Oscar 2018: Guida ai 9 film candidati.


Uno sguardo alle nomination come Miglior film


Il 4 Marzo sarà per voi una giornata dagli impegni irrinunciabili ma non temete, ci sarà abbastanza tempo per organizzare le cose. Una sarà andare a votare per eleggere i nuovi deputati e senatori. In attesa dei risultati elettorali, per restare in tema, avrete tutto il tempo per seguire in diretta la notte degli Oscar. Ho scritto “in tema” perché diciamocelo, rimarreste così tanto stupiti se il premio come Miglior attore venisse consegnato ad un politico? Appunto.

Ma dimentichiamoci un attimo della categoria Miglior attore, che sia di cinema o di politica, per concentrarci sulle nomination come Miglior film e non mi sto riferendo ai programmi elettorali. Ecco a voi un commento alle pellicole in gara, così da darvi un’idea generale sui film che concorreranno al premio Oscar.

 

Parlando di Cinema

So benissimo che quasi nessuno di voi passerà la nottata a guardarsi la 90esima cerimonia degli Academy Awards e detto fra me e voi: fate proprio bene. Ma ciò non esclude che possiate godervi, prima o dopo la notte degli Oscar, la visione di uno dei film che sono in gara. Come mai ho scelto di parlarvi solo della categoria Miglior film? Perché alle volte la pigrizia prende il sopravvento e non vorrei che, né io né voi, ci stancassimo di questo articolo. Voi di leggerlo, io di scriverlo.

Perciò, senza divagare troppo, dedichiamoci ai 9 film candidati. Proverò a suggerirvi quali solo le pellicole che non dovrete lasciarvi sfuggire e in fondo all’articolo troverete un’analisi (se avrete la pazienza di arrivarci!) che non mira certo ad essere ambiziosa, del contesto sociale in cui si svolgeranno gli Oscar e che potrebbe spingere la giuria a premiare un film piuttosto che un altro.

Buona lettura!


Phantom Thread


L’ultimo di Paul Thomas Anderson è un film perfetto, in grado di raccontare l’amore e l’ossessione attraverso un’opera elegante e al contempo spietata

Siamo in una Londra degli anni 50, dove i più grandi abiti della città sono prodotti nel suntuoso appartamento dello stilista Reynolds Woodcock. Ogni artista ha bisogno della sua musa e Reynolds troverà la sua in Alma, giovane e tenace, con cui inizierà una stremante e claustrofobica relazione.

Saranno le ossessioni di Reynolds a ripercuotersi nella loro storia. Prima fra tutte la mania per il suo lavoro tanto da avere sempre intorno i suoi collaboratori. La casa di Woodcock di fatti è come una reggia di Versailles in cui donne ricche entrano e escono per farsi cucire abiti unici e costosissimi. Per lui il significato dell’amore sarà sempre offuscato dalla devozione per la sorella Cyril e dal tormento per la madre defunta, quasi a rievocare quella Rosabella in Quarto Potere di Orson Welles.

Alma si trova catapultata in un mondo totalmente estraneo a lei, dominato dalla routine maniacale imposta da Reynolds, fatta di silenzi, massima dedizione e concentrazione per il lavoro. Qualsiasi gesto deve essere compiuto assolutamente con delicatezza e un semplice rumore consueto di Alma mentre fanno colazione sembra essere per lui una confusione assordante. L’incapacità di riuscire a compiacerlo, l’assenza di un’intimità e la distanza tra i due spingerà Alma a mettere in atto un macabro piano affinché lui possa finalmente dedicarsi incondizionatamente a lei.

 

Credo che Il filo nascosto debba essere considerato un vero e proprio capolavoro. A rendere struggente la storia d’amore è anche la memorabile interpretazione di Daniel Day-Lewis, ultima della sua carriera con il ruolo di Reynolds, ma anche e soprattutto quella di Vicky Krieps che interpreta Alma.

