L’Italia delle Mille Contraddizioni

Area montuosa nel nord della nostra penisola

Ancora una volta la nostra “Bella Italia e la sua politica delle Mille Contraddizioni” torna a stupirci (qui linkato, il precedente articolo di questa rubrica).

La settimana passata erano oltre una decina i quesiti che ci venivano spontanei sul modo di organizzare questo nostro bel paese.
Sul “Made in Italy” già avevamo parlato tanto e cercato di trovare delle soluzioni, oggi invece la nostra attenzione si focalizzerà su un altro importante tema, una questione morale, profonda e sentita, che proprio per le sue caratteristiche, rappresenta per noi e per il nostro paese, uno tra i più importanti punti politici.


Ma prima di farlo concretamente, questo articolo sarà centralizzato sul panorama, sulle cause e sulla cornice storico-economica nella quale la nostra tematica si inserisce.


CAPITOLO II

Prendiamo d’esempio un qualsivoglia paese del mondo, uno per ogni continente, l’Inghilterra per l’Europa, il Brasile per il Sud America gli USA per il Nord America, l’Etiopia per l’Africa, la Cina per l’Oriente e l’Australia per l’Oceania.
Tutte queste nazioni culturalmente spesso opposte, sono però accomunate da un unico grande punto di congiunzione: la presenza di grandissime comunità italiane al proprio interno.


Chiunque, viaggiando, avrà spesso sentito la parola “quartiere italiano” o “Pétit Italie” o “Barrio Italiano”, ecco, questi sono solo alcuni dei modi per indicare nel mondo la presenza di tutte quelle comunità storiche di italiani.
Sorgerebbe quindi spontanea la domanda, ma quando, come e da dove, soprattutto sono venuti questi italiani nel mondo?

La nostra storia di emigrazioni

Già dal 1850 l’Italia, sempre più prossima a diventare una patria unita (1861 Unità d’Italia) visse un forte evento demografico di emigrazione, che coinvolse soprattutto le aree della penisola più rurali del meridione, colpite duramente dai primi moti di rivolta di liberazione, e da dopo il ‘61 da tutti quei fatti storici che ne hanno cambiato letteralmente l’assetto socio-economico (con la Seconda Rivoluzione Industriale del 1864 il mondo si stava plasmando su nuovi principi di guadagno, usando tecniche di produzione molto più efficienti e progressiste, che però minavano la vita di molte classi sociali: quella operaia nei paesi progrediti e quella contadina e più manovale nei paesi meno industrializzati, come il nostro).

I problemi del mezzogiorno


Il Sud quindi – e ce lo narra con cruda chiarezza il grande Giovanni Verga nei suoi celebri romanzi – a causa di tutto ciò era ancora fortemente frammentato, con un sistema agricolo pessimo basato sull’antico latifondo, con un sistema monetario dispersivo (data la presenza di molte valute e non una sola valida per tutti), un sistema giuridico quasi inefficiente e soprattutto un malcontento collettivo verso lo stato, che col tempo, si concretizzò nel brigantaggio e poi nel fenomeno della criminalità organizzata, la mafia, famiglie vicine che si organizzavano con un unico grande ideale, sfuggire alla giustizia applicando ogni mezzo possibile: scappando alla leva obbligatoria, creando piccole cellule terroristiche di attacco alle schiere militari del governo, commerciando articoli illeciti e tanto altro ancora.

Un popolo di migranti


Fatto sta, che in questi anni difficili, nel secolo compreso tra il 1880 e il 1980, quasi quaranta milioni di nostri compaesani, sono fuggiti nel mondo in cerca di una vita migliore.

Una parte ha fatto ritorno, un’altra vi è rimasta, installandosi attivamente nel tessuto sociale dei luoghi dove andò ed amalgamandosi con le persone del luogo. Ad oggi 100 milioni, sono le persone che nel mondo hanno discendenza diretta con l’Italia.

La bella Italia
Ma anche di malavitosi


Ma questa grande migrazione, che spesso non andava a buon fine, anche solo nel momento del viaggio (le navi naufragavano o venivano rimpatriate), non ha portato nei vari continenti nuova manodopera (erano gli italiani ad essere gli ultimi della scala sociale e a portare avanti tutti quegli impieghi più disprezzati, a paghe bassissime con condizioni di vita sulla soglia dell’inaccettabile), ma anche, tutto ciò che veniva direttamente dalle nostre radici, primo fra tutti, il fenomeno della criminalità organizzata, già radicata nel meridione da tempo.

La bella Italia


Quindi, se da un lato, abbiamo aiutato ed emancipato delle società che necessitavano fortemente di grande manodopera a basso costo, da un altro, siamo stati capaci di diffondere uno dei fenomeni più deleteri che la società -anche odierna- vive, creando una delle reti mafiose tutt’ora più forti e determinanti.


