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Grüß Gott! Cronaca di un’italiana a Graz – Il ritorno

Die Abreise dünkt den Gequälten unmöglich, die Umkehr nicht minder.
[La partenza, non meno del ritorno, appare impossibile al disperato.]
(Thomas Mann,
La morte a Venezia)


Cosa si dice in questi casi? Eccoci qua? Un altro capitolo della mia vita si sta concludendo? Non riesco a trovare le parole adatte per iniziare questo articolo. In che modo posso riassumere cinque mesi di esperienze mentre mi rimangono ancora pochi giorni e le valigie sono già state tirate giù dal ripiano più alto dell’armadio? Per quanto mi sforzi non mi viene in mente alcun modo organico di iniziare, perciò mi scuso in anticipo se questo articolo manca di coerenza. Che poi, con questa esperienza ho imparato che “coerenza” è uno dei concetti più limitanti che esistano al mondo, perché traccia un percorso prima ancora di iniziare a camminare.

 

La partenza

Prima di partire ero disperata. Continuavo a ripetermi che non ce l’avrei mai fatta, che era tutto troppo per me: troppi i documenti da consegnare, troppo difficile la lingua, troppo complicato salutare tutti e riiniziare d’accapo a 789 km di distanza. Non esagero dicendo che in alcune occasioni mi sono dovuta costringere a fare quella ricerca in più, quell’esercizio di grammatica in più, quella bussata alla porta chiusa della segreteria.

Come ho già accennato più volte, è stato solo per caso se sono arrivata a Graz, complice un banalissimo errore nella compilazione della domanda: già questo mi scoraggiava terribilmente, perché la mia prima scelta in realtà era Vienna e non avevo la benché minima intenzione di accontentarmi di Graz. Ho pensato spesso a rinunciare alla borsa per poi ritentare l’anno prossimo. Fortunatamente, anche a causa di una situazione personale che mi impediva letteralmente di stare a Siena per un intero anno accademico, ho ignorato i miei stupidi tentativi di auto-sabotaggio e sono andata fino in fondo. Come era prevedibile, non mi sono pentita della mia scelta.

Il FlixBus che mi ha portata a Graz

Più mi sono avvicinata alla data di partenza e più la mia angoscia è salita. Il giorno prima di partire avevo pure l’orale di Letteratura italiana contemporanea, e ricordo benissimo la sensazione di ansia nel momento in cui, durante l’esame, mi sono accorta che mancavano una manciata di ore al mio salto nel vuoto. Perché di questo si trattava: non ero assolutamente pronta, non sapevo cosa aspettarmi.

Quando sono arrivata a Graz era l’alba ed ero sola. Fortunatamente la mia buddy è venuta subito a prendermi, così ho potuto parlare con un volto amico e sentirmi meno sola. Passo ogni giorno davanti alla stazione e qualche volta sorrido del mio terrore. I primi giorni sono stati durissimi, mi sentivo sopraffatta da tutto. Per la prima volta ero completamente sola, lontana da casa. Per la prima volta, il mio destino era interamente nelle mie mani: stava a me decidere in che modo avrei passato i prossimi cinque mesi.

La foto più da turista che ho

Fuori dai confini, personali e geografici

Sono terribilmente introversa, soffro d’ansia e faccio fatica a parlare con gli sconosciuti. Per immergermi nella massa di persone (perché, in ogni caso, Graz è la seconda città più grande dell’Austria) sono andata all’opera la prima sera (ne ho parlato qui). Ma non bastava, dovevo impegnarmi di più e continuare a saltare nel vuoto. Dovevo entrare in contatto con qualcuno, non solo con la mia buddy e con i miei coinquilini.

Perciò ho iniziato a ingoiare il mio timore, e non ho più smesso. Se non mi fossi messa in ridicolo, se non avessi sfidato quell’eterna voce nella mia testa che mi scoraggiava a fare qualsiasi cosa, non tornerei a casa col cuore gonfio di emozioni e di bellissimi ricordi, e la promessa di rivederci urlata col sorriso sulla faccia. Se non avessi messo in discussione ogni idea che avevo di me non avrei potuto continuare a vivere.

Una delle prime volte in cui ho messo il naso fuori di casa

L’Erasmus è l’occasione perfetta per mettere il naso fuori dalla porta ed esplorare un po’. Graz, in questo senso, è stata un vero e proprio trampolino di lancio per l’Europa dell’est, che, beninteso, non ho sondato del tutto. Ogni città è stata una scoperta e contiene un’infinità di ricordi preziosissimi. Potrei passare giornate intere a descrivere le luci del bar nella rovina a Budapest,  i primi chiarori dell’alba visti dal Ponte Carlo a Praga o l’irreale silenzio di Auschwitz, ma credo che annoierei i più. Forse, un giorno, ci scriverò qualcosa sopra.

Auschwitz
Il Ponte Carlo di Praga

Il ritorno

Il ritorno, allo stesso modo, appare impossibile, eppure è persino più tangibile della partenza. Anche in questo caso è un vero e proprio salto nel vuoto e non so se sarò all’altezza di ciò che mi aspetta in Italia. Ma voi non lasciatevi frenare dalla paura del vuoto e saltate: perderete molto, amicizie poco importanti, esperienze familiari, le vostre stesse radici, ma ciò che guadagnerete sarà impagabile. Vedrete la vostra famiglia, i vostri amici e la vostra città andare avanti senza di voi, o in qualche caso rimanere esattamente come erano, mentre voi avrete attraversato una vera e propria rivoluzione.

Se qualcuno mi dovesse chiedere se sono o meno felice di tornare risponderei che non lo so. Di certo non sono più disperata. E in ogni caso, questo viaggio è solo l’inizio.


Federica Pisacane.

 

Federica Pisacane

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