Luca Ferrari, ENDKADENZ e l'ultimo tour

C’è sempre molta attesa poco prima dell’uscita di ogni nuovo disco dei Verdena, sintomo di un attaccamento a una band che riesce sempre a rinnovarsi e a sorprendere gli ascoltatori.  Non è da meno il loro ultimo lavoro ENDKADENZ VOL. 1 (Universal) che ancora una volta dimostra come la band di Albino riesca a mutare pelle senza mai cambiare veramente. Raggiungiamo telefonicamente Luca Ferrari, il batterista del gruppo, per poter scambiare due battute sul loro ultimo lavoro.

Non sapete come passare la serata del Sabato Santo? Non preoccupatevi. Sabato 4 aprile i Verdena saranno ospiti del Sonar di Colle Val d’Elsa per celebrare, a suon di musica, una santa messa rock.

 

Partiamo dalla copertina del vostro ultimo lavoro. Rispetto a “WOW” e REQUIEM”, dominati dal grigio e dal nero, avete deciso di usare un rosso acceso. Perché questa scelta?

Sai, la copertina del secondo volume (che verrà pubblicata per l’estate 2015, ndr) sarà blu. Volevamo ricordare i colori usati per le compilation dei Beatles uscite negli anni settanta.

 

Saranno due dischi molto diversi?

Sì. Sebbene sia stato composto tutto insieme, abbiamo deciso di separare le canzoni in due dischi distinti. I due album sono dei pianeti diversi, differenti posti in cui andare.

 

Titolo e copertina sono collegati?

Viene tutto da un libro di percussioni. Nella copertina ci sono le mie mani con dei piattini cinesi e in questo libro veniva spiegato come usarli. Il titolo, invece, si riferisce a Mauricio Kagel, un timpanista contemporaneo che nei suoi spartiti scriveva sempre lo stesso finale che consisteva nello sfondare un timpano con la testa a fine concerto e rimanerci dentro con tutto il busto. Endkadenz è una specie di “distruzione di chitarra” un po’ diverso. (ride, ndr)

 

Ci sono in ENDKADENZ degli strumenti che non avevate usato nel precedente lavoro?

Nel primo volume abbiamo usato una campionatura di trombe. All’inizio pensavamo di utilizzare delle trombe vere, ma poi abbiamo adoperato delle tastiere digitali. Nel secondo volume, invece, abbiamo utilizzato degli strumenti un po’ diversi. Ci sono, ad esempio, un clavicembalo e una kora.

 

In questo disco ci sono evidenti richiami, soprattutto nei suoni delle chitarre, ai vostri due ultimi lavori. Che cosa è rimasto, invece, dei primissimi Verdena? Come affrontate oggi una nuova canzone?

A livello di suono qualcosa è rimasto. “Un po’ esageri” (il primo singolo estratto, ndr) ricorda molto le nostre prime canzoni. L’approccio è sempre molto naturale: s’improvvisa, si suona e si cerca di comporre.

 

In questo tour avete deciso di suonare in quattro, come ai tempi de “Il suicidio dei samurai”. Perché l’esigenza del “quarto Verdena”?

E’ stata un’esigenza pratica. Quando stavamo componendo, c’era un nostro amico che suonava insieme a noi le tastiere: era inevitabile che ci dovesse essere un quarto musicista . Sul disco facciamo tante sovraincisioni e vogliamo riprodurre la stessa cosa durante i live. Più avanti, magari a ottobre, ci piacerebbe prendere anche un quinto elemento .

 

Questa sera sarete al Sonar di Colle Val d’Elsa, un locale non grandissimo. Avete deciso di iniziare la vostra ultima tournée nei palazzetti per poi spostarvi nei club. Che cosa ci sarà di diverso rispetto alla prima parte del tour?

Rispetto alla prima parte del tour cambierà un po’ la scaletta.  “Endkadenz”, a parte un paio di brani, lo suoneremo praticamente tutto. Ad ogni modo, preferiamo senza dubbio suonare nei locali più piccoli.

 

In più di un’occasione avete ribadito il vostro legame con Albino. Staccarvi dalla vostra città per andare in tour vi mette a disagio? Che cosa provate prima di ogni concerto?

Non ci dispiace. E’ bello cambiare ogni tanto, andare in città più grosse. Prima del concerto c’è sempre un po’ di ansia, ma penso sia normale.

 

Beniamino Valeriano

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