Le scene sono come quadri e in alcuni momenti è impossibile non pensare alla fotografia di Barry Lyndon. Alla colonna sonora troviamo ancora Jonny Greenwood, chitarrista dei Radiohead, che già ha collaborato con Anderson nella realizzazione delle musiche di Il Petroliere, The Master e Vizio di Forma. Tutto questo rende il film uno dei migliori in concorso e non solo. Infatti Il filo nascosto è destinato a diventare un grande classico a tutti gli effetti.


Call me by your name


Chiamami col tuo nome è un film che tocca nel profondo e che commuove per la sua delicatezza

Emozione intensa e sensualità travolgente, ecco come descriverei Chiamami col tuo nome. Un film che racconta l’amore nella più profonda intimità, dove si celano i sogni, le insicurezze e i bisogni che finiscono per rivelarsi in tutta la loro spontaneità.

Siamo nel nord Italia, anni 80, in uno di quei paesini in cui il tempo sembra essersi fermato per lasciare posto alla nostalgia. Il film vuole fotografare il tormento e l’inappagata ricerca d’amore durante i primi innamoramenti. È quello che prova Elio, ragazzo fragile e vulnerabile, fin da subito incuriosito dall’arrivo dell’affascinante Oliver, amico del padre, che giunge come un ospite pasoliniano, destinato a sconvolgere la sua esistenza.

La loro relazione si sviluppa lentamente ma coinvolge così tanto da immedesimarsi nei due protagonisti, frutto anche della perfetta e realistica interpretazione degli attori. Si percepisce lo stesso disagio e la confusione di Elio di fronte all’attrazione per Oliver. I due si lasceranno travolgere dalle passioni con dolcezza e soprattutto con naturalezza, vivendo un sentimento prezioso che li legherà per sempre.

Luca Guadagnino riesce a scavare nell’interiorità dello spettatore, riportando alla luce i ricordi legati ai primi amori che ognuno conserva dentro di sé. Tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, Chiamami col tuo nome cattura le sensazioni di fronte al primo innamoramento, i tormenti, il desiderio di avvicinarsi all’altra persona e la paura di essere rifiutati. È un film che esplora la natura umana raccontando la bellezza dell’amore in tutte le sue sfumature, dalle gioie ai dolori e che vuole lasciare un messaggio allo spettatore ricordandoci quanto sia “meglio aver amato e perso che non aver mai amato”.


Three Billboards Outside Ebbing, Missouri


McDonagh realizza uno spaghetti western in chiave moderna. Il risultato è un film brillante dai toni cinici e grotteschi

Tre Manifesti a Ebbing, Missouri è un film che parla di rabbia, quella che prova Mildred nei confronti della polizia che ha deciso di voltarle le spalle nelle indagini per scoprire chi abbia ucciso e abusato la figlia. Sono passati sette mesi e “ancora nessun arresto” come recita uno dei tre cartelloni affittati da Mildred ed esposti lungo la strada in cui la figlia è stata brutalmente violentata.

A rendere speciale il film è il talento di Frances McDormand che si cimenta in un ruolo, quello di una madre in cerca di vendetta, trovando ispirazione in John Wayne. Infatti il film delinea una storia che si fonda sul “farsi giustizia da soli”. Ecco perché le scene sono intrise di violenza sebbene mantengano una vena sarcastica e grottesca. Non stupisce l’intenzione del regista di dare un carattere volutamente stereotipato e bigotto ai personaggi che a volte risulta un po’ stucchevole.

Ad ogni modo Tre manifesti a Ebbing, Missouri, che ricorda un po’ un film dei Coen, non scade nella banalità e cade a pennello in un momento dove gli scandali degli abusi sessuali hanno travolto Hollywood. Mettendo in evidenza l’ingiustizia nel rassegnarsi davanti a una legge che non si fa valere, McDonagh regala un thriller tagliente di grande attualità.


The Shape of Water


Guillermo del Toro realizza un film incantevole dalle atmosfere fiabesche ricordandoci quanto forte sia l’amore al di là delle parole

Al culmine della sua carriera Guillermo del Toro ci regala questo piccolo gioiellino. La forma dell’acqua è una storia d’amore che incanta. Il linguaggio verbale viene messo da parte per lasciare spazio alla potenza delle immagini e ciò non è affatto importante poiché i due personaggi non possono comunicare tra di loro.

