MAD MEN:
a term coined in the late 50’s to describe the advertising executives of Madison Avenue.
They coined it.
Fornirvi buoni argomenti per affrontare la visione dei ben novantadue episodi di Mad Men è cosa meno ardua di quanto si possa pensare: non c’è aspetto di questa serie che negli anni non sia stato incensato, premiato, elevato a prototipo di un nuovo modo di fare televisione. Perfino il fatto che la serie non sia mai stata un clamoroso successo in fatto di ascolti ci dà la misura della sua singolarità: la AMC ha sempre avuto una tale fiducia nella creatura di Matthew Weiner (un signore che prima aveva prodotto I Soprano, per dire) da ritenere che potesse reggersi in piedi anche per i soli meriti artistici. Non che alla AMC non abbia mai fatto gioco la cosa, Mad Men è stato il primo prodotto della rete a definirne l’identità di canale dedicato alla qualità senza compromessi, e forse è proprio grazie al successo di Mad Men che ai piani alti hanno preso il coraggio di dare il semaforo verde a operazioni rischiose come Breaking Bad prima, The Walking Dead poi: sappiamo tutti come è andata a finire.
Advertising is based on one thing, happiness.
Change is neither good or bad, it simply is.
Mad Men in effetti, al di là della Storia con la S maiuscola, non è che racconti chissà quali vicende. La trama orizzontale certo, esiste, ma si muove a una velocità pachidermica: il vero interesse di noi spettatori va semmai, con tanto affetto ed empatia, nei confronti delle trasformazioni interiori profondissime dei personaggi che animano la Sterling Cooper, l’agenzia pubblicitaria al centro di tutta la narrazione. Tra i mille volti che si imparano a conoscere, alcuni sono più importanti: c’è uno dei titolari, Roger Sterling, un libertino insofferente alle responsabilità intrappolato in un corpo ormai maturo, cui fa da contraltare il giovane Pete Campbell, tanto desideroso di affermazione e considerazione quanto insicuro e falsamente spavaldo; c’è un trio di donne meravigliose che narrano il decennio della progressiva emancipazione femminile da punti di vista completamente diversi: quello della “donna nuova”, Peggie, impegnata a ritagliarsi un ruolo di rilievo nella compagnia e nella società; quello di Betty, moglie, madre e donna legata a un mondo che si sta esaurendo; quello di Joan, donna “di mezzo” perennemente in bilico tra famiglia e successo lavorativo, con la zavorra (o l’arma?) di un corpo troppo bello per non essere bersaglio di un machismo ancora imperante. E poi, tra tutti gli altri, bellissimi personaggi, c’è Don.
What you call “love” was invented by guys like me. To sell nylons.
Don Draper è il motivo per il quale non vi limiterete ad appassionarvi alla serie, ma la interiorizzerete e
Don Draper ci piace e ci parla perché è parte di noi, è quell’insostenibile umanità fragile che un mondo che corre più forte di noi ci costringe a reprimere per non soffocare.
What’s happiness? It’s a moment before you need more happiness.
In sostanza, dovreste guardare Mad Men non solo perché è uno show divertente, cinico e drammatico, non solo per l’ambientazione da sogno e la passione per un passato che non c’è più, non solo perché, in sostanza, è una delle più impeccabili serie di sempre, ma soprattutto perché Don Draper è un Dante senza fede che passo dopo passo se ne scende all’inferno, e i dannati hanno sempre il loro fascino.
Nicola Carmignani
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