Era il 26 Settembre 1986 quando l’Editoriale Deim Press (la Bonelli editore ndr) pubblicò “L’Alba dei morti viventi“, il leggendario numero 1 di Dylan Dog, tratto da un’idea di Tiziano Sclavi e dalla matita di Angelo Stano.
Fu un successo clamoroso, in brevissimo tempo l’indagatore dell’incubo divenne una vera e propria icona pop ed uno dei fumetti più venduti, secondo solo a Tex, nel nostro paese ed in Europa.
Una delle chiavi del suo successo, oltre le storie avvincenti, si trovava nella caratterizzazione del protagonista. Dylan non è il classico eroe senza macchia e senza paura: è claustrofobico, aereofobico e soffre di vertigini.
Inoltre, malgrado si scontri di continuo con il paranormale, è un cocciutissimo scettico che si rifiuta di credere all’impossibile finché non lo tocca con mano.
Insomma non esattamente un paladino, ma è proprio in questo che l’Old boy trovava il suo fascino, nell’essere la dimostrazione che ognuno di noi, malgrado i propri difetti, possa battere ogni avversità.
Purtroppo come tutte le cose anche questa non poteva durare in eterno.
TUTTO CAMBIA
Il tempo passa e con esso cambia il mondo, cambiano le tecnologie, cambia la società e siamo cambiati noi lettori, ma in questo turbinio di progresso soltanto una cosa non è cambiata: Dylan Dog.
Sin dagli anni 2000 il fumetto sembrava perdere l’appeal che lo aveva accompagnato nei suoi primi cento numeri.
Il personaggio rimaneva troppo ancorato agli ’80s e questo impediva al fumetto di catturare nuovi e più giovani lettori e soprattutto anche per gli aficionados (tra cui il sottoscritto) le trame cominciavano a diventare ripetitive.
LA PRIMA RIVOLUZIONE
La Bonelli, preoccupata per il progressivo calo di vendite, decise di affidare la cura della serie a fumetti a Roberto Recchioni, il quale, a partire dal numero 337, ricevette il testimone da parte di Sclavi.
I veri cambiamenti arrivarono però a partire dal numero 338 in cui l’ispettore Bloch raggiunse finalmente l’agognata pensione, lasciando Dylan senza agganci alla polizia e soprattutto senza una figura paterna che lo assistesse durante i suoi casi.
Nuovi personaggi vennero inoltre aggiunti, come l’ispettore Tyron Carpenter, sostituto di Bloch, grande scettico e convinto che il nostro eroe sia solo un truffatore e John Ghost bieco industriale e nuova nemesi del protagonista.
Inoltre la tecnologia, molto odiata da Dylan, ottiene il proprio spazio nella serie: con lo smartphone acquistato da Groucho, il suo mitico assistente.
UN NUOVO DYLAN
L’operazione sembrò non dare i frutti sperati e perciò Recchioni, in accordo con la Bonelli e lo stesso Sclavi, decise per un cambiamento più radicale.
A partire dall’albo n.387 di novembre 2018 venne avviato il cosiddetto “Ciclo della meteora“, di 13 albi, che si sarebbe concluso con il numero 400 di questo dicembre.
Durante questa fase un’enorme meteora avrebbe minacciato la sopravvivenza del pianeta, ed inoltre tutti i cicli narrativi, fino ad allora aperti, sarebbero arrivati alla loro fine.
Al termine di questa fase Dylan è costretto ad una scelta difficile, un’estremo sacrificio per salvare Londra ed il mondo (eviterò lo spoiler per chi se lo fosse perso).
Dylan adempie al suo dovere e l’intera realtà si trasforma in una sorta di universo parallelo, simile al nostro ma diverso.
Tutto ha di nuovo inizio: con l’albo 401, l’indagatore dell’incubo ritorna alla sua prima avventura, 400 albi dopo, incontrando di nuovo Sybil Browning, gli zombi di Undead e soprattutto Xabaras.
Quindi è tutto uguale? No! Questa non è la stessa storia de “L’alba dei morti viventi” e questo non è lo stesso Dylan.
