Come un romanzo (Daniel Pennac)

Di recente, una persona a me cara, mi ha confessato che, secondo lei, esistono libri che andrebbero letti prima di altri. Primo fra tutti: “Come un romanzo” di Daniel Pennac.

Sinceramente, non avevo mai letto nulla che riguardasse il famoso professore francese; solo qualche aforisma qua e là. Appena, però, ho sfogliato le pagine di questo meraviglioso libro, ho capito che, di lì a poco, avrei dato ragione a questa persona.

Come un romanzo è IL libro, quello che no, mi dispiace, non indossa mantelli o corone, tanto meno uniformi. Non ci racconta una storia, non esistono personaggi. Non è un giallo, un horror, un romanzo rosa. Ingloba tutto dentro sè.
“Come un romanzo” è un dialogo tra lo scrittore e noi. Senza intermezzi, interpretazioni o immedesimazioni.

Quand’è che avete incominciato a leggere? Ad amare quella sensazione di intimità ineguagliabile o quella di astrarci dal mondo per trovargli un senso?

Miei cari lettori, avete capito bene, il pluripremiato Pennac (a buon diritto) ci parla di quello che, spero, vi ha portato qui, a scorrere parole che si rincorrono nel tentativo di trasmettere ciò che è mio, quanto vostro: il piacere, il diritto, il dovere di leggere.

Ed è meraviglioso il modo in cui quest’autore scriva a cuore aperto, svuotando il suo animo di professore, riversandolo sulle pagine e scoprendolo attraverso l’inchiostro diverso da come probabilmente lui stesso immaginava: pieno di dubbi e insicurezze per la generazione dei primi anni ’90 (il saggio viene pubblicato nel 1992). Già venti anni fa, infatti, Pennac s’interrogava cocciuto sull’uso spropositato dei walkman (ma ve li ricordate?!) e sulle interminabili ore trascorse davanti alla tivù (perchè a lui non piacciono le abbreviazioni) da parte dei ragazzi “di oggi”, a dispetto di quell’ora salvifica di buona lettura.

E allora racconta e si racconta. Così come un buon libro deve fare, evitando accuratamente schede di lettura, comprensioni del testo, commenti e critiche. La scuola ci ha inculcato quella machiavellica arte dell’analisi dei testi. Come se le parole avessero bisogno di essere guardate attraverso il microscopio.

Le parole vanno ascoltate e i libri vanno letti a voce alta altrimenti sarebbero solo testi muti per puri spiriti.

Insegna, il prof. Pennac, ma s’incazza come un bambino, un ragazzo, un uomo che ama qualcosa e non capisce come sia possibile rinunciare a quell’unico paradiso che valga: l’intimità con un buon libro.

E allora ci parla dei ragazzi, di quei tanti che ha visto sedersi tra banchi sempre uguali, giorno dopo giorno, prima svogliati, poi curiosi, a volte stanchi, altre solo e semplicemente adolescenti: “avevano semplicemente dimenticato che cos’era un libro, cos’aveva da offrire. Avevano dimenticato, per esempio, che un romanzo racconta prima di tutto una storia. Non sapevano che un romanzo deve essere letto come un romanzo: placare prima di tutto la nostra sete di racconto.”

Eppure non dimentica mai se stesso, bambino, coperto da pesanti lenzuola bianche, raggomitolato, torcia alla mano e un nuovo inizio, un nuovo sentimento, un nuovo amore. Perché il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.

Leggere Pennac non basta mai. Le pagine si susseguono veloci e, più di una volta, di sera, ho dovuto impormi di smettere di leggere, placare quell’istinto irrefrenabile che sussurra testardo “solo un’altra pagina”, per non sciupare tutta la bellezza di questo testo in una notte soltanto.

 


Daniel Pennac (Casablanca, 1° dicembre 1944), professore di francese in un liceo parigino, romanziere eclettico, autore di testi teatrali e monologhi, nonché sceneggiatore di fumetti. Ha vinto il Premio internazionale Grinzane Cavour nel 2002 e nel 2005 è stato insignito della Legion d’onore per le arti e la letteratura.

Mariana Palladino 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *