Recensioni

The Deep Blue Sea diretto da Luca Zingaretti: ultima replica

Al Teatro dei Rinnovati è andata in scena ieri sera la terza ed ultima replica de The Deep Blue Sea, tratto dal testo di Terence Rattigan, per la regia di Luca Zingaretti. La pièce mette in mostra i lati dolorosi dell’amore, le fragilità dell’animo umano e pure la forza che appartiene allo stesso.

Vittima dell’amore

Luisa Ranieri sale dopo dieci anni di assenza sul palcoscenico, per mettersi sulle spalle la pesantezza del nome di Hester Page. Hester è una vittima dell’amore, della passione non abbastanza ricambiata che la conduce fino al gesto estremo di tentare il suicidio e preferire quel “profondo mare azzurro” alla vita.

Luisa Ranieri

Divorziata dal primo marito, si dona totalmente al giovane ex pilota d’aerei  Freddie Page (Giovanni Anzaldo), amandolo spasmodicamente, confondendo talvolta l’amore disperato di una compagna con quello apprensivo di una madre. È donna, totalmente donna. Come dice Zingaretti  “il mondo femminile è molto più vario di quello maschile. Per un regista è un mondo da scandagliare enormemente ricco”.

L’intensità dei sentimenti

Diventa davvero impressionante allora l’intensità con cui la Ranieri riesce a portare davanti ad una platea i sentimenti umani più veri, profondi e intimi, non disturbati da alcuna involontaria censura di pudore. Sul suo corpo fa calare l’atrofia della sofferenza, le smanie incontrollabili del nervosismo e l’inutile tentativo di mascherare il dolore con una voce falsamente allegra.

Luisa Ranieri e Giovanni Anzaldo

Rinuncia a sé stessa e alla passione per la pittura, fino al punto di volersi totalmente cancellare. Sarà Mr. Miller, l’ex medico apparentemente cinico che per primo la soccorre (fantastico Aldo Ottobrino), a ricordarle il suo singolare valore e aiutarla così a rifiorire.

È uno spettacolo che sonda e scardina senza pudore l’animo umano, creando un coinvolgimento emotivo molto forte.

L’idea di teatro di Zingaretti

È lo stesso Zingaretti infatti a definire il teatro come una “condivisione reale” in cui se “chi sta sul palco e parla riesce ad accendere le teste di quelli che ascoltano; queste teste mandano sul palco un’energia straordinaria su cui l’attore surfa, e allora lì, davvero, si realizza una comunanza”. È ciò che in questa pièce viene garantito: una vera e propria comunanza in cui il pubblico sa di non potere essere più semplice spettatore, che lo voglia o no.

Andrebbe visto più e più volte per coglierlo appieno. I corpi hanno qui il potere di gridare da quanto diventano espressivi e vi è molto da osservare in ciò che resta implicito rispetto alla scena.  

A fine spettacolo, purtroppo, gli applausi non sono stati abbastanza degni rispetto a quanto è stato fatto vedere. La platea delle ultime due sere era decimata a causa (forse) della neve, ma è comunque mancato l’entusiasmo generale; solo alla Ranieri è stato dedicato un momento di intensità maggiore, ma pareva quasi dovuto.

I complimenti al cast

Giovanni Anzaldo è stato un incredibile Freddie Page, barcamenato tra una sorta di amore per Hester, il vizio del gioco e la violenza che sfociava nei momenti di rabbia. È stato estremamente profondo. Lo stesso Aldo Ottobrino ha dato alle iniziali poche battute un valore altissimo, sfociato poi nell’appassionante dialogo finale con Hester. Noi del pubblico non abbiamo ringraziato nella maniera giusta il lavoro e regalo di questi attori.

Lo spettacolo ha debuttato questo autunno; il caldo consiglio è quello di vederlo assolutamente. È una rinascita non solo dei personaggi, ma anche di chi vive e dirige quei personaggi: lo stesso Zingaretti si riavvicina al teatro con questa sua prima regia dopo 25 anni di assenza dal palco.

È garantita la commozione, l’accendersi dell’empatia e un arricchimento profondo appena si lascia la sala, che siano interrogativi o stimoli nuovi.


Veronica Saglimbeni.

Veronica Saglimbeni

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