Un’esperienza indimenticabile a Dobele, Lettonia, che arricchisce e che ti colora la vita
Nel bel mezzo della natura, ad un’ora di distanza da Riga, una casa affacciata su un suggestivo lago ghiacciato ha ospitato 26 ragazzi provenienti da tutta Europa, me compresa, giunti in Lettonia per partecipare ad un training formativo tenutosi dal 9 al 17 marzo sulle questioni di genere e sull’emancipazione dei giovani, grazie al progetto Erasmus+.
Erasmus+ è il programma dell’Unione Europea per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport, pensato per dare opportunità di studio, di formazione, di esperienze lavorative o di volontariato all’estero. L’obiettivo è di contribuire all’accrescimento dei livelli di occupazione, allo sviluppo del capitale sociale e alla promozione della cooperazione fra gli Stati dell’Unione Europea.
Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Norvegia, Polonia, Spagna e Regno Unito sono i paesi che hanno partecipato alle attività svolte attraverso un non-formal learning process, ovvero l’apprendimento non formale, promosso dal programma Gioventù in Azione.
Cos’è l’apprendimento informale, o non-formal learning?
In tutta la vita si impara in contesti formali (scuole, università), non formali (corsi, associazioni sportive) e informali (dai genitori, dagli amici). Cosa significa questo? Cosa c’è dietro queste parole?
Cerchiamo di comprendere la differenza tra l’apprendimento formale e quello informale. Nel primo “si stabiliscono degli obiettivi da raggiungere in contesti definiti e istituzionalizzati dedicati all’insegnamento, alla formazione e all’apprendimento, nei quali le attività sono condotte da professionisti del settore, che conoscono le materie e che abitualmente insegnano a categorie specifiche di studenti. Gli obiettivi di apprendimento sono quasi sempre decisi esternamente, il processo di apprendimento è monitorato e valutato e gli obiettivi raggiunti sono riconosciuti attraverso certificati e diplomi. La maggior parte dell’apprendimento formale è obbligatorio (istruzione scolastica).”
Per quanto riguarda l’apprendimento non formale “si stabiliscono degli obiettivi da raggiungere; si tratta di apprendimento volontario che avviene in situazioni e contesti nei quali l’insegnamento, la formazione e l’apprendimento non sono necessariamente le attività uniche o principali. Le situazioni e i contesti possono essere temporanei e le attività o i corsi realizzati possono essere condotti da facilitatori professionisti (trainer), oppure da volontari (animatori giovanili). Le attività e i corsi sono programmati, ma raramente strutturati da ritmi convenzionali o materie curriculari. Le attività sono normalmente destinate a target group specifici, ma raramente valutano o certificano gli obiettivi raggiunti in modi convenzionali e visibili”.
Ecco perché l’iniziativa Youthpass
Tutto ciò nasce dall’esigenza di comprendere le complessità di un mondo che cambia velocemente. Il futuro appartiene ai giovani e spesso essi non si sentono ascoltati o tutelati. Uno dei compiti della scuola non è solo quello di istruire, bensì di educare e dare risposte ai bisogni di ciascuno.
Quello dell’educazione, alla cittadinanza, alla convivenza civile, alla salute, all’affettività, ecc. è un tema assai ampio.
La stampa ci riporta continuamente notizie su episodi di bullismo, violenza, intolleranza nei confronti della diversità, atti di teppismo e di vandalismo. Quotidianamente gli insegnanti si misurano con la mancanza di motivazione ad apprendere e con comportamenti socialmente problematici dei loro alunni, che rendono difficile costruire il clima d’aula necessario alla crescita culturale e civile dei ragazzi.
I mass media, televisione e internet in particolare, forti di una potenza incontrollabile di penetrazione nella mente dei ragazzi, spesso veicolano modelli di comportamento che la scuola non riesce a contrastare. Si tratta di una vera e propria emergenza educativa, che andrebbe affrontata ricostituendo quell’alleanza scuola-famiglia, che in questi ultimi anni si è fortemente indebolita, arrivando a volte a trasformarsi in conflitto.
Inoltre, in un mondo divenuto globale, multiculturale e in gran parte secolarizzato, che ha assistito al logoramento del ruolo delle famiglie e delle altre strutture aggregative, l‘educazione alla convivenza civile e democratica, fondata su valori universali, sul rispetto di sé e degli altri, non può non essere una priorità per i sistemi di istruzione.
Le tematiche del progetto
Stereotipi, hate-speech, omofobia, femminicidio, pregiudizi e bullismo. Queste le problematiche da noi affrontate nei dieci giorni di training, durante i quali abbiamo lavorato anche 12 ore al giorno, seguendo una metodologia didattica dei giochi di ruolo, ricoprendo compiti e mansioni svolti da operatori, educatori, attivisti, insegnanti, assistenti sociali, sessuologi ecc.
Coordinati da Ieva Grundsteine, Tuba Ardic e Eva Leinerte, il corso ci ha aiutato ad ottenere più consapevolezza riguardo vari concetti attinenti al gender, discutendo e analizzando in che misura la questione di genere possa affliggere negativamente i giovani. Il risultato è stato una maggiore comprensione delle tematiche relative alle discriminazioni di genere, affinché nelle comunità vi sia un cambiamento sociale positivo e un alto livello di emancipazione e integrazione dei ragazzi.
Servono più empatia e sensibilizzazione all’interno delle famiglie, da parte delle istituzioni e della società, affinché le persone – ragazzi e adulti – non siano più vittime di esclusione sociale, razzismo e abusi. Lo scopo di questi progetti, interamente finanziati dall’UE, è promuovere la pace e il benessere dei cittadini. L’educazione delle nuove generazioni attraverso il non-formal learning può rappresentare la chiave di volta per la tutela dei diritti umani e la prevenzione dei fenomeni sopra elencati.
Quella contro la discriminazione e la disparità è una lotta che da tempo l’Unione Europea ha deciso di combattere: lo abbiamo fatto anche noi partecipando al progetto “Gender Dimension in Youth Empowerment“. La strada è ancora lunga, ma prendendo parte a questi training course si ha la possibilità di conoscere persone meravigliose, alcune di esse con storie difficili alle spalle e che, nonostante tutto, vanno avanti con il sorriso stampato sulla faccia.
E voi cosa aspettate a partire?
Quando leggi o senti dire che un progetto Erasmus+ può cambiarti la vita, sappi che è vero. Forse i fatti di cronaca e le statistiche fanno pensare che il mondo si stia dirigendo verso un decadimento, ma non dobbiamo disperare. Non c’è niente di più bello che scoprire, o riscoprire, quanto le persone siano piene di bontà, di comprensione, di empatia, di sensibilità, di solidarietà e di amore. Sono queste le qualità che rendono unico il genere umano.
Margherita Calestrini.