Molti sono i nomi che compaiono nel nostro immaginario collettivo, da Al Capone a “Lucky” Luciano, che proprio partendo dalla profonda Sicilia nelle mani di Cosa Nostra, hanno conquistato le reti dei bassifondi del nostro mondo e del nostro vivere, anche politico.


Difficoltà nell’integrazione

Nei luoghi dove giungevamo non era facile l’integrazione e sono stati frequenti nei secoli i momenti di difficoltà con le persone che già vivevano nel posto, che immancabilmente, per razzismo o per pregiudizio intollerante, diventavano oppressori e violenti, linciando, deturpando o perseguitando i neo-arrivati.


Il vero problema di ciò che avveniva nella stretta quotidianità per le strade, non risiedeva tanto nel come le persone agivano, quanto, dalla politica chiusa e conservatrice che alimentava ed incentivava queste masse di cittadini pieni di odio ed insofferenza.


Così, venivamo descritti al nostro arrivo nel 1919 dall’Ispettorato di Immigrazione del Congresso degli Stati Uniti d’America al “grande pubblico” americano:

Relazione dell’Ispettorato per l’immigrazione del Congresso degli Stati Uniti d’America, ottobre 1919


Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.

La bella Italia


Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini, quasi sempre anziani, invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano, non solo perché poco attraenti e selvatici, ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.

La bella Italia


I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali.


Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi nel comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si
adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione.


Il Fascismo italiano nel mondo


E se pensate che questo basti a immaginare ciò che abbiamo esportato, oltre al marchio “Made in Italy”, sappiate che abbiamo fatto molto peggio e che il fallito tentativo di colonizzazione dell’Africa con il “Sogno Abissinio” e il tanto ambito “Posto al Sole” fu un brutto scherzo del nostro putrido fascismo imperante dal 1928 in poi, che portò in quelle terre (Etiopia ed Eritrea con il Ducato di Addis Abeba) il massacro disumano delle popolazioni locali, perpetrato con torture, scempi e violenze di vario genere, condusse al massacro degli animali etnici del posto, vedasi le molte narrazioni dei giovani soldati italiani che a cavallo di un mulo (pensate in che condizioni ridicole ci mandavano in guerra) giocavano al “giuoco del pallone” (calcio) con le tartarughe, o gli tiravano la testa dal carapace.

L’instabilità dei paesi arabi

Se questo ci appare come un quadro molto complesso, pensiamo cosa avveniva poco oltre le nostre coste, nel Nord Africa.

Chi non si ricorda nomi come quello di Gheddafi, Saddam ed altri?

Instabilità o dittatura?


Ecco, loro sono stati solo alcuni tra i più feroci tiranni del Nord Africa e del primo Medio Oriente (Siria, Iran, Iraq), che, dopo cruciali colpi di stato militari, avevano esautorato ogni potere “democratico”, ponendosi al pieno controllo di quei luoghi, ricchi, non solo di una cultura millenaria, ma anche e soprattutto, di gas naturale, petrolio e minerali pregiati che, economicamente, facevano gola alle grandi aziende multinazionali europee e americane (Total, Eni, Shell, Exxon, Gazprom).

La bella Italia

Queste in brevissimo tempo, in linea con i rispettivi governi (Francia, Italia, USA, Russia, Inghilterra), corsero in quelle terre per accaparrarsi quanto prima di quei beni così pregiati, con i massimi vantaggi dalle autocrazie locali (in Italia è ricordato il celebre “Baciamano al Signor Gheddafi”, un atto di vera, falsa, prostrazione al dittatore libico, da parte dei nostri politici di destra coalizzati con l’ala berlusconiana).
Non a caso, in quegli anni di mandato dell’ala destra del paese, da i costi delle accise sulla benzina e sulla luce erano bassissimi.


In neanche un decennio, tutte quelle dittature furono dall’oggi al domani, scardinate con una violenza inimmaginabile, dai nostri poteri “democratici” occidentali che, sotto l’urlo di battaglia di “democrazia e diritti per tutti”, accettato anche dagli abitanti del posto, portarono avanti gli affari delle aziende che li pressavano, perché in guerra con le altre, appunto.

L’ipocrisia occidentale

Il punto della situazione non sta nella pericolosità che quei dispotismi costituivano nelle rispettive aree di influenza (criticabile e condannabile certo), quanto in una falsa “crociata”, che si camuffava sotto il velo di una nuova colonizzazione portata avanti da avidi impresari, dipinti dal mondo come gli eroi che liberavano le terre da monarchie e soppressioni sociali decennali.


In verità, tutto questo disegno di “Illusoria liberazione Partigiana in onore al buon vivere occidentale”, non ha fatto null’altro che rompere equilibri e seminare guerre e conflitti interminabili ad oggi persistenti, si pensi all’eternamente bombardata Siria, della quale abbiamo solo il vago ricordo di terra fiorente ai tempi dei libri di storia delle medie, o della Libia come una trincea a cielo aperto, anziché una terra umana e vivibile realmente.

