intorno.

Il percorso per uscire dal circuito è lungo, spesso non lineare, impegnativo a livello emotivo e difficoltoso.
Innanzitutto queste donne devono fare i conti con una mancanza di informazioni. Spesso non si hanno gli strumenti per cambiare il corso degli eventi, non si pensa ci siano, o si pensa che non siano abbastanza validi. In realtà il primo ostacolo che devono superare le vittime è avere coscienza di cosa sta accadendo. Questo non è scontato dal momento che non si fa educazione al rispetto dei confini altrui e al consenso.

Cercare aiuto

Dopo aver compiuto il primo passo che è la presa di coscienza, si deve decidere se rimanere nella situazione in cui si è o tentare l’ignoto e cercare aiuto. In questa fase molte decidono di rinunciare. Richiede meno energie rimanere dove si è perché è la realtà che si conosce, perché si pensa di non avere un’alternativa. L’abuso anche emotivo subito rende queste persone molto fragili e con poca autostima di sé. Ciò rende difficile concepire la possibilità di vivere la propria vita in modo diverso e migliore o con qualcuno che le rispetti davvero.

L’importanza di denunciare

Non tutti riescono a denunciare ma in ogni caso disincentivare è sbagliato, perché è uno strumento molto utile. Serve per attivare misure cautelari o ordinanze restrittive, ad avere la presenza di assistenti sociali in caso di minori. è un diritto che ognuna di noi possiede. Una donna che decide di denunciare può farlo in diversi modi: recandosi dalle forze dell’ordine o presentarsi ad un Centro Anti Violenza (CAV) o chiamare i numeri di telefono adibiti a questo compito.

I centri anti violenza

Si intraprendono qui due strade per chi resiste: ci si rivolge alle forze dell’ordine o ad un CAV. Un Centro Anti Violenza di cui si trova un elenco dettagliato delle strutture dislocate sul territorio italiano sul sito dell’associazione nazionale Di.Re (Donne in rete contro la violenza). Di.Re è anche un collegamento con altre associazioni come la rete europea WAVE (Women Against Violence Europe), la EWL (European Women’s Lobby) e la GNWS (Global Network of Women’s Shelter).

I CAV sono gestititi prettamente da figure femminili. Si evita così alle vittime l’incontro indesiderato con figure maschili che in questo momento non sarebbero d’aiuto (per quanto le loro intenzioni possano essere buone).

Vigono qui due principi: quello dell’anonimato, per cui le vittime sanno che ogni loro parola non sarà divulgata senza il loro consenso, e il principio dell’autodeterminazione secondo il quale nessun passo nel percorso sarà compiuto se non per decisione della vittima. Si crea così un posto sicuro capace di accogliere al meglio chi chiede aiuto.

Che tipo di aiuto puoi trovare

Queste strutture offrono una serie di servizi ad hoc come consulenze psicologiche, giuridiche e mediche a titolo gratuito. Garantiscono la presenza di mediatrici culturali per agevolare ogni donna a dispetto della sua provenienza, programmi e percorsi volti a immettere le donne nel mondo lavorativo. Si garantisce così un’indipendenza economica, la possibilità di accedere a case rifugio, di cui nessuno conosce l’indirizzo, in cui le donne che stanno scappando da un abuso domestico possono trovare temporaneamente accoglienza insieme ai loro figli minorenni. Inoltre è qui possibile cercare la strategia migliore per uscire dal circuito della violenza seguendo la volontà della vittima. 


Come contattarli

Di solito quando si contatta un CAV lo si fa per telefono, spesso la vittima è forzata a non allontanarsi da casa o viene controllata. Il numero anti-violenza e anti-stalking più conosciuto è il 1522, che corrisponde alle Rete Nazionale Antiviolenza, attivo ventiquattro ore su ventiquattro. A risponderti è sempre un’operatrice con una formazione altamente professionale e specializzata adatta a gestire qualsiasi dubbio e le seguenti emergenze: molestie, stalking, violenza fisica, psicologica, economica, domestica o avvenuta in luogo pubblico. Nel caso in cui non si potesse telefonare per mancanza di privacy e controllo del partner è stata creata un’applicazione per telefono tradotta in italiano, francese, inglese, spagnolo e arabo con cui si può istantaneamente mettersi in contatto via chat con un’operatrice.

Tutte queste realtà lavorano a stretto contatto con le istituzioni e hanno il compito di porre rimedio ai danni. Il problema è che mancano apparati che si occupino di prevenzione, di educazione rivolta a bambini/e e adulti/e, che si occupi di rispetto, di consenso e di promuovere le normative e le politiche specifiche in questo campo.


Ogni ruolo è importante

Chiedere aiuto è molto difficile, essere accolti nel migliore dei modi è una fortuna. C’è molta poca attenzione verso un fenomeno che riguarda un intero genere. Il genere oppresso, il genere debole, il genere meno capace e ascoltato, il genere che ha passato la sua intera esistenza a sostenere il proprio valore. È dovere delle istituzioni intervenire a livello sistemico. La richiesta di aiuto è così forte ma così poco considerata che è necessario qualcuno di altrettanto forte ma molto più potente, come lo Stato, che prenda le giuste decisioni e sostenga tutte le associazioni già in vita e quelle che ancora devono nascere.


Olivieri S. (a cura di) (2014), Corpi violati. Condizionamenti educativi e violenze di genere,
FrancoAngeli, Milano.

Vagnoli C. (2021), Maledetta sfortuna. Vedere, riconoscere e rifiutare la violenza di genere,
Fabbri Editori, Milano.


Giulia Bono

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