Nel pomeriggio di venerdì 22 maggio, il Dipartimento di Giurisprudenza e Scienze Politiche dell’Università di Siena ha ospitato Mario Calabresi, direttore de “La Stampa”, nonché scrittore e giornalista di fama, per la presentazione del suo nuovo libro, intitolato “Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa”. Per l’occasione erano presenti, oltre al Magnifico Rettore dell’Università di Siena, anche il Dott. Paolo Rossi, presidente di Jenga Insieme – Medici con l’Africa Cuamm Siena, e Maddalena Rimediotti, specializzanda JPO Medici con l’Africa Cuamm, che ci ha parlato della sue esperienza in Africa.
L’evento è stato promosso dall’Università di Siena perché perfettamente in linea con la didattica del curriculum in Sviluppo e Cooperazione Internazionale, ma anche perché rientra nell’ambito di un tema a cui la nostra Università dà molta importanza, cioè quello della Sostenibilità, e dunque di come far fronte alla povertà e garantire il diritto alla salute in particolari zone del pianeta, come spiegano Il Prof. Andrea Francioni, presidente del Comitato per la Didattica del corso di laurea magistrale in Scienze Internazionali, e il Magnifico Rettore.
La parola passa al Dott. Paolo Rossi, che presenta Medici con l’Africa Cuamm, la prima organizzazione italiana che dal 1950 si occupa della promozione e della tutela della salute delle popolazioni africane, battendosi per una sanità equa in paesi molto poveri, quali Angola, Etiopia, Uganda, Mozambico, Sud Sudan, Tanzania e Sierra Leone. Fino a qualche anno fa l’Africa era, nella mentalità comune, un continente lontano, scarsamente conosciuto e sviluppato. Dunque sono proprio libri come quello di Mario Calabresi, sottolinea il Dott. Rossi, a permettere di conoscere coloro che hanno tentato, e tenteranno ancora, di cambiare questa mentalità. Il libro, infatti, si colloca tematicamente all’interno di un progetto del Cuamm, dal nome “Prima le mamme e i bambini”, diventandone quasi il “manifesto”. Da sempre una particolare attenzione è rivolta alla maternità, perché ancora troppe donne muoiono per dare la vita e troppi neonati sono a rischio nel primo delicato mese di vita.
In realtà, ammette Mario Calabresi, questo libro non nasce come libro sull’Africa. Questo libro nasce una mattina di quasi tre anni fa, alla fine di un incontro con gli studenti dei licei della sponda piemontese del lago Maggiore. In un clima di denso pessimismo, un ragazzo timido che non ha avuto il coraggio di intervenire in pubblico, uscendo pone l’autore di fronte a una convinzione comune e ormai radicata tra i giovani: “È inutile che lei dice che ci dobbiamo provare, qui non c’è più niente da fare. Non ci resta che scappare dall’Italia, perché tanto a un ragazzo di oggi non è più permesso fare la differenza, né nella propria vita, né in quella degli altri”. Questo senso di rassegnazione gli lascia una certa ansia dentro, che lo porta a cercare delle risposte, delle soluzioni, e così decide di raccogliere in un libro le storie di coloro che invece sono riusciti a trovare il loro spazio in una società tanto difficile.
La prima storia di due ragazzi che hanno avuto il coraggio di diventare grandi, Mario Calabresi la conosce sin da quando era bambino. È la storia dei suoi zii, Gianluigi Rho e Mirella Capra, lui ginecologo e lei pediatra, che nel 1970, appena laureati, decidono di partire col Cuamm e andare a lavorare a Matany (Karamoja), in Uganda. Per il loro matrimonio stilano una lista di nozze molto particolare in cui chiedono tutte le attrezzature necessarie per aprire un piccolo ospedale, dotato del reparto maternità che tanto hanno sognato, in un luogo molto arido, fatto solo di terra rossa e senza neanche un albero.
Mario Calabresi è andato in Africa per capire cosa è rimasto di quell’ospedale nato da una lista di nozze. Ad oggi, 45 anni dopo, il Saint Kizito Hospital ospita 284 posti letto, 7 medici, 65 infermieri, 8 ostetriche e 4 fisioterapisti. Queste sono le conseguenze del coraggio di due ragazzi che hanno scelto di fare la differenza, nella loro vita e in quella degli altri. Ma l’autore, oltre alla storia dei suoi zii, che ha legato indissolubilmente il suo libro all’Africa, racconta anche la storia di Elia, un ragazzo che ha creduto nella pesca, nonostante a Genova fosse rimasto un solo peschereccio, e che adesso ogni notte prende il largo con la sua lampara perché è ingegnosamente riuscito a innovare quell’attività. Lo stesso ha fatto Aldo, che ha ripreso l’attività del nonno, quella di mugnaio, nel mulino che da anni era stato abbandonato dalla sua famiglia, riponendo fiducia nell’artigianato di qualità.
L’incontro volge al termine e lo scrittore, prendendo spunto da un intervento, ci racconta la storia del titolo, volutamente ardito, che ha scelto per il libro. Mirella, il 15 luglio 1970, dopo aver visitato l’ospedale in costruzione, scrive una lettera ai genitori in cui spiega i numerosi problemi che devono affrontare, eppure conclude dicendo: “Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa”. È assolutamente azzardato dire una cosa del genere pensando al proprio futuro, specialmente se ci si trova in un posto come quello. In realtà Mirella, con quella parola, “meravigliosa”, non intendeva dire che avrebbero avuto una vita “tutta rose e fiori”. Al contrario. Avrebbero dovuto affrontare molte sfide, ma queste l’avrebbero resa viva, e quindi meravigliosa. Perché una volta che si è consapevoli dei rischi e dei problemi che un obiettivo comporta, li si può affrontare con coraggio ed entusiasmo.
In verità, questo titolo è tanto ardito, quanto efficace. Racchiude alla perfezione il messaggio dell’autore, secondo il quale la soluzione non consiste nell’abbandonare le proprie passioni, perché “[…] coltivare i sogni è ancora il miglior motore di un’esistenza”. In che modo, allora, si possono inseguire i sogni? Immaginando differente e rimanendo figli del proprio tempo. Bisogna farsi spazio in questo mondo nuovo, essere intraprendenti e innovare, cercando tutte le opportunità esistenti. C’è bisogno di un cambiamento dunque, sia individuale che collettivo. Non bisogna più pensare secondo gli schemi tradizionali, perché questi si sono rimpiccioliti e continueranno a farlo, impedendo l’accesso ai nuovi arrivati. È necessario guardare la realtà “con gli occhiali del nostro tempo”.
Questo affascinante “appuntamento con la cultura” si conclude tra gli applausi di tutti i presenti. Il Prof. Francioni ricorda che il ricavato della vendita in loco del libro servirà per finanziare 30 borse di studio per ostetriche nella Karamoja (Uganda).
“Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni” (Eleanor Roosevelt)
Pia Elena Caprioli