NON OSTENTO, ESISTO!

Il tiepido e piacevole mese di maggio ospita anche quest’anno una settimana ricca di eventi organizzata dal Movimento Pansessuale | Arcigay Siena, a partire da lunedì 11 maggio, per celebrare la Giornata Internazionale contro l’Omofobia, la Bifobia e la Transfobia che, domenica 17, chiuderà questo stimolante ciclo di appuntamenti.

Il secondo di questi ha avuto luogo martedì 12 maggio, presso la Corte dei Miracoli di Siena. Ci riferiamo all’inaugurazione della mostra fotografica LESBICA NON È UN INSULTO. Ospiti gradite della meravigliosa serata sono state Martina Marongiu, ideatrice del progetto, e tre delle quattro modelle, Fabiana Lassandro, Morena Terranova, Letizia Salerno e Dunja Lavecchia, quest’ultima purtroppo assente per motivi di lavoro.

Una prima fotografia, sulla soglia dell’atrio dove sono sistemate le sedie ancora vuote, è certamente d’impatto per i visitatori. Si tratta del corpo nudo di una donna, ritratto da appena sopra il seno fin quasi alle ginocchia, ma ciò che colpisce l’occhio dell’osservatore è una scritta nera su di esso: LESBICA NON È UN INSULTO. Lentamente si comincia a riflettere e a cercare di comprenderne a fondo il significato. Eppure è un linguaggio molto semplice quello di Martina e delle sue modelle. È costituito da immagini, luce e parole: fotografie pulite, sobrie, costituite da pochi elementi, e frasi dirette, scritte “nero su bianco”. La forza del progetto sta proprio nell’importanza che è stata data alla parola LESBICA, una parola che non si dice mai, che sembra avere in sé una connotazione negativa molto forte. Eppure è l’unica parola esistente per poter definire le donne omosessuali nella loro vera identità.

Io non ostento, esisto 2

Un pubblico numeroso, in gran parte femminile, occupa i restanti posti vuoti e la presentazione ha inizio. Molti sguardi vengono rivolti sulle pareti dove pendono una decina di quelle “insolite” fotografie che raffigurano veri e propri “corpi parlanti”. Questi corpi sono il cuore del progetto fotografico di Martina Marongiu, nato per permetterci di guardare l’omosessualità femminile, troppo spesso ignorata o conosciuta solo superficialmente attraverso luoghi comuni, da un punto di vista nuovo che potrebbe essere il primo passo verso un cambiamento concreto. Martina spiega ai presenti di aver avuto quest’intuizione seguendo una famosa fotografa newyorkese che ha realizzato un progetto contro la violenza sulle donne, da cui ha ripreso l’idea, poi rivisitata nella chiave tematica dell’omosessualità femminile. Questa giovane fotografa ha chiesto alle persone che frequenta più assiduamente di posare per lei e di mettersi in gioco con questa esperienza tutta da vivere, nel vero senso della parola: queste cinque ragazze sono infatti lesbiche e tra loro ci sono anche delle coppie. Così, nel caldo mese di luglio, in una mansarda torinese, hanno trascorso giorni intensi, posando per gli scatti e scegliendo le frasi insieme, chiedendosi quali fossero i pregiudizi di cui ognuna si sente vittima. Tutto è risultato più spontaneo e divertente perché fra amiche, si sa, esistono quell’intimità e quella confidenza che permettono di “mettersi a nudo” davanti a un occhio che non è quello di una sconosciuta.

Il connubio perfetto di nudo e scritte nere, infatti, dà voce alle donne lesbiche che vogliono in questo modo “svestirsi”, togliersi di dosso stereotipi e maschere legate al loro orientamento sessuale, al loro essere lesbiche, e allo stesso tempo vogliono gridare al mondo la loro esistenza, il loro voler essere libere di amare, sfatando luoghi comuni ancora molto diffusi in Italia, dove l’omosessualità femminile viene completamente ignorata a tutti i livelli. L’utilizzo del corpo è dunque fondamentale in questi scatti, proprio perché esso costituisce un elemento essenziale nella scoperta della propria omosessualità. A proposito del corpo, una delle modelle spiega al pubblico che Martina ha trattato i loro corpi proprio come se fossero tele su cui scrivere, li ha quasi oggettivati, e tutte hanno di conseguenza cercato di non apparire assolutamente provocanti o sensuali.

L’incisività delle frasi è dovuta a ragioni sia pratiche che comunicative. Come fa notare Martina, lo spazio sul corpo è limitato, quindi c’è bisogno di frasi brevi e allo stesso tempo non fraintendibili. Inoltre il progetto nasce con l’obiettivo di parlare a tutti, dunque le scritte devono essere semplici, per poter finalmente rispondere a quelle domande che lo spettatore, educato secondo un ordine culturale dominante di cui i ruoli di genere sono condizione imprescindibile, si pone quando vede una donna lesbica. Da qui anche l’assenza dei volti delle modelle, con l’intento di permettere a chiunque di riconoscersi. Ecco alcuni esempi di quelle scritte nere, utilizzate per smantellare ogni tipo di pregiudizio: “NON CERCARE CHI FA L’UOMO”, “TI SEMBRO UN UOMO?”, “AMEN”, “IL GUSTO NON SI ATTACCA”, “NON OSTENTO, ESISTO”, “CON LEI TOCCO IL CIELO CON DUE DITA”, “SECONDO ME È UNA FASE”, “AMO LE DONNE NON ODIO GLI UOMINI”, “IL NOSTRO ORGASMO NON È UN FILM PORNO”.

Al termine della presentazione e di questo coinvolgente e illuminante dibattito, dopo applausi e ringraziamenti, i partecipanti hanno potuto godere di un gustoso e gioviale aperitivo offerto dal Movimento Pansessuale che si è prolungato “fino a esaurimento scorte”, prima dell’inizio del secondo evento della serata, “IL GAIO COMPITO DI RE – INTERPRETARE IL MONDO”, di cui gli speakers di uRadio hanno abilmente curato una diretta radiofonica di presentazione e di chiusura.

Pia Elena Caprioli

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