Elisa non può parlare, ha perso la voce da bambina e nel tempo ha imparato ad esprimersi con il linguaggio dei segni. Lavora come inserviente delle pulizie in un’inquietante istallazione segreta del Governo al fianco della sua amica Zelda, la strabiliante Octavia Spencer, celebre per la sua interpretazione commovente in The Help.

Un giorno le due scoprono l’esistenza di una creatura misteriosa dalle sembianze umane ma con la fisiologia di un pesce. Elisa se ne innamorerà follemente e tenterà di salvarlo ad ogni costo grazie anche all’aiuto del suo carissimo amico, un professore gay costretto a nascondere il suo orientamento. Lo farà evadere dal laboratorio dove ogni giorno viene crudelmente maltrattato per essere addestrato a diventare una macchina da guerra.

La forma dell’acqua è un film sulla solitudine che appartiene a chi si sente nato “diverso“, ma è anche un incredibile racconto d’amore che fa tenerezza. Quello tra Elisa e la creatura è un amore silenzioso eppure ci si dimentica completamente dell’esistenza delle parole. Della loro necessità. Tutto viene comunicato con squisita poesia tramite il corpo ed è quanto basta a renderli felici.

Come nel precedente Il labirinto del Fauno, Guillermo del Toro sfrutta nuovamente un’ambientazione narrativa storica per legare gli elementi fantasy alla realtà. Infatti La forma dell’acqua si svolge nel clima dai tratti distopici della Guerra Fredda che danno al flm un’atmosfera fredda e grigia ma che, minuto dopo minuto, viene colorata dalla magia dell’amore tra la creatura e Elisa che un po’ ci ricorda Amélie.


Lady Bird


Un film delizioso e originale sul divario tra adolescenza e maturità raccontato con pungente umorismo

 

Christine “Lady Bird” è una ragazza cresciuta a Sacramento, città dalla quale vuole fuggire non appena avrà ottenuto il diploma. La voglia di libertà dovrà fare i conti con le responsabilità, soprattutto quelle nei confronti dei genitori. Infatti, malgrado il dissenso della madre, Lady Bird sogna di andare in qualsiasi college newyorkese.

Durante il suo ultimo anno al liceo cattolico vivrà le tipiche esperienze adolescenziali, approcciandosi alle prime delusioni. A rendere le cose più complicate c’è anche il rapporto conflittuale con la madre e l’incapacità di entrambe di compiacere l’altra.

Lady Bird è una commedia sorprendente, densa di un umorismo brillante reso speciale proprio grazie all’interpretazione di Saoirse Ronan, giovane promessa del cinema. Personalmente non mi sono lasciata sfuggire assolutamente l’occasione di vedere il debutto alla regia di Greta Gerwig che già mi conquistò con la sua interpretazione in Frances Ha.

Malgrado possa apparire come il solito film “coming of age” la regista riesce a sviluppare una trama il cui risultato è tutt’altro che banale. Sarà impossibile togliersi il sorriso dalla faccia durante la durata del film che talvolta è attraversato da note malinconiche ma che non abbandona mai la componente ironica.


Get Out


Un thriller-horror psicologico che parla di pregiudizi e razzismo

Sebbene la scelta di candidare un film thriller-horror agli Oscar possa risultare alquanto strana in realtà non lo è. Sono numerosi i cult che in passato sono comparsi tra le nomination come Miglior film, quali? Per esempio L’esorcista, Lo squalo, Rosemary’s baby, Aliens, La Mosca, Dracula di Bram Stoker, Il silenzio degli innocenti, Misery non deve morire e Psycho.

Solitamente le giurie degli Oscar si sono mostrate sempre un po’ riluttanti nel premiare quelli che sono considerati film di genere perché indirizzati ad un pubblico di nicchia. A maggior ragione si può comprendere l’ostilità nei confronti dei film horror nei quali la violenza è la protagonista indiscussa.

