EXPO Milano 2015 – L’ennesima riflessione

Ce l’hanno fatta un’ altra volta.

L’ allarme dei giorni precedenti, le rassicurazioni della polizia e dei politici, la manifestazione partecipata e pacifica, il blocco nero e le fiamme. Poi c’è stato il dopo: l’ indignazione, la criminalizzazione del movimento, l’ intervista al ragazzino esaltato che fa il giro del web e viene preso come esempio del manifestante tipo e la rabbia degli internauti che inneggiano a nuove Bolzaneto e nuove Diaz; le motivazioni e le ragioni della manifestazione dimenticate ed ignorate. Un movimento che si oppone ai lustri e allo show dell’Expo ma si concentra sui danni che questo sistema ha creato e continua a creare sia nell’area del capoluogo lombardo (attraverso speculazioni e cementificazioni) sia nel mondo, attraverso politiche agro-industriali discutibili che prevedono l’uso di OGM e monoculture causa principale di quel mondo che negli slogan si vorrebbe “nutrire”. Ai No-Expo si sono uniti altri movimenti di difesa del territorio (tra i più famosi i No-Tav) che da sempre si battono proprio per evitare che opere pubbliche spesso inutili vadano a devastare intere province. Inoltre, la data del primo maggio era importante per ricordare la situazione lavorativa italiana, bloccata tra il precariato e la corruzione, temi che sono da sempre un problema e che sono venuti paradossalmente a galla con maggiore intensità durante gli ultimi mesi visto che hanno coinvolto pesantemente l’organizzazione dell’Expo. Una breve sintesi solo per ricordare che di motivi per protestare ce n’erano, e ce ne sono, eccome. 

Ancora una volta il copione si ripete con precisione chirurgica comprese le riflessioni del giorno dopo che serviranno a poco, come a poco servirà questo articolo ma a volte scrivere i propri pensieri è una necessità che prevarica gli slogan e gli hastag. Andare a Milano era un’ottima opportunità per protestare contro l’ emblema di un’Italia fatta di corruzione e precariato, per esprimere dissenso in una manifestazione “rovinata “dalla violenza  che verrà ricordata come l’ ennesima opportunità sprecata. E adesso? Forse è necessario chiedersi se vale ancora la pena manifestare e lottare. Se la risposta è sì allora qualcosa deve cambiare. Ormai le manifestazioni di questo tipo sembrano non servire più, se va bene si fa una bella camminata, si urla ma senza che le ragioni arrivino dove devono arrivare, se va male si viene additati come delinquenti dalle stesse persone per le quali si vuole protestare e le motivazioni legittime vengono oscurate da foto di auto incendiate e filippiche su come bisognerebbe protestare civilmente. Forse è arrivato il momento, allora, di smettere di fare cortei facilmente strumentalizzabili e osare altro tipo di azioni, come occupare per giorni i luoghi del potere o scioperare tanto da paralizzare “pacificamente” il paese. Azioni che potrebbero solleticare l’interesse di molte persone, ma è qui che arriva la domanda sulla quale concentrarsi: nel momento in cui la situazione sarà tragica e la protesta legittima, contrastata e repressa con violenza dallo stato, cosa faremo? Reagiremo e continueremo con forza o torneremo ancora a casa lamentandoci attraverso facebook e consolandoci con decine di “mi piace”? Dalla risposta dipende il destino della nostra lotta, quella personale. A quel punto dovremo decidere se ribellarci a ciò che ci stanno facendo o se tutto sommato ci sta bene così.

Fonte: NoExpo

 

Daniele Forcella

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