Giusto qualche giorno fa ha fatto notizia in tutto il web il fatto che Zerocalcare, uno tra i più promettenti giovani fumettisti italiani, abbia ricevuto la candidatura al Premio Strega con il suo romanzo a fumetti “Dimentica il mio nome”. A stupire piacevolmente
è soprattutto la riconferma (dopo la candidatura di “unastoria” di Gipi l’anno scorso) di un’apertura del prestigioso premio, solitamente riservato esclusivamente ad opere in prosa, al nuovo e dinamico mondo delle graphic novel.
Ma cos’è veramente questo premio Strega di cui tutti parlano? A cosa si deve il suo prestigio?
Innanzitutto è bene fare qualche accenno storico: il Premio Strega nasce nel 1947, all’interno del salotto letterario di Maria e Goffredo Bellonci, con il contributo di Guido Alberti, proprietario della casa produttrice del Liquore Strega (che dà appunto il nome al premio e che finanzia l’evento).
Il primo a vincerlo fu Ennio Flaiano, con il suo “Tempo di uccidere”, e negli anni molte delle opere che hanno ricevuto il premio sono diventate colonne portanti della letteratura contemporanea, da “Il nome della rosa” di Umberto Eco a “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, da “La bella estate” di Pavese a “Lessico famigliare” di Natalia Ginzburg. Non è un caso dunque che nei decenni il concorso abbia acquisito sempre più valore, fino ad essere considerato il più importante premio letterario italiano.
In sintesi funziona così: il riconoscimento viene assegnato ogni anno ad un autore o autrice di un libro pubblicato in Italia tra il primo Aprile dell’anno precedente e il 31 Marzo dell’anno in corso. La scelta del vincitore è affidata a un gruppo di quattrocento uomini e donne di cultura chiamati “Amici della domenica” (dal giorno prescelto per le prime riunioni), a cui si aggiungono da qualche anno a questa parte, sessanta “lettori forti” -che ruotano ogni anno- e quindici gruppi di letteratura costituiti da scuole, università e istituiti italiani di cultura all’estero.
I giurati possono proporre titoli a loro graditi (purchè supportati da almeno due di loro) fino ad Aprile; quindi, tra le dodici opere selezionate, viene scelta la cinquina dei finalisti nel mese di Giugno.
Il vincitore è poi proclamato il primo giovedì di Luglio nel ninfeo di Villa Giulia a Roma.
Siamo ormai alla 69a edizione e quest’anno come non mai si preannuncia ricco di novità.
Il Comitato Direttivo riunitosi il 23 Febbraio infatti, ha deciso di modificare alcune delle regole, seguendo criteri di pluralità, bibliodiversità e accoglienza: sarà infatti riservata un’apertura notevole agli autori non italiani che scrivono nella nostra lingua e alle opere non in prosa; sarà favorita la presenza di piccoli e medi editori (se nella cinquina finale non apparirà almeno un libro pubblicato da un editore medio-piccolo, si includerà quello tra questi che avrà ottenuto il maggior numero di voti) e i giurati dovranno votare a Giugno nomina per tre dei libri in concorso (e non per uno solo, come si era soliti fare), così che il numero di voti per accedere alle finali sia maggiore e dunque il giudizio sulle opere sia più meditato e attendibile.
Inoltre la giuria di quest’anno, composta anche da ex vincitori del premio come Paolo Giordano, Melania G. Mazzucco ed Edoardo Nesi, dovrà scegliere tra una rosa di candidati particolarmente variegata e multiforme: a parte il già ricordato Zerocalcare, tra i tanti (non ancora ufficiali) figurano nella lista il “caso letterario” Elena Ferrante, (proposta da Roberto Saviano e la cui vera identità, dopo vent’anni di carriera letteraria, rimane ancora sconosciuta), con il suo “Storia della bambina perduta”, il giovanissimo Iacopo Barison che debutta con il suo “Stalin+Bianca”, Fabio Genovesi con “Chi manda le onde” e, si vocifera, persino il noto cantautore Vinicio Capossela con il suo intrigante “Il paese dei coppoloni”.
Insomma, c’è n’è per tutti i gusti. Non ci resta che attendere con impazienza la sera due Luglio per sapere chi potrà fregiarsi ancora una volta del prestigioso premio.
Rossella Miccichè