Bisogna tenere a mente però che negli ultimi trent’anni, tra le nomination agli Oscar, è sempre stato presente almeno un film che trattava il tema dei diritti civili dei neri. La questione afroamericana è sempre stata la spina nel fianco degli Stati Uniti ed è un capitolo della storia rappresentato spesso nel cinema e particolarmente apprezzato dall’Academy. Questo spiegherebbe la scelta di candidare agli Oscar 2018 il film Get Out – Scappa, a mio avviso una versione horror-satirica di Indovina chi viene a cena (1967).

Chris e Rose si frequentano da un po’ di mesi, lei decide di presentarlo ai suoi genitori, un chirurgo e una psicoterapeuta. Appena arrivati nella loro casa Chris percepisce fin da subito un senso di disagio, generato soprattutto dalla presenza dei due inservienti di colore. Nonostante tutto la famiglia di Rose si mostra impeccabilmente progressista ma l’eccessiva ospitalità renderà la situazione molto conturbante.

Get Out è un film realizzato con un bassissimo budget che senza tante pretese sfrutta l’horror per commentare le ingiustizie razziali. È incentrato sui privilegi dei bianchi e sulle iniquità che si creano non solo al livello sociale, ma anche in quei piccoli momenti come una conversazione casuale. Alla fine del film ci si domanda se ad inquietare sia più il genere horror o la costante presenza del razzismo nella società.


Dunkirk


In Dunkirk Christopher Nolan torna a giocare con il tempo, raccontando l’orrore della guerra amplificato dalle musiche di Hans Zimmer

La Battaglia di Dunkerque del 1940 viene portata sullo schermo da Christopher Nolan attraverso uno spettacolo terrificante e atroce. La vicenda narra l’Operazione Dynamo. La disperata evaquazione dalla costa della Manica, dove rimasero bloccati i soldati anglo-fracesi dopo un’offensiva contro i tedeschi.

Dunkirk è un film potente, superbamente elaborato, con una storia da raccontare. Nolan, focalizzandosi sulla crudeltà della guerra, ci catapulta in un paesaggio desolato e apocalittico. Una spiaggia in cui le truppe attendono con angoscia di essere evaquate. È un incubo quello che i soldati, stremati e zombieficati dal conflitto, si ritroveranno a vivere. Infatti le truppe tedesche bombardarono incessantemente il porto per giorni prima che l’Operazione si concludesse con successo.

L’approccio narrativo funziona magnificamente in Dunkirk che alterna scene che si svolgono in luoghi e tempi distinti. Gli eventi sulla spiaggia si svolgono durante una settimana, quelli sul mare avvengono in un giorno mentre le scene aeree si susseguono in un’ora.

Nolan ha voluto raccontare l’esperienza della guerra dando, come sempre, grande prova di abilità tecnica. Lo stato d’animo dei soldati, il loro terrore nel momento in cui sfiorano la morte, vengono comunicati in un film che oscilla tra l’efferratezza e l’intimità.


Darkest Hour


Il ritratto di uno dei più grandi statisti di sempre

1940: Chamberlain rassegna le dimissioni e suo successore diventa Winston Churchill. La sua prima prova sarà l’Operazone Dynamo (che troviamo nel film di Nolan) pianificata anche da Churchill. Il Primo Ministro britannico si troverà in un momento cruciale: continuare il conflitto o negoziare con Hitler?

È nota a tutti l’ironia di Churchill che è ritratta perfettamente da Gary Oldman ma che, se avrete notato, nel film compare poco. A differenza di Dunkirk non si respira alcun clima di tensione e la mancanza di un coinvolgimento rende L’ora più buia un film abbastanza noioso.


The Post


Steven Spielberg e un cast stellare a difesa della libertà di stampa

Il conflitto in Vietnam, un altro tema da sempre scomodo agli Stati Uniti e Steven Spielberg ha voluto dire la sua con The Post. Un film che vuole (ri)avvalorare il giornalismo in un momento in cui le fake news dilagano penetrando nella nostra quotidianità. È un grido che rivendica l’importanza della libertà di stampa e d’informazione ma soprattutto è un film che mira all’etica e alla responsabilità giornalistica.

La pellicola racconta della divulgazione dei Pentagon Papers (documenti top secret del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America) e del ruolo che in essa hanno avuto due delle maggiori testate giornalistiche statunitensi, trattando anche temi significativi come il ruolo delle donne durante l’inizio degli anni ’70.

