Erano i primi anni ’90: è nella Parigi più viva, che Thomas Bangalter e guy-Manuel de Homem-Christo, due studenti di liceo, decidono di rivoluzionare le sorti della musica elettronica.
Come? Unendosi, per suonare insieme.
Era il 1993, quando nacquero i Daft Punk.
Letteralmente «un gruppetto di stupidi teppisti», così come veniva descritto agli inizi, un duo che, partendo da zero, è riuscito a solcare le vette del successo, facendo la storia della musica elettronica.
Il secondo Novecento era stato mezzo secolo di grandi stravolgimenti musicali: dalla prima scuola di musica elettronica di Stockhausen a Colonia a quella di Schaeffer a Parigi, fino all’arrivo del protocollo MIDI nei primi anni ’80, il passaggio dal vinile al Cd, senza contare l’arrivo di tutte le grandi strumentazioni, come il sintetizzatore (il primo nel ’68) o il campionatore.
Nella fase iniziale di questo processo di cambiamento, furono le prime band di rock psichedelico e progressive a far fruttare l’idea elettronica già palpabile nell’aria. Si pensi ai Pink Floyd, con i primissimi album di sperimentazione “The Piper At The Gates Of Down” o “Obscured by Clouds”, sino al magistrale capolavoro “The Dark Side Of The Moon”, ma anche a Brian Eno con la sua tipica musica Ambient, fondamentale per i successivi autori, sino a Giorgio Moroder, nei primissimi anni ’80.
Giorgio Moroder fonda le sue personalissime basi musicali, imponendole alla società musicale del tempo. Del resto, la musica elettronica rimaneva comunque un genere molto di nicchia, riservato ai giovani nostalgici dell’era psichedelica o ai più “progressisti” che si riunivano nelle apposite discoteche. La sua idea era allargare e imporre il genere su più zone di influenza possibile, impresa che verrà poi portata avanti da Knuckles tra gli ’80 ed i ’90, con la nascita della musica House prima (a Chicago) e della Techno poi (a Detroit).
L’inizio di una rivoluzione
Il panorama è ampio, ma complesso e spesso mal visto dalla critica, ma ciò nonostante i due giovani parigini sono molto ambiziosi, al punto che non solo vogliono inserirsi nella scena musicale di quegli anni, ma in più, vogliono farlo a modo loro.
Iniziano suonando nelle discoteche parigine come Dj (il Dj nasceva proprio in quegli anni lì, il primo era stato per l’appunto Moroder), sondando il terreno per un nuovo genere: la “French Touch”, che mischiava e raccoglieva in sé una moltitudine di gusti diversi, ma coerentemente assimilati l’uno insieme all’altro, in particolare House, Techno ed Electro.
Gli inizi non sono facili: dopo il fallimento di un primissimo gruppo, iniziano ad elaborare la propria identità di “Daft Punk”, debuttando sul mercato musicale con Homework tra il 93′ e il 95′. A questo periodo appartengono i loro primi avvicinamenti al mondo discografico strettamente commerciale e i primi problemi legati al successo e all’identità, che, per loro stessa volontà, dovrà rimanere oscurata al pubblico.
Homework fu una rivoluzione totale, uno dei primi album dance nella storia musicale, con influenze techno di ogni genere: autoprodotto in camera di Bangalter, questa fu riempita appositamente di ogni strumentazione possibile. Così, hanno iniziato i due giovani, leggendo una volta al mese il libretto delle istruzioni delle singole strumentazioni, in una camera qualunque, senza che nessuno potesse immaginare che sarebbero diventati i pionieri della musica elettronica moderna.
Nel 2001 esce Discovery, capolavoro assoluto, “One More Time“, “Harder, Better, Faster, Stronger”, “Veridis Quo”.
Sono solo 3 dei 14 singoli che costituiscono l’album sin da subito e che rimarranno impressi nell’immaginario collettivo fino ad oggi.
