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Dichiarazione d'amore al futuro: "Youth"

Quella di Paolo Sorrentino è per certo una dichiarazione d’amore al futuro. A due anni dall’uscita de La grande bellezza, torna rivelando quanto sia arduo affrontare la giovinezza, ma soprattutto, quanto sia difficile doverla abbandonare. Essere vecchi è un conto, diventarlo è un altro. Devi abituarti all’idea di lasciare il tuo mondo. Le giornate diventano corte o lunghissime; fatte di stenti, rumori ripetitivi, ossessioni. Non riesci a rassegnarti. La vecchiaia sta bussando alla tua porta, che tu sia pronto o no. La giovinezza diventa uno stato mentale, un’attitudine. Si vive nel futuro anche se non ha più motivo di esistere.

In Youth, vediamo il Sorrentino minuzioso, quello di certi personaggi con un microcosmo tutto loro, la loro crescita nella pellicola. Elementi che non sono mai mancati, ma che con questo film hanno nuova linfa. Un cast eccelso (e il doppiaggio non abbassa questa grandezza). Un esempio è il tête-à-tête tra Jane Fonda (che compare e scompare sullo schermo, solo per pochi istanti, ma con l’intensità di una meteora) e Harvey Keitel. Poi c’è Sir Michael Caine, l’attore per cui Sorrentino ha scritto questo film, perfetto ad ogni scena. Riesce a metterti a tuo agio, a farti vibrare in certi dialoghi. Il viso, i gesti. Affascinante.

La storia è semplice, perché Sorrentino ha sempre nutrito un certo interesse più per i personaggi che per le trame. Siamo in Svizzera, in una “clinica” speciale, per persone speciali, gente ricca e famosa che si ritira in quest’oasi di calma e di quieta routine durante le vacanze. Caine interpreta un maestro d’orchestra oramai in pensione, Keitel è un regista. Sta scrivendo il suo nuovo film e con lui c’è la sua crew di sceneggiatori, ed è possibile notare quanta importanza abbia una sceneggiatura per il regista napoletano nelle scene in cui l’equipe di Keitel interagisce per far andare avanti il film che stanno scrivendo. I due, il maestro d’orchestra e il regista, hanno una bella amicizia (perché si dicono solo le cose belle), vivono fra la rabbia e l’accettazione di chi è invecchiato ma si ostina a negarlo. Sono personaggi a cui manca qualcosa, apparentemente senza un domani. Ma nel film tutto cambia, ognuno trova il tassello che mancava, o la propria fine.

Quella che appare sullo schermo non è solo una celebrazione alla giovinezza intesa come età, come periodo della vita, viene celebrato il futuro, l’ignoto che ci accomuna tutti, vecchi o meno vecchi. Un destino che non fa differenze. Il dirupo su cui tutti ci affacciamo prima o poi. C’è commedia e drama in Youth, un film intenso, per la bellezza delle ambientazioni e della cura dei dettagli che contornano gli attori. Un’importanza quasi vitale ce l’ha il suono, e la colonna sonora di David Lang, scelto appositamente per prendersi la responsabilità di tutte le musiche all’interno del film. E il risultato è strepitoso. È un’esperienza a tutto tondo, Youth, con un regista capace di scherzare, prendersi sul serio, rilanciare; tutto, per dare al pubblico l’impenetrabilità del futuro.

 

Francesco Folletti

Mariafrancesca

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