POSSIAMO ESSERE QUELLO CHE MANGIAMO?

Siamo quello che mangiamo. È davvero così?

Tutti noi siamo esseri umani, dunque tutti allo stesso modo naturalmente predisposti a mangiare qualsiasi tipo di alimento, dalla fetta di petto di pollo, al branzino, alle verdure grigliate, alla macedonia, alla torta cioccolato e pere, tutto purché non sia in qualche modo a noi dannoso. Siamo però anche esseri pensanti, credenti (chi più, chi meno) e le nostre scelte – di pensiero e di credenza religiosa- si ripercuotono inevitabilmente, e talvolta inconsciamente, sulla nostra alimentazione. In che misura queste nostre scelte vengono prese in considerazione e tutelate? E poi, possiamo o meno rivendicare alcun diritto in merito? Esiste un diritto al cibo?

Sono pressappoco queste le domande che hanno dato il via alla conferenza di ieri 3 Giugno tenutasi al Rettorato dell’Università di Siena dal titolo “Alimentazione, diritti, religioni. Questioni sociali e mercato alimentare nella società multiculturale”.  Ad intervenire sono stati la prof.ssa Maria Chiara Giorda e il prof. Antonio Chizzoniti, mentre nella veste di solo moderatore v’era il prof. Marco Ventura (un gran peccato, si tratta di un professore molto noto nel suo campo -diritto ecclesiastico-, e i suoi articoli sul Corriere della Sera hanno sempre destato la mia attenzione) e per finire la prof.ssa Sonia Carmignani, che ha curato la parte introduttiva e conclusiva dell’incontro.

Siamo tutti perfettamente coscienti di vivere in una società multiculturale e le tradizioni culinarie che ne fanno parte hanno da sempre generato una positiva curiosità, basti pensare al successo del momento di ristoranti come quelli cinese e giapponese o a quello dei programmi televisivi, volti alla valorizzazione sì della cucina italiana e al contempo anche di quella estera.

Quando però si fanno i conti con le conseguenze pratiche che questa multiculturalità comporta, ad esempio la differenziazione di dieta su base etico-religiosa, questione che è attualmente oggetto di ricerca della prof.ssa Giorda, allora ci si può rendere conto invece che la situazione è molto più spiacevolmente complicata e che l’ignoranza e la noncuranza regnano sovrane. Coloro che si impegnano a che la situazione cambi devono poi scontrarsi anche con le scarse possibilità economiche messe a disposizione per questo tipo di cambiamento.

Insomma, numerosi sono stati gli spunti di stimolante riflessione e discussione, peccato che la scarsa affluenza all’incontro sia stata di impedimento per quest’ultima.

Se vi capita di andare a mangiare a mensa, non date per scontato che vi troverete un tortino di verdure per i vegetariani o un secondo che non sia di maiale, ma se invece vi capita che accada, beh sappiate apprezzarlo.

Ritornando alla domanda iniziale, ebbene sì, noi siamo anche quello che mangiamo e abbiamo il diritto di esser noi stessi anche quando addentiamo un semplice panino.

 

Giulia Mele

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