Due giorni riscoprendo l’arte della provincia senese

Venerdì 23 novembre gli artisti vincitori della residenza Go to App-Digital Renaissance per la rilettura in chiave contemporanea del patrimonio artistico senese hanno presentato le loro opere nelle mostre individuali. Sabato 24 novembre, invece, hanno presentato tutte le opere nella mostra collettiva.

Il progetto per uRadio è cominciato con le colazioni d’artista, una maniera diversa di presentare i vincitori del bando: Giammarco Cugusi, Claudia Ponzi, Adriana Amoruso e Gabriele Dini.

Foto di gruppo

L’arte contemporanea si fonde con la tradizione senese

Per gli artisti stessi si è rivelata una continua corsa contro il tempo che li ha portati a realizzare le opere esposte approfondendo la conoscenza del patrimonio territoriale in poco più di un mese.

Hanno infatti letteralmente vissuto il territorio alloggiando al Museo dell’antica Grancia e dell’olio a Serre di Rapolano mettendosi in contatto con gli artigiani e le aziende del luogo al fine di comprendere le tradizioni per contemporaneizzarle. Valeria D’Ambrosio, la curatrice delle mostre, ha detto in proposito che “le tradizioni sono radici che devono emergere dal terreno e trasformarsi in piante”.

Tra i 45 musei sotto la guida di Fondazione Musei Senesi, quattro sono stati rivisitati in chiave contemporanea: il Museo della Terracotta di Petroio, il Museo Palazzo Corboli di Asciano, il Museo del Paesaggio di Castelnuovo Berardenga e il già citato Museo della Grancia a Serredi Rapolano.

Il duro lavoro ha ripagato gli artisti che si sono espressi in maniere completamente diverse gli uni dagli altri. Vi presentiamo quindi di seguito i progetti dei quattro vincitori il cui risultato non è stato sempre scontato e le cui idee fondanti si sono evolute in maniera a volte anche sorprendente per chi ne ha seguito le varie fasi da spettatore.                                                      

Gabriele Dini

Mostra individuale

Nato a Viareggio nel 1985 Gabriele ha deciso di esporre le proprie creazioni al Museo di Palazzo Corboli ad Asciano. I suoi interventi si sono concentrati in due distinte parti del museo. All’ingresso Dini ha aperto il magazzino e ha esposto dei frammenti costruiti con la metodologia del Bucchero ma riletti in chiave moderna grazie alla stampa 3D. Inoltre l’artista ha realizzato delle sculture metalliche che dialogano con l’antico. In questo particolare progetto un luogo solitamente chiuso e funzionale al museo, viene aperto e diventa protagonista lasciando entrare l’ospite nella sua “teca simbolica”. Gli scarti diventano arte.

Il secondo progetto, quello principale, ha preso vita nella sala affrescata delle Quattro Stagioni. Gabriele ha ragionato sui supporti che tengono in vita il museo e le sue opere. Attraverso umidificatori e deumidificatori il microclima di cui le opere hanno bisogno rimane stabile e “sano”, sono questi strumenti che permettono la trasmissione delle opere alle generazioni future grazie al rallentamento dell’azione del tempo. Molto spesso le tecnologie vengono ignorate nella visita museale, ma l’artista le mette in primo piano al pari delle opere. Registrando i rumori delle apparecchiature crea un sottofondo nella sala delle Quattro Stagioni e poi ne inserisce degli elementi che ricordano il ciclo dell’acqua creato dalle tecnologie all’interno del museo.

In una sorta di tanica in plastica l’acqua azzurra riprende i pigmenti della volta. È posizionata nelle vicinanze di una superficie luminosa che getta una nuova luce sull’importanza di elementi solitamente trascurati. Si crea in questo modo una sublimazione dell’ambiente sia fisico che ideale.

Mostra collettiva 

Anche nella mostra collettiva l’artista presenta ancora due opere nella sala sotterranea del Chiaritoio. Esse sono legate al concetto del contrasto tra luce e buio, quindi tra stanza illuminata e stanza in penombra, e tra materiale “buono” e materiale di scarto.

Prima sala

Nella sala buia viene ripreso il processo di filtrazione dell’olio che avveniva nel periodo di attività dell’edificio. Esso serviva ad alimentare lampade per stalle e perciò era un prodotto di second’ordine. L’artista ha voluto anche fare riferimento ai lavoratori attraverso alla disposizione di grembiuli per il lavoro in pelle con tracce di stucco: il dualismo si coglie nella contrapposizione lato sporco/lato pulito e che sottolinea l’aspetto antropologico dello “sporcarsi le mani”. Sempre legato a questo concetto è il mosaico realizzato sull’angolo, che evoca la scena di preparazione al lavoro dell’operaio.

