HIV e AIDS: storia di uno stigma che dura da 40 anni

Sieropositività: una parola che da un grande timore. Questo perché l’HIV e la conseguente AIDS non sono ancora socialmente accettate

Sieropositività

Sieropositività: una parola che sin da quando è stata coniata incute un grande timore,soprattutto a causa delle aspettative che crea. Questo perché l’HIV (Virus dell’Immunodeficienza Umana) provoca la cosiddetta AIDS, ovvero Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita. Abbatte le difese immunitarie e quindi espone il soggetto ad infezioni molto frequenti.

Il contagio 

Tutto inizia al momento zero con l’ingresso del virus nel circolo sanguigno. Come avviene il contagio? Le particelle virali sono localizzate nel sangue e nello sperma. Questo limita il contagio ad eventi come utilizzo di siringhe sporche, rapporti sessuali non protetti e gravidanza con passaggio transplacentare. Il virus non si trova nella saliva né nel sudore, per cui è possibile baciare e condividere il bagno con una persona sieropositiva senza pericolo di contagio, soprattutto perché il virus è molto fragile ed anche in ambiente idoneo non sopravvive per più di settantadue ore.

Da HIV e AIDS

Quando il sistema immunitario si indebolisce arrivando sotto le 200 unità per millimetro cubo di linfociti T, il soggetto va incontro ad infezioni da germi opportunisti, ovvero patogeni. Normalmente non sono abbastanza virulenti da causare malattie, ma in soggetti immunocompromessi possono replicarsi facilmente. Questo include infezioni fungine, come la candidosi o la polmonite, infezioni parassitarie e batteriche estese, nonché la comparsa di patologie tumorali (poiché il sistema immunitario protegge anche dai tumori, da nefropatie e dalle encefalopatie).

Fino a qualche tempo fa, questa fase spesso si evolveva nella morte del paziente, poiché non vi era modo di contrastare l’azione del virus HIV

Le cure disponibili oggi

Oggi fortunatamente esistono diverse terapie antiretrovirali per tenere sotto controllo l’infezione (e rendere il soggetto non contagioso). Utilizzano dalle iniezioni mensili ai mix di farmaci capaci di limitare fortemente la replicazione virale. Tali terapie però sono più efficaci quando iniziate precocemente, poiché non eliminano il virus dall’organismo! per cui se iniziate in fase avanzata quando la conta leucocitaria è ridotta, la distruzione dei linfociti non può essere invertita.

è indispensabile perciò , qualora si abbia il sospetto di aver avuto un comportamento a rischio, fare tutti i controlli del caso. In tal modo è possibile eventualmente iniziare la terapia così da evitare la comparsa dell’AIDS e condurre così una vita normale.

La malattia dei gay ?

La sindrome è stata riportata per la prima volta in letteratura nel 1981. Michael Gottlieb, (ricercatore dell’Università della California), svolgendo una ricerca clinica sui deficit del sistema immunitario e analizzando le cartelle cliniche dei ricoverati in ospedale, si imbattè nel caso di un giovane paziente. Il ragazzo soffriva di un raro tipo di polmonite che solitamente colpisce solo pazienti con un sistema immunitario indebolito. Nei mesi successivi, Gottlieb scopre altri tre casi analoghi in pazienti tutti omosessuali.

Sebbene all’ epoca non fossero chiare le modalità di trasmissione e di contagio, cominciano a nascere le prime teorie sulle possibili cause. L’ipotesi più accreditata fu quella che la malattia colpisse soltanto gli omosessuali. Il messaggio arriva anche all’opinione pubblica. Sulla carta stampata si cominciano a legge: The Lancet parla di “gay compromise sindrome”. Sui quotidiani nazionali di diversi Paesi si leggono espressioni come “immunodeficienza gay-correlata (Grid)”, “cancro dei gay”, “disfunzione immunitaria acquisita”. Sul New York Times «Raro cancro osservato in 41 omosessuali».

Ad oggi però da dati statistici certi sappiamo (anche se alcune persone nel loro bigottismo lo negano ancora) che l’HIV  è un infezione  che colpisce tutti in egual modo, ed anzi, fino al 2018 la percentuale di sieropositivi era piu’ alta fra gli eterosessuali per poi andare a pari nel 2019

Basta stigmatizzazione 

L’unico modo per combattere l’infezione da HIV è parlarne, informarsi e non averne paura, troppo spesso si sentono frasi come: “ma sai che quell* è malato?!” “ ma che fai l* baci? Non hai paura di ammalarti anche te?” “no,preferisco non frequentarl*” tutto questo non fa altro che accrescere la vergogna e il tabù sull’ argomento, espandere disinformazione ma soprattutto ritardare le diagnosi e quindi diffondere ancora di piu il virus .

Era il 22 novembre del 1991 quando Freddie Mercury , leggenda del rock confessò al mondo intero le sue condizioni di salute. Un comunicato stampa in cui si leggeva: “desidero confermare di essere risultato positivo al test per l’HIV e di avere l’AIDS. Ho ritenuto corretto mantenere queste informazioni private al fine di proteggere la privacy di coloro che mi circondavano, tuttavia, è giunto il momento per i miei amici e i fan di tutto il mondo di conoscere la verità, e spero che tutti si uniranno a me e ai miei medici nella lotta contro questa terribile malattia”.

Da quel momento si cominciò a parlare di HIV con una consapevolezza differente ma da li non si sono fatti molti altri progressi nell’ accettazione sociale !


fonti

L’epidemiologia per la sanità pubblica (Istituto Superiore di Sanità)

Hiv e Aids, i dati dell’Istituto superiore di sanità sulle nuove diagnosi in Italia del 2018 e del 2019 (non si fa riferimento ai dati del 2020 poiché non attendibili causa epidemia da COVID-19)


C. Diego Gianpiero

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