E’ piuttosto facile cadere nella trappola sessista quando si parla di arte e, nel caso particolare, di musica; all’universo femminile si attribuiscono generalmente una spiccata capacità emotiva, un’attenzione protettiva verso la sfera dell’intimità e una considerazione per cui, pur di scongiurare il pericolo della vetusta subordinazione all’universo maschile, tutte le donne sono da considerare come ambiente solidale da distinguere nettamente dal burbero e controverso universo maschile.
Ebbene, la tendenza generale odierna è proprio quest’ultima: dedicare alle donne spazi appositamente creati per restituire a loro quanto negato finora (dai canali televisivi a serate o eventi esclusivamente rivolti al gentil sesso). E’ altrettanto facile, ricollegandosi a quanto detto in apertura, constatare come queste forme di tutela possano suscitare l’effetto opposto e creare posizioni fortemente arroccate sulla netta distinzione tra sessi e addirittura tra storie umane.
Ripartire invece dalla storia umana, senza necessaria bipartizione uomo/donna, è il tentativo che il trio HEAR IN NOW, composto da Mazz Swift al violino e voce, Silvia Bolognesi al contrabbasso e Tomeka Reid al violoncello, cerca di proporre al pubblico nei loro concerti.
L’ultimo di questi, in ordine cronologico, è stato quello tenutosi presso il jazz club senese Un Tubo; come ogni venerdì, il locale ospita artisti e formazioni di rilievo nel panorama jazz italiano e internazionale e, venerdì 27 febbraio, è stato il turno del gruppo e progetto musicale Hear In Now.
L’affluenza è stata molto numerosa e anche durante le battute finali del concerto, il locale era gremito; segno positivo della riuscita di un concerto di spessore e di indubbia qualità.
L’esibizione è stata caratterizzata da un perfetto gioco di bilanciamenti tra le personalità degli strumenti e nell’ultimo brano in scaletta Mazz Swift ha regalato al pubblico una performance vocale da premio. Il trio, come racconta Silvia Bolognesi durante l’intervista dopo il concerto, è stato creato ab alto dal suo manager per sopperire alla mancanza di altri due artisti durante un’esibizione per un festival dedicato alle donne nel 2009.
Sin dai primi momenti, continua la Bolognesi, tra di loro si è creato un regime di sinergia e già dopo un mese dal fortuito evento, il progetto di un trio in pianta stabile aveva preso forma.
Accomunate da una forte sensibilità per la suggestione musicale che si deve allineare alla tecnica a monte, il trio si distingue nettamente dalle altre formazioni in quanto preserva le singole personalità musicali e lascia ampia iniziativa a ciascun membro che lo compone; non è un caso dunque che l’album Hear In Now presenti brani composti singolarmente dalle musiciste.
Durante l’intervista si è discusso molto sul ruolo e in primis sulla figura della donna nell’universo jazz: con estrema semplicità e rigore logico, la Bolognesi ricorda come il jazz sia stato un genere in principio suonato dagli afroamericani nei locali notturni, luoghi inaccessibili che non si addicevano alle donne, secondo la retriva mentalità maschilista dell’epoca. Il problema della donna all’interno della musica jazz, dunque, è stato, in un primo momento, di tipo sociale; solo col passare del tempo e con la liberalizzazione dei costumi è stato concesso alla donna di entrare nell’indelicato ambiente jazz.
Sulla attuale situazione del jazz italiano, l’artista senese, ha un parere molto positivo: il livello generale è molto soddisfacente e, attraverso la sua esperienza da insegnante presso il Siena Jazz, la gran parte dei ragazzi mostra una ottima capacità pratica verso la strumentazione jazzistica.
C’è però un problema di fondo però che impedisce a questa “nuova generazione” di trovare gli spazi adeguati per iniziare una carriera da musicisti: l’assenza di locali che permettano agli artisti, anche quelli più giovani, di esibirsi e la tendenza a concedere spazi (e anche premi) a figure ormai già conosciute e riconosciute all’interno del mondo jazz.
A conclusione dell’intervista, Silvia Bolognesi consiglia l’ascolto dell’album del duo Django&Bonnie, “The Romantic Guitar Sound”, mentre Mazz Swift, dopo una lunga riflessione, suggerisce l’ascolto di “Birds Of Fire” della Mahavishnu Orchestra. Due album, a detta delle artiste, capaci di regalare suoni nuovi all’orecchio dell’ascoltatore.
Il locale Un Tubo continua la sua programmazione delle Jazz Nights e ospiterà il live show di Tim Berne intitolato SnakeOil giovedì 5 marzo.
Leonardo G. Stenta