Seconda sala

La sala adiacente ospita la realizzazione di un altro site specific che si concentra sulla lavorazione del travertino. Essendosi formato nelle vicinanze delle cave del marmo di Carrara ha voluto condividere il modo in cui ha visto cambiare il mercato dei minerali e la presenza di scarti assoluti nella lavorazione del marmo.

Il travertino utilizzato come base dell’opera è inoltre una traslazione del concetto di rifiuto al monumentale e vede una serie di oggetti posizionati al di sopra. Questi sono: scansioni fallite ottenute dall’elaborazione in 3D dei buccheri etruschi, pezzi di computer che servono alla trasmissione dei file, una sezione di un binario di un treno e una realizzazione di un alveare con materiale artificiale che dimostra l’adattabilità della natura.

La sala illuminata del Chiaritoio con l’installazione

Il lavoro finale è molto diverso dal progetto iniziale e dalle installazioni di Asciano a causa della maggiore presenza di vincoli logistici. In risultato ottenuto è comunque altrettanto sorprende

Adriana Amoruso

Adriana è una pugliese trasferitasi per motivi di studio a Firenze ed è nata nel 1991. Si è concentrata sul paesaggio offerto dalle crete senesi. L’artista ha potuto osservare questi paesaggi, seppur informa diversa, solamente in Basilicata; ciò li rende unici e rari.

Mostra individuale

L’associazione che subito le è venuta è stata quella con un allunaggio. Nel Museo del Paesaggio di Castelnuovo Berardenga la sua installazione è stata minima, ma volta a cambiare la percezione delle crete senesi delle persone che vivono il territorio. All’esterno del museo si può quindi trovare una teca con un frammento di crete esposto. Sulla targhetta si legge “Superficie lunare” e la descrizione scientifica del tipo di argilla con provenienza indicata Siena.

Mostra collettiva

Alla Grancia Adriana ragiona sul terreno caratteristico delle crete senesi come materia prima. L’idea dell’allunaggio si ripete attraverso varie analisi del fenomeno, tra cui una performance restituita attraverso delle foto in cui l’artista si traveste da astronauta e finge di essere sulla superficie lunare che non è altro che il paesaggio che tanto l’ha ispirata.

La ricerca storica del paesaggio è stata presentata nella mostra attraverso fotografie d’epoca e articoli di giornale. Il paesaggio più “antico”, ancora più simile al paesaggio lunare, ha subito negli anni ingenti modifiche. La ricerca scientifica del terreno in collaborazione con il paleontologo Luca Maria Foresi è rappresentata dalla presenza di un vetrino osservabile con il microscopio in cui si poteva vedere la composizione delle crete. Nella stanza accanto si potevano osservare i frammenti di questo paesaggio a grandezza naturale.

Un altro elemento scientifico e solitamente non associato all’arte è rappresentato da cartografie 3D, che ci mostrano e ci presentano i luoghi delle crete in maniera insolita.

Una parte interattiva dell’installazione con la cartografia
Visione del vetrino al microscopio

Un lavoro sicuramente d’impatto e che invita a una riflessione sul paesaggio e a una rilettura dello stesso con occhi nuovi.

Claudia Ponzi

Mostra individuale

Claudia è nata a Padova nel 1988 e lavora principalmente nel nord Italia. Il suo lavoro si è concentrato in una frazione di Trequanda: Petroio. Qui, nel Museo della Terracotta, certamente un museo a misura d’uomo,quasi familiare, ha esposto le sue opere.

L’insolito nome della piazza (Piazza Padelle) di cui si è persa l’origine, ha ispirato l’artista nella creazione di un “Monumento alla Padella”. Esso si propone di ridare nuova vita e magari ispirare una ricerca più profonda di queste origini culturali perdute. L’artista, aiutata nella realizzazioni da artigiani locali, ha inserito nell’opera tre padelle simboleggianti i livelli del paese e il comune di Tre(3)quanda su uno sfondo rettangolare.

Uno dei due esemplari del “Monumento alla Padella”

Il monumento a breve dovrebbe essere esposto in piazza e quindi perpetrare la propria missione di ricerca dell’identità popolare scomparsa.

La targa nella piazza di Petroio

Nella stanza del museo sono state esposte altre quattro opere. Tre di esse formano una serie in cui dei manufatti in terracotta sono contrapposti a oggetti diversi. Un soffio con un pezzo ornamentale di una fontana a simboleggiare il rumore dell’acqua. Un piede vuoto di leone con una conchiglia a simboleggiare la cavità che ospita il suono. Una sorta di richiamo ed uno strumento utilizzato per la creazione di cerchi con una cassa di risonanza che ne ricorda la forma.

