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Net Neutrality per Roaming: il do ut des dell'UE

Qualche settimana fa abbiamo salutato per sempre il roaming, e nel farlo vi abbiamo dato tutti i dettagli di quanto è stato deciso a Strasburgo durante l’ultima plenaria del Parlamento Europeo. Ma non saremmo professionali se non vi spiegassimo anche un’altra decisione presa dall’UE, che riguarda la cosiddetta Net Neutrality.

Secondo questa definizione viene considerata neutrale una rete a banda larga priva di restrizioni arbitrarie, che consente all’utente finale di avere a disposizione in modo totalmente libero ogni contenuto, servizio o applicazione, senza il pericolo di incappare in pagine bloccate o a cui è più difficile accedere.

Molti paesi del mondo sono sottoposti a un vero e proprio regime di censura in questo senso; basta pensare alla Cina (in cui Facebook e Google praticamente non esistono) o agli Stati del Medioriente e del Nord Africa, in cui specialmente nelle fasi di maggior tensione e conflitto viene impedito l’accesso ai social o a Youtube per motivi di ordine pubblico (reale o presunto che sia). Certamente la situazione non è la stessa nel nostro Paese e in tutta l’UE, ma quasi nessuno Stato in realtà è completamente esente da questo tipo di ostacoli.

La decisione presa dal Parlamento Europeo, che introduce una vera e propria normativa europea in materia, dovrebbe aver messo fine a questo regime di neutralità parziale della Rete. Ma il condizionale è d’obbligo dato che, analizzando le disposizioni che entreranno in vigore, alcuni punti appaiono poco chiari. Chi già da tempo richiedeva una regolamentazione europea dell’accesso al Web,  non casualmente, ha giudicato il testo in realtà troppo vago.

I punti che hanno suscitato più critiche sono quelli che riguardano i cosiddetti “servizi specializzati” – cioè quei servizi di nuovo genere, prime fra tutte le web tv – che richiedendo speciali garanzie di qualità potrebbero esser dotati di una corsia preferenziale all’accesso, e quindi partire più avvantaggiati rispetto agli altri. Il timore è che un servizio, servendosi semplicemente della dicitura “specializzato”, potrebbe banalmente avere più clienti,  mettendo così in discussione il regime di equa concorrenza che la nuova normativa vuole mettere in atto.

Suscita perplessità anche l’approvazione dello Zero Rating, in funzione del quale gli operatori possono decidere di offrire ai propri clienti alcuni servizi (soprattutto applicazioni per gli smartphone), senza che questi consumino il traffico dati disponibile. E’ ciò che succede quando ad esempio utilizziamo la versione offline di Spotify, e che in futuro potrebbe succedere con Facebook ed altri noti social media. La questione non è di poco conto: se le grandi del settore avranno la possibilità di offrire facilmente questo tipo di servizio, non sarà lo stesso per le imprese minori o emergenti, e quindi ancora una volta sarà complicato competere in modo realmente equo.

In conclusione, la sensazione avvertita da molti è che, con l’addio al roaming, l’UE abbia voluto adottare una soluzione di compromesso. Spostando l’attenzione dei media su un argomento altamente attrattivo (il roaming appunto), potrebbe essersi sentita più libera di prendere decisioni più aleatorie per quanto riguarda la neutralità della rete (di per sé scottante in quanto chiama in causa non pochi poteri forti), passando di fatto la palla ai singoli stati membri. Se, però, neppure questi ultimi sapranno dare risposte più concrete in merito, forse il Web potrebbe rischiare di perdere una volta per tutte la definizione di spazio libero e aperto che l’ha accompagnata fin dal momento della sua nascita.

Alice Masoni

A.masoni

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