“Stazioni Lunari” ovvero la curiosità di confrontarsi: intervista a Francesco Magnelli

Il prossimo 6 maggio al teatro dei Rinnovati di Siena approda “Stazioni Lunari”, spettacolo che in questi anni ha visto avvicendarsi sul palco numerosi musicisti provenienti da ascolti e generi molto diversi tra loro. “Stazioni Lunari” è un luogo in cui ritrovarsi, un porto, un punto da cui partire per mettersi in gioco. Affidato a Ginevra di Marco, vera padrona di casa e unico ospite fisso, il compito di guidare e collegare le diverse formazioni artistiche in un ideale percorso musicale. Lo spettacolo si colloca nella rassegna “Rinnòvati Rinnovati” e vede per l’occasione la partecipazione di Nada, Erriquez (Bandadardò) e Davide Toffolo (Tre Allegri ragazzi Morti).

L’ideatore dello spettacolo, Francesco Magnelli (ex Litfiba, ex CSI, ex PGR), si è messo a nostra disposizione per spiegare un progetto che ha tutta l’aria di essere poco convenzionale.

 

Quando nasce idea di “Stazioni Lunari”? 

Il progetto nasce nel 2004 per il festival “Fabbrica Europa”. Ero uscito da poco dai CSI e avevo voglia di confrontarmi con altri mondi e di cercare creare qualcosa di nuovo. Non sono particolarmente affezionato a quello che ho realizzato come musicista, anche se sono consapevole di aver fatto un percorso importante. Mi è sempre rimasta quella voglia di scoprire altri stili, altri approcci, altri modi di vedere la musica. Volevo mettere sul palco quattro cantanti con Ginevra di Marco come “ospite fisso”. Il primo esperimento lo feci con Gianni Maroccolo, Paolo Turci, ed Erriquez della Bandabardò e le Faraualla, quattro donne baresi che propongono musica tradizionale. Scelsi questi cantanti proprio per avere cinque voci molto diverse tra loro. Ogni artista ha una postazione, una Stazione Lunare appunto, ed esegue quattro canzoni alternando la sua performance con quella di Ginevra che sceglie i suoi brani dalla tradizione del bacino del Mediterraneo.

 

Gli artisti possono interagire tra loro?

“Stazioni Lunari” non è una kermesse. L’idea era di fare salire sul palco quattro artisti contemporaneamente facendoli interagire tra loro. D’altro canto, lo spettacolo può essere anche considerato come una guida all’ascolto, un modo per capire come un’artista possa approcciarsi a una determinata canzone o ad un genere diverso dal proprio. I musicisti non sono costretti a interagire, ma possono stare tutto il tempo con un bicchiere di vino in mano  ad ascoltare o prendere la chitarra e suonare tutte le canzoni. L’intenzione di “Stazioni Lunari” è proprio la volontà di far emergere l’anima di ogni artista in un approccio naturale, senza costrizioni.  Ci sono artisti più introspettivi di altri oppure musicisti che si lasciano trasportare dell’energia della serata. Lo spettacolo vuole far risaltare le eccellenze delle voci, sempre molto diverse tra loro.

 

È la voce, dunque, la vera protagonista dello spettacolo? 

Non direi. La voce è senza dubbio una parte importante dello spettacolo, ma non è la sola. Le canzoni sono riarragiante da un band formata da tre elementi in modo accurato e attento. Certo, gli arrangiamenti sono più scarni rispetto alle versioni originali ed è tutto più essenziale. La musica, però, è una parte più che rilevante nello spettacolo. In fondo si tratta di un concerto.

Stazioni lunari

Per lo spettacolo del 6 maggio il numero degli artisti invitati, escludendo Ginevra di Marco, si è ridotto a tre…

Con il passare del tempo ho deciso di passare da quattro a tre artisti, così da dare maggiore spazio agli ospiti. Inoltre, “Stazioni Lunari” è uno spettacolo che può cambiare facilmente forma  a seconda del luogo e dare ad ogni artista diverse emozioni in base al pubblico presente. È diverso suonare in una piazza piuttosto che in teatro e, di conseguenza, “l’ambiente” può cambiare le sensazioni di un musicista che interagisce in modo diverso secondo la situazione.

Inoltre, la responsabilità della riuscita o meno dello spettacolo ricade su di me in quanto direttore artistico e i musicisti invitati sentono meno la pressione. Di fatto vengono solo per divertirsi e, paradossalmente, garantiscono la riuscita dello show.

 

Come scegli gli artisti?

Cerco dei musicisti molto diversi tra loro e, a mio modo di vedere, questa diversità è la grande forza dello spettacolo. In ogni caso, sebbene le canzoni abbiano una diversità a livello di approccio data da ogni artista, questo non avviene a livello musicale poiché gli arrangiamenti sono comunque pensati dalla band di “Stazioni”.

 

Ginevra di Marco è l’unico elemento stabile dello spettacolo. Le canzoni scelte da lei cambiano in base agli artisti invitati o rimangono comunque le stesse?

Ginevra sceglie delle canzoni dalla tradizione popolare del Mediterraneo. La scaletta può cambiare in relazione alle scelte degli altri artisti, ma solitamente finiamo e iniziamo con gli stessi brani.

 

C’è un artista che ti ha particolarmente sorpreso per la scelta delle canzoni o per il suo approccio al format?

Davide Toffolo (Tre allegri ragazzi morti, ndr) mi ha sorpreso e anticipato per la scelta della scaletta, Enzo Avitabile ha suonato con tutti, Piero Pelù non si è certo risparmiato. Tutti sono stati bravi a mettersi in gioco e in questi anni c’è stata una grande varietà. Morgan, ad esempio, non riusciva a stare fermo sul palco, usciva ed entrava in continuazione. Insomma, gli approcci possono essere infiniti.

 

Immagino ci siano delle regole particolari alle quali bisogna attenersi?

Certo, ci sono delle indicazioni di base. Un elemento imprescindibile, ad esempio, è la scaletta dei brani.

 

Qual è l’atteggiamento del pubblico?

Il pubblico guarda, ascolta, giudica. L’atteggiamento degli spettatori è fondamentale

Beniamino Valeriano

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