Le tre opere sono unificate dal significato sensoriale principalmente sonoro che gli oggetti inseriti dall’artista donano loro. Inoltre lo  sfondo creato con dei teli azzurri solitamente utilizzati per rallentare l’asciugatura della terracotta è il medesimo. L’interesse generale di Claudia è quello di dare voce ai progetti e questa serie lo rappresenta in maniera nitida.

L’ultimo progetto fatto a Petroio è una rappresentazione di un nuovo modo con cui osservare l’architettura. Il chiaroscuro tra tufi bianchi e tufi scuri (perché lasciati all’aperto e quindi imbevuti di pioggia) alternati riporta alla tradizione costruttiva antica, ma la disposizione è sicuramente moderna.

Mostra collettiva

Nella mostra collettiva c’è una replica del Monumento alla Padella esposto a Petroio, ma anche un’opera diversa.

Viaggiando per la provincia senese l’artista ha osservato una presenza ingente di tombe etrusche nei musei. La sua riflessione sulla naturalezza della morte che viene disturbata nella civiltà moderna l’ha spinta a comporre un’installazione da riportare al mare. Uno scarto di travertino molto somigliante alla forma di un pesce è posto su un’impalcatura lignea, di castagno per la precisione, un legno molto profumato e tipico della Toscana. Questa installazione, leggi permettendo, sarà gettata in mare dove potrà davvero riposare in pace e simboleggiare la naturalezza e l’eleganza della morte in natura.

L’elemento fondante nelle opere di quest’artista è certamente il legame creatosi con il territorio. La conoscenza amichevole degli abitanti di Petroio e del loro stile di vita traspare chiaramente nelle opere sia materialmente (travertino, castagno, terracotta ecc.) che idealmente. I temi proposti dalla residenza sono sicuramente stati un fattore positivo e fondante nelle istallazioni di Claudia.

Il lavoro di Claudia al Museo della Grancia

Giammarco Cugusi

Mostra individuale

Il bergamasco Giammarco è di classe 1991 ed è agli inizi della sua carriera d’artista. Anche lui, come Gabriele Dini, ha esposto nel Museo di Asciano, ma nella sezione archeologica. Fin da subito due teche adiacenti hanno attirato la sua attenzione: una contiene una meridiana solare, mentre l’altra un’esposizione di monete.

Entrambe sono state ritrovate nel sito archeologico di Campo Muri e ad un livello interrato rispetto a quello abitativo. Probabilmente nella concitazione di un’invasione barbara questi cimeli sono stati nascosti per preservarli dalla furia nemica.

Oggi probabilmente non nasconderemo un orologio e delle monete, ma la riflessione che l’artista ha fatto si concentra sulla connessione di questi due elementi. Il tempo è denaro, si legge sulle teche. Questo intervento è minimalista, ma invita con una frase conosciuta a un ragionamento che non è per niente banale.

L’installazione minimalista di Asciano

Mostra collettiva

Il sito di Campo Muri è abbandonato, e l’installazione di Asciano è l’inizio di una critica di cui l’arte si deve fare portavoce che poi si conclude più corposamente nella mostra collettiva della Grancia. Qui in una stanza sono inseriti elementi che vanno ad omaggiare il patrimonio architettonico italiano. Nella prima troviamo una composizione di fiori in metallo, simbolo della decadenza e del declino in cui sono stati lasciati i reperti ritrovati a Campo Muri.

Nella seconda, l’artista dispone dei pannelli in forex e plexiglas con la riproduzione della cartellonistica di Campo Muri, protagonista di una turbolenta questione politica, e una foto di un albero morto: unico testimone dei fatti accaduti. A lato, un ammasso di stracci altro non è che il racconto di come sono trattati e conservati i mosaici in quel luogo. E da capo, sul muro la ripetizione della frase “il tempo è denaro”, questa volta in bianco su bianco, indice di qualcosa di cui è meglio non parlare.

Una parte dell’opera esposta alla Grancia

Infine una sorta di meridiana naturale, anch’essa simboleggiata da un fiore, ci ricorda il trascorrere del tempo, inevitabile e imprescindibile dall’esistenza.

Noi di uRadio ci teniamo a ringraziare chi ha reso possibile questa splendida iniziativa che va a valorizzare la provincia, spesso dimenticata, di Siena. Vi invitiamo a consultare e ad informarvi sul programma del Siena Art Institute che collabora con il giovani creando una sinergia tra arte e ambiente. Ma soprattutto, vi invitiamo a visitare queste mostre per tutta la loro durata di esposizione.

Asciano

Petroio

Castelnuovo Berardenga

Serre di Rapolano


Silvia De Martin Pinter e Chiara Bellemo.

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