Faith No More – “Sol Invictus”

Un ritorno quasi insperato, quello dei Faith No More: dopo lo scioglimento datato 1998, un anno dopo l’ultimo disco (Album Of The Year), nel 2009 la band alternative metal statunitense si ripresenta sulle scene per un tour di reunion. I fan iniziano allora a sperare in quello che solo qualche anno prima sembrava impensabile: un nuovo album. Ed, in effetti, il 10 febbraio di quest’anno viene annunciata l’uscita di Sol Invictus, disco di inediti previsto per maggio. L’attesa è spasmodica: a suonarlo ci sarà la formazione che ha inciso Album Of The Year e che, nel frattempo, si è dilettata in vari progetti, con il singer Mike Patton decisamente in forma (Fantomas e Tomahawk i gruppi cui ha preso parte). Alla fine, Sol Invictus arriva nei negozi: e, lo diciamo subito, si tratta di un signor ritorno.

L’album si presenta decisamente eterogeneo già dai due singoli rilasciati. Motherfucker e Superhero non potrebbero essere infatti più diverse: cadenzata ed oscura la prima (vicina a quanto fatto dai Volbeat, però meno melodica di quanto fatto dalla band di Micheal Poulsen), potente ed aggressiva la seconda. Ottima scelta, quella di porla immediatamente dopo l’atmosferica apertura, affidata alla title-track Sol Invictus. Tre tracce, queste, che portano in dote sonorità parecchio lontane le une dalle altre: e tutto il disco seguirà questa linea. Abbiamo ad esempio un brano come Sunny Side Up, più pacato e caratterizzato da ritmiche più o meno “sbilenche”; Separation Anxiety pesca a piene mani dagli stilemi del nu-metal, con un cantato di Patton qui decisamente sinistro, mentre Rise Of The Fall prende le mosse da certi System Of A Down, risultando essere un brano multiforme e decisamente riuscito.

Un disco, questo Sol Invictus, davvero variegato nelle sue fonti d’ispirazione. Il rischio è quello, consueto in produzioni di questo tipo, di trovarsi di fronte ad una compilation più che ad un album, con brani slegati fra loro ed un ascolto complessivo difficoltoso e quasi straniante. Qui, fortunatamente, tutto suona Faith No More dall’inizio alla fine. La coerenza è garantita dalla voce di Patton (in forma straordinaria) che fa da collante lungo tutta la tracklist, ma anche da un diffuso senso di oscurità che permea il lavoro. I brani, infatti, molte volte suonano inquietanti e sinistri, merito anche del lavoro di Roddy Bottum alle tastiere.

Per i fan dei Faith No More c’è da festeggiare: Sol Invictus è un disco con gli attributi, e non un semplice pretesto per continuare a girare le arene di mezzo mondo. Le idee ci sono, le canzoni sono piacevolissime e dimostrano come la band americana goda tuttora di ottima salute. Se c’erano dei dubbi al riguardo, questi non possono che essere spazzati via da Sol Invictus: i grandi capolavori restano lontani, ma un lavoro del genere urla a pieni polmoni che i Faith No More sono ancora vivi.

 

Giacomo Piciollo

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