“Il Fiabisfero”, tappa 4: Israele

Il nostro viaggio nel mondo delle fiabe popolari prosegue, cari amici e lettori del Fiabisfero: dopo aver attraversato il canale della Manica puntiamo adesso decisi verso est ed entriamo nella suggestiva terra di Israele, culla di una delle più affascinanti culture dell’intero mondo occidentale.

Il protagonista della fiaba ebraica che abbiamo scelto per voi è il personaggio biblico di re Salomone, che qui si allontana dal modello canonico di uomo saggio (con cui è universalmente noto) per indossare i panni dell'”avventuriero”, compiendo lunghi viaggi in groppa a una gigantesca aquila. Curioso è il racconto finale della rana che ricalca il celebre mito ellenico delle età dell’uomo.

Buona lettura! Tenetevi pronti, perché al prossimo appuntamento la carovana raggiungerà una delle regioni più belle della Terra…

Nota: il testo che segue è contenuto in una pregevole raccolta (v. Bibliografia) curata da Elena Loewenthal, scrittrice e traduttrice di testi ebraici.

* * *

Il re Salomone e la vecchia rana

Particolare di re Salomone nella riproduzione di un affresco di Piero della Francesca, opera dell’artista Giorgio Mazzurega

Un giorno il re Salomone invitò tutti gli animali a un banchetto. Tutti, ma proprio tutti, nessuno escluso, nemmeno il baco più insignificante né l’uccello libratosi più in alto nei cieli.
Quando giunse il momento di accomodarsi a tavola, il re si guardò intorno e notò che mancavano le aquile. Passò qualche istante e un tuono d’ali fece rimbombare la sala. Sette maestose aquile planarono dall’alto e si posarono sui posti loro assegnati.
– Come mai siete in ritardo? – domandò, un poco indispettito, il sovrano.
– Vostra maestà, – risposero quelle, – a casa abbiamo il nostro vecchio padre che deve essere imboccato, accudito e poi messo a dormire. Tutto questo tocca a noi farlo, e solo quando dorme siamo libere di muoverci. A questo si deve il nostro ritardo.
– Mi stupisce assai che non l’abbiate portato qui con voi a questo banchetto, – disse il re, – tornate a casa a prenderlo.
E così le aquile si rimisero in volo, tornarono al loro nido in cima a un dirupo, misero il loro padre in una cesta e lo portarono con loro al banchetto del re. La vecchia aquila non aveva più una sola piuma addosso, e non si reggeva sulle zampe. Il re Salomone si alzò in piedi per riverire l’anziano uccello, e gli chiese quanti anni avesse.
– Trecento, – rispose l’aquila.
– E allora raccontateci qual è la cosa più strana che abbiate mai visto nella vostra lunga vita, – chiese il sovrano.
– Non è che ricordi d’aver mai visto niente di particolarmente bizzarro, – disse l’aquila, – e poi chi l’ha detto che ho vissuto a lungo, in fondo… Comunque, vi voglio raccontare una cosa. Ho sentito parlare di una donna vecchia quattrocento anni, che portava alla caviglia un monile della misura di una casa. Sono sicuro che lei, sì, avrebbe qualcosa di curioso da raccontarvi, ma purtroppo non è più a questo mondo.
– Dove è sepolta? – domandò il re.
– Lontano, molto lontano, – rispose l’aquila. – E comunque non riesco più a volare.
Salomone pregò per l’aquila, chiedendo all’Eterno di ridarle il vigore di quando era più giovane. Così avvenne, il re le montò in groppa e volando giunse a una collina in mezzo a una radura, nella foresta. Qui il re pregò ancora, e poco dopo la collina si squarciò, portando allo scoperto l’immenso corpo di quella donna. Salomone pregò ancora e la donna tornò alla vita, spalancando gli occhi.
– Ditemi, – la incalzò Salomone, – qual è la cosa più strana che abbiate mai visto nella vostra lunga vita?
– Non mi viene in mente nulla di particolarmente bizzarro, – rispose la donna, – però so di un teschio così grande che un intero esercito poteva accamparcisi sopra. Perché non chiedi a lui?
Il re allora seppellì di nuovo quel corpo, rimontò in groppa all’aquila e volò di filato da quel teschio. Pregò, e il teschio resuscitò.
– Dimmi, – domandò Salomone, – qual è la cosa più strana che l’uomo cui tu, teschio, appartenevi ha mai visto in vita sua?
– Benché sia vissuto mille anni, – rispose il teschio, – quell’uomo non ha mai visto nulla di particolarmente bizzarro? Posso dire una cosa? So di una rana che vive sin da quando è stato creato il mondo. Forse lei sì ha visto qualche cosa di strano.
– Il re ringraziò il teschio, lo rimise al suo posto e rimontò sulle ali dell’aquila, diretto al pozzo dove viveva la vecchia rana.
– Ti prego, – disse alla rana, – dimmi qual è la cosa più strana che tu abbia mai visto durante la tua lunga vita.
– Nei tempi più remoti, – rispose la rana, – questo pozzo aveva un secchio d’oro e d’oro era anche la fune che lo teneva. Poi vennero degli uomini, attinsero dell’acqua per placare la loro sete, e lasciarono la fune e il secchio per chi fosse giunto dopo. Passarono da allora molti secoli. Il secchio e la fune d’oro scomparvero, lasciando il posto a una fune e a un secchio d’argento. Passarono da allora molti secoli, e anche la fune e il secchio d’argento sparirono; i nuovi erano di rame. Ere ed ere dopo allora, anche questi si persero e ora sono rimasti soltanto una fune e un secchio di pelle. Questa è la sola cosa strana che io abbia visto in vita mia.

Ivan Bececco


Bibliografia
E. Loewenthal (a cura di), Fiabe ebraiche, Torino 2003.

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