I videogiocatori ormai hanno imparato a convivere con il decadimento di grandi software houses e con la delusione di molti titoli emergenti, dai quali ci si aspetta sempre di più e non ci si accontenta quasi mai. Così come la Ubisoft ci ha abituato a grandi capolavori, poi tristemente decaduti a causa della sete di denaro e richiesta di mercato, anche la Bioware (famosa software house canadese) ci aveva abituato a grandi titoli come Baldur’s Gate, Neverwinter Nights e Star Wars: Knights of the Old Republic. Più recentemente, però, due titoli hanno saputo far parlare di sè, in un modo o nell’altro: Mass Effect e Dragon Age. Tenendo fede all’impronta di Giocatore di Ruolo, cercherò di parlare in generale dell’ultimo titolo della serie di Dragon Age, in quanto quello più recente e forse quello più conosciuto: Dragon Age Inquisition.
La Saga di Dragon Age si apre con Origins, titolo decisamente amato e apprezzato da videogiocatori in tutto il mondo – un capolavoro di gameplay, storyline, soundtrack e chi ne ha più ne metta. Come la storia vuole, ogni volta che ci troviamo davanti ad un capolavoro, il seguito si rivela quasi sempre una totale delusione un pò per tutti: una rapida discesa di fiducia nei confronti della Bioware e della possibilità di creare ancora qualcosa che possa stupire i fan delusi. Dragon Age Inquisition quindi, al momento della sua uscita nel 2014, fu una vera e propria sfida – una sfida lanciata ai fan, di continuare a credere nel lavoro del team e nel titolo appena lasciato sul mercato. Una sfida che è stata accettata e valutata in maniera molto positiva, creando un impatto non da poco. Vediamo insieme perchè!
La prima cosa che salta all’occhio è la creazione del personaggio, di quelle che possono portare via anche mezz’ora per essere pienamente soddisfatto dell’aspetto del nostro alter-ego. A differenza di Origins, però, non si ha una differenza di prologhi o fasi dedicate alla scelta attuata al momento della creazione, perchè già dall’inizio il gioco è impostato in maniera diversa rispetto al primo capitolo della saga. Siamo infatti di fronte ad un Open World, decisamente uno dei più vasti e curati dei giochi di ruolo occidentali – assomigliando vagamente ad MMORPG, con tanto di piante e minerali da poter raccogliere nelle varie parti della mappa e completamente rigenerabili nel tempo. Sicuramente non è un gioco per tutti: il mondo di Dragon Age: Inquisition è intriso di documenti e informazioni, rimandi ai capitoli precedenti della serie e continui allacciamenti a personaggi precedentemente visti nei giochi. Questo non significa che il gioco non sia godibile per chi prova i titoli di Dragon Age per la prima volta, anzi, il contrario – spinge, se si ha la giusta pazienza, a cercare di approfondire di più e legarsi maggiormente al mondo appena scoperto.
Come ogni gioco di ruolo che si rispetti, è naturale che, anche qui, le scelte compiute nel gioco abbiano, prima o poi, delle ripercussioni sulle trame e sulle quest future. Un mondo vasto che offre davvero una quantità enorme di dialoghi, tanto che spesso possono volerci anche venti minuti per farsi raccontare una storia dal proprio compagno di viaggio, dimostrando un potenziale narrativo davvero non da poco! La mappa stessa non è semplicemente un vastissimo terreno a propria disposizione, magari dislocato tanto per fare scena e ambientazione, ma si nota la cura con cui sono state disposte missioni e viaggi del personaggio. Questo rende l’ambiente un mare di occasioni e possibilità, di avventura e partecipazione, non un mero modo di riempire lo schermo e appesantire il computer con vari giga di peso. La prima zona del gioco, da sola, riempie una quindicina di ore di gioco tra missioni, oggetti e tutto il resto – dopo che abbandonerete questa, vi renderete conto che l’avventura ancora deve iniziare. Già, solo l’inizio – e questo fa comprendere come la Bioware abbia voluto fare le cose davvero in grande, ascoltando in parte anche il feedback dei suoi fan, cosa che non molte software houses fanno al giorno d’oggi. Moltissimi Boss nemici hanno attacchi e modi di combattere davvero unici e pericolosi e, per chi gioca a difficoltà alte, possono mettere a serio rischio tutti i compagni d’avventura! Per simili avversari bisogna davvero non sottovalutare la situazione e giocare d’ingegno!
Anche il sistema del combattimento è stato per certi versi migliorato e il bilanciamento delle classi ha cambiato preferenza: se prima i Maghi potevano avere un determinato vantaggio, ora la bilancia pende a favore dei Guerrieri, che riescono a gestire meglio la perdita di vita e l’assenza di magie vere e proprie che ti facciano guadagnare vita. Le difficoltà elevate, poi, introducono una serie di elementi che contrasta ancora di più il desiderio di potersi curare, limitandosi alle mere e sporadiche pozioni di cura. Inventario che, a differenza di Origins, è più amplio e pieno di oggetti di ogni genere – un pò come ogni MMORPG: vi sono incantamenti, potenziamenti, materie prime. Molti di questi sono utili per l’ampliamento del proprio dominio, la nostra figura di Inquisitore è simile a quella di un Lord, e dobbiamo dunque stringere alleanze, giudicare crimini, e via dicendo. Un gioco decisamente capace di stupire, ma non senza difetti.
Ahimè, il comparto grafico pecca parecchio a causa del motore, non facile da gestire nemmeno per la Bioware, cosa che causa spesso e volentieri alcuni glitch o qualche cavallo volante. Cose viste anche in titoli come Assassin’s Creed (di cui gli ultimi capitoli sono pieni), quindi non è certamente qualcosa di impossibile da ignorare.
Con le sue innumerevoli ore di gioco, Dragon Age Inquisition difficilmente può essere finito in meno di cinquanta ore di dedizione, anche cercando di completare solo le main quest nel più breve tempo possibile. Dedicandosi invece con cura e attenzione, si sfiorano tranquillamente almeno le cento ore di gioco – il che, per chi ama questo genere di avventure, è decisamente qualcosa di emozionante e soddisfacente!
Un’avventura tutta da provare!
Adria Julia Necula