Il protagonista sembra più immaturo, ancora più nerd del precedente, presenta una folta barba da hipster, non disprezza la tecnologia e soprattutto è un saccente so-tutto-io.
Inoltre è cambiato è il suo assistente: non più l’irriverente Groucho, ma Gnaghi, un ragazzo con problemi incontrato da Dylan durante il suo periodo da becchino.
Esatto: il nuovo indagatore ha un passato da guardiano del cimitero ed ha Gnaghi come assistente, vi ricorda qualcosa? Se la risposta è un sì, avrete notato la somiglianza tra lui e Francesco Dellamore, altro personaggio ideato da Sclavi per un suo romanzo (e anche per un film).
UN PROGETTO AMBIZIOSO
Insomma: un nuovo Dylan Dog, diverso dall’originale e con nuovi comprimari (ma anche vecchi come vedrà chi comprerà il fumetto), che per i primi sei numeri vivrà le sue avventure originali, ma sotto una nuova luce… o tenebra in questo caso.
L’intento di Recchioni è quello di ricreare il successo che Sclavi ottenne con i primi albi della serie, e di introdurre un personaggio originale, con avventure che sappiano concentrare horror, erotismo e commedia in 96 pagine.
Soprattutto, tentando di dare alla serie un appeal che possa colpire sia i nuovi lettori sia i più anziani, invogliando a tornare a comprare i fumetti assiduamente.
Da fan affezionato, sin dalla più giovane età, devo ammettere che il cambiamento un po’ mi ha spaventato e continua a spaventarmi, ma Dylan da sempre è un personaggio che si sviluppa numero dopo numero e che non può essere imprigionato in delle caratteristiche immutabili e statiche.
Dylan Dog ed il suo universo sono come una pietra inarrestabile e che cambia sempre direzione. Quindi è inevitabile che una rivoluzione diventasse col tempo necessaria.
Inoltre, i primi due numeri di questo reboot (albi n.401 e n.402) sono stati a livello grafico e di trama ineccepibili: sceneggiatura di Recchioni e disegni di Corrado Roi, dando da ben sperare per il futuro del nostro Old boy.
Bisogna quindi sperare che questa rinascita del personaggio lo sia in tutti i sensi e che riporti in auge uno dei prodotti fumettistici più famosi del nostro paese.
Franco Ferrari
A me purtroppo questo nuovo Dylan non piace e dopo più di vent’anni da assidua lettrice ho deciso di smettere di leggerlo. Lo trovo senza cuore, senz’anima. Per me è stata una sofferenza smettere di leggerlo, ma ho dovuto farlo, anche se con molto rammarico e tristezza
Inizia a leggere DyD nel ’93, ad appena 16 anni. Mi sono rifiutato addirittura di comprare il 399. Dopo più di 20 anni quando vado in edicola mi manca chiedere se è uscito l’inedito di Dylan Dog. Ma non ne potevo più della politica di RR. Mi godo la mia collezione completa dal primo numero, rileggendo le storie più belle.
Dylan e le sue avventure mi hanno accompagnato per diversi anni, durante la mia adolescenza e la mia giovinezza. Ormai è passato parecchio tempo, da allora. Probabilmente è vero: è normale che le cose cambino, così come cambiamo noi stessi ed il mondo che ci circonda. Ma confesso che tutto ciò mi riempie di infinita malinconia e tristezza… È terribile quando una rivisitazione uccide un qualcosa che amavi snaturandolo, rovinandolo, cancellando ciò che adoravi: ti fa crollare addosso quelle che erano le tue certezze e, con esse, parte di quello che è stato il tuo mondo.
Hai ragione da vendere, Franco: ciò che dici nel tuo post è tutto corretto. Tuttavia, per essendo io stesso un “sostenitore del cambiamento”, nonostante capisca perfettamente la necessità di rinnovarsi, vivere il presente… No, certe cose non riesco proprio ad accettarle. Non posso.
Il vero Dylan non c’è più, tanto quanto non ci sono più il fedele Groucho ed il buon vecchio Bloch. E con loro, oggi, anche una parte di me. Addio caro Old Boy.
Recchioni: la morte di Dylan Dog.