First steps into a legend
I Daft Punk hanno appena toccato la prima grande vetta del successo: i concerti aumentano, la pressione mediatica si fa sempre più forte e le loro maschere diventano una leggenda, ancor prima che un simbolo.
Segue l’uscita di Interstella5555, film animato giapponese contenente sole musiche della band ed altro successo clamoroso; nel 2001 esce Alive 1997, primo album dal vivo, che racchiude tutte le tracce portate al concerto di Birmingham del 1997.
Il 2005 è l’anno di Human After All, 45 minuti, 6 settimane sole di registrazione. Il giudizio della critica non fu dei migliori, poco unanime e spesso negativo, un album “troppo ambizioso” o “troppo sperimentale” rispetto ai gusti del tempo.
Beat ripetuti, tracce a loop, ripetizioni atipiche fanno di questo album uno dei meno apprezzati del duo, ma uno dei più innovativi e rivoluzionari in questo panorama.
Un anno dopo, inizia una tournée che durerà fino al 2007, che, partendo dal Nordamerica, arriva in Europa e finisce in Giappone: frutto di questa esperienza sarà il secondo album in live Alive 2007, a dieci anni di distanza dal precedente.
L’attesa è ripagata: mesi dopo i due vinceranno il Grammy per Miglior Album Dance/Elettronico.
Iniziano nel 2010 le collaborazioni con altri gruppi musicali, prima fra tutte quella con i Phoenix, apparendo insieme sul palco a New York, dinanzi ad una folla in delirio. Nello stesso anno, si avvia la collaborazione con la Disney per la realizzazione delle colonne sonore del film Tron: Legacy Reconfigured, che diviene, in brevissimo tempo, un vero e proprio album inedito.
Nel 2012 iniziano a circolare voci di possibili collaborazioni con artisti internazionali, tra i quali si sente parlare di Pharell Williams, Giorgio Moroder, Nile Rodgers, Julian Casablancas e non tarda molto che escono i primi singoli.
Si parla di brani leggenda: “Get Lucky”, “Lose Yourself to dance”, “Instant crush”.
Nel 2013 esce ufficialmente l’album completo Random Access Memories che rinuncia, in parte, alla tradizione precedente, facendosi strada nel Soul, nel Funk e nella Disco music, completando definitivamente quel ciclo evolutivo che fino a quel tempo li aveva tanto caratterizzati.
Sono ufficialmente entrati nella storia: il logo “double mask” è ormai un simbolo, un punto di riferimento fortissimo, iniziano ad apparire ovunque, dalle magliette ai videogiochi, la loro musica è nelle playlist di tutti, il loro nome affiancato a quello di centinaia di loghi e artisti, la loro idea di musica impressa nelle menti di tutti.
Poco altro è successo dopo il 2013: qualche singolo in collaborazione, nemmeno un album, nessun live, nulla di nulla, quasi come se si siano spenti o forse assentati per una pausa.
The End
Eppure, quello che sembrava solo un incubo che non avrebbe mai dovuto arrivare, si è concretizzato con la parola “Epilogue” lo scorso 22 febbraio.
Nessun avviso, nemmeno una diretta social, nessuna foto, ancor meno pensabile a volto scoperto (come molti avrebbero sperato), ma solo una breve segnalazione di scioglimento da parte della casa di produzione ed un video che ritrae la morte di uno dei due robot, tratto dalla scena di un precedente film a loro dedicato.
La chiusura di un’era: 28 anni di musica, svaniti sotto un velo di stupore clamoroso e sulla scia del boato di ben tre generazioni, che ne rimpiangono ancora i suoni campionati, i riff funk delle chitarre elettriche, e le voci metallizzate.
Questi sono stati e rimarranno i Daft Punk: un duo di eternamente giovani musicisti che ha segnato il punto di congiunzione tra epoche e generazioni e che i fan ricorderanno sempre, sia che si trovino a Parigi, a Tokyo, o a Manhattan.
Sempre.
Noël De La Vega.