I problemi interni ed il terrorismo arabo

A ciò si aggiungono le guerre di religione musulmane alle quali abbiamo contribuito con il governo repubblicano e conservatore di Reagan degli ultimi anni 80.
Fu facile, per lui, che era in guerra con gli ultimi frammenti dell’Unione Sovietica, armare fino ai denti con armi americane di ultimissima generazione, le popolazioni Mujahidden dell’Afghanistan, mandandole contro le truppe rosse.


Solo, che quando nel ‘91 l’URSS cessò di esistere e gli americani si ritirarono, lasciarono il Medio Oriente armato, devastato da bombe ed intere aree geografiche minate (mine inesplose).
È così che nascono tutte quelle cellule terroristiche che tanto temiamo (da Al’Qaeda a Boko Haram), che quando si videro i paesi delle ex dittature senza più potere, vi entrarono senza scrupolo, massacrando ed imponendo le proprie idee e volontà, su rielaborazioni personali ed estremiste delle Sacre Scritture musulmane.

Made in USA


Il terrorismo imperante che da anni dilaga nel mondo (dalle Torri Gemelle del 2001 al Bataclan del 2014) non è nient’altro che il prodotto di tutto questo che l’America, come il resto del mondo occidentale, ha fortemente incentivato.

Chi non si ricorderà le foto delle cene private tra Osama Bin Laden (figlio della grande aristocrazia petrolifera afghana e futuro fondatore di Al’Qaeda) e lo stesso Reagan (al tempo proprio presidente) che discutevano proprio sulle imprese e sulla distribuzione di mercato delle materie prime afghane verso gli USA?
Sappiamo tutti come andò a finire quella vicenda e di quanti problemi dall’11 settembre 2001 abbia causato Bin Laden al mondo e agli stessi americani.

La diffusione dell’imperialismo ed i disordini nel Nord Africa

Questa è una forma di “neocolonialismo” silenzioso che mira a centralizzare tutto sul “grande” ideale capitalistico (che dal secondo dopoguerra sappiamo essersi imposto sul mondo), approfittando di malcontenti sociali, disagi e governi cedevoli e fasulli, senza alcuna mira di risoluzione, ovviamente.

La bella Italia
La bella Italia


L’Africa, e potremmo farne l’elenco, è dal centro in poi, verso il nord, devastata da: dittature (penso al Gambia che massacra gli omosessuali a cielo aperto, penso all’Eritrea con uno dei tassi di inflazione, causati dal governo autocratico locale, più alti, che portano anche solo un cartone di latte a costare oltre 15 euro), guerre armate (penso alla sanguinosissima guerra tra Etiopia ed Eritrea che vede la morte di bambini e persone adulte ogni giorno),da democrazie e repubbliche vacillanti sull’orlo di colpi di stato militari (penso al Mali o al Ciad con il tasso di povertà più alto al mondo, il PIL è quasi nullo).

A quelli che non sanno (non vogliono, come solito) confrontarsi con le grandi mafie che imperversano (penso a quella nigeriana che massacra le donne e le ricatta con la prostituzione mandandole in Italia sotto la falce dell’ ‘Ndrangheta).

Povertà, cambiamenti climatici e guerre

Ci sono poi quelli con i costanti disagi climatici come la Guinea o i paesi del centro (il cambiamento climatico allaga per mesi intere zone e villaggi o li secca tanto da non far trovare acqua per lunghissimi periodi), o coloro con i problemi legati alla giustizia, dal Senegal alla Costa d’Avorio al Niger (quante storie si sentono dai rifugiati che arrivano, che scappano dopo sanguinose guerre familiari legate alle proprietà e alle eredità o ad antichi culti religiosi rurali che li condanna in nome di chissà quale provvidenza).

Le disastrose influenze esterne

Oppure quelli con problemi economici, penso alla Cina che produce e vende enormi quantità di pomodori scadentissimi al mondo intero con prezzi irrisori, mentre in Congo il mercato di questi crolla e la gente muore di fame, o ancora i paesi con problemi legati all’urbanizzazione (in Etiopia ancora, abbiamo la più grande discarica a cielo aperto, dove i bambini scalzi, anziché andare a scuola, cercano qualche materiale da rivendere per pagarsi del cibo).

Ancora chi alle prese con lo smaltimento dei rifiuti provenienti dal primo mondo (dove pensate finiscano tutte le nostre macchine, i nostri rifiuti, tutto ciò che “iper-produciamo” e gettiamo quasi a spregio?), il Kenya ha intere foreste piene invase dalla plastica fusa dal calore del sole cocente.

Questo, è il mondo e la società dalla quale scappano quelle centinaia di migliaia di ragazzi migranti che giungono alle nostre frontiere ed ai nostri porti e che noi, con false misure, fingiamo di accogliere.


Noël De La Vega.


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