Alla regia Spielberg è ineccepibile come sempre e a fare di The Post un film impeccabile, neanche a dirlo, è il duo Meryl StreepTom Hanks. Peccato che a mancare sia un pizzico di originalità in più nonostante l’attualità dei temi.


Tra cinema e attualità: e l’Oscar va a…?

Il contesto sociale influenza i registi nella realizzazione dei film tanto quanto le giurie nel riconoscerne il merito. Gli avvenimenti dell’ultimo anno testimoniano l’intensificarsi di una violenza razzista e sessista.

A vincere l’Oscar sarà un film che è stato capace di indagare la realtà di oggi?

Se così fosse va riconosciuto tutto il merito di Tre manifesti a Ebbing, Missouri. Il che rappresenterebbe un’ulteriore rivincita per il movimento Time’s Up, l’iniziativa nata dopo l’esplosione dello scandalo Weinstein, che si presenta con lo slogan “il tempo del silenzio è finito”. Tutto questo è inverosimilmente racchiuso nell’essenza del film che, va detto, senza Frances McDormand non avrebbe avuto lo stesso impatto.

“Stuprata mentre moriva. E ancora nessun arresto?”

Anche l’interpretazione di Meryl Streep, firmataria del Time’s Up, risente dell’ondata di femminismo nel drammatico The Post. Potrebbe vincere l’Oscar? Teniamo presente che nel 2016 Il caso Spotlight si aggiudicò la statuetta e dubito che l’Academy scelga ancora di premiare lo stesso tema a breve distanza.

La voglia di cambiamento non si respira solo nei film che inneggiano al neo-femminismo. Tra le nomination troviamo alcune pellicole, come Get Out, che mostrano quanto i pregiudizi siano ancora insiti nella quotidianità. Ma la pellicola che più ha incantato per la maniera di esaltare il “diverso” è La forma dell’acqua.

Forte delle sue 13 candidature, ad aggiudicarsi l’Oscar potrebbe essere proprio questo film che racchiude fantasy, amore e politica con una trama che richiama l’epoca del Maccartismo ma che ha molti punti in comune con l’America di Trump.

“Quando mi guarda, il modo in cui mi guarda… Non pensa a cosa mi manca o come io sia incompleta. Lui mi guarda per chi sono, per come sono. Lui è felice di vedermi.”

A contendersi l’Oscar assieme a La forma dell’acqua ci sarà Chiamami col tuo nome, il capolavoro di Luca Guadagnino che ha conquistato il pubblico. È riuscito a realizzare un film capace non solo di riportare la mente ai primi amori ma anche di stimolare lo spettatore a confrontarsi con sé stesso.

Chiamami col tuo nome è un incoraggiamento ad abbandonarsi ai propri sentimenti. È un invito ad ascoltare il cuore, essattamente come per La forma dell’acqua.

“Vogliamo guarire più in fretta per poi ritrovarci a trent’anni già inariditi, diventare insensibili e non avvertire nulla. Che spreco!”

C’è grande fermento in attesa dell’ultimo film di quel genio di Paul Thomas Anderson. Ho già visto Il filo nascosto e credetemi, è un film che dovete assolutamente vedere. C’è chi porta la letteratura al cinema e poi c’è chi, come lui, rende letteraria l’esperienza cinematografica. Il filo nascosto immerge lo spettatore in un linguaggio che riesce ad essere di alto cinema e di alta letteratura.

Potrebbe vincere? Non saprei, come non sono del tutto convinta che l’Oscar possa andare a Dunkirk. Indiscutibilmente sono film degni di nota ed entrambi dimostrano che il grande cinema esiste ancora.

In conclusione, sono cinque le pellicole su cui possiamo scommettere: La forma dell’acquaIl filo nascosto Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Dunkirk e Chiamami col tuo nome (in particolar modo i primi tre).

Che altro dire mie cari lettori? Spero siate rimasti incuriositi dalla recensione di uno dei 9 candidati alla statuetta e che vinca il migliore!


Margherita Calestrini.

 

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