Siena International Photo Awards: il mondo e la fotografia


La potenza narrativa di una fotografia

Possiamo raccontare e cambiare il mondo con uno scatto?


 

L’evento di apertura della IV edizione del SIPA – Siena International Photo Awards è stato un’altalena di emozioni. E chi scrive non è particolarmente melenso, sia chiaro. Alcuni dei photoreporter più premiati degli ultimi anni si sono ritrovati, tutti assieme, nell’Aula Magna del rettorato. Il risultato? Una serie di storie avvincenti, motivanti, strappalacrime, divertenti e profonde. Al centro di tutto, chiaramente, la fotografia.

Testimoniare: un imperativo fotografico.

Paula Bronstein, fotografa documentarista statunitense, ci ha raccontato le sue esperienze tra Myanmar e Bangladesh, una terra di mezzo nella quale vive la minoranza islamica più perseguitata al mondo. I Rohingya vivono ghettizzati presso desolanti bidonville o presso precari campi profughi. Qui, arrivano dopo viaggi a piedi attraverso umide risaie, nelle condizioni più estreme.

Pochi anziani e bambini sopravvivono durante queste transumanze umane. Fotografia dopo fotografia, l’orrore per i neonati scheletrici, i volti distrutti dei vecchi, gli adulti sfiniti, consapevoli che non potranno dare ai loro figli una cittadinanza, un’istruzione, delle cure mediche che possano renderli in grado di sconfiggere malattie curabili. E in mezzo, come un arcobaleno verso una condizione migliore, Paula. Cercando di restare lucida tra miseria e barbarie, la consapevolezza che un solo strumento potrà essere d’aiuto ai Rohingya: la sua fotografia.

Bella, sincera, perfino colorata – ma soprattutto onesta.

 

Tra orsi polari e beluga: un mondo che sta scomparendo.

Non sono stati così drammatici tutti gli interventi, sia chiaro. Ci hanno tutti, però, lasciato qualcosa. Florian Ledoux ci ha raccontato di come è riuscito a seguire il sogno di fare della fotografia la propria vita. In un percorso che va dai suoi studi tecnici in Francia fino all’Artico, passando per la marina militare, Florian ci ha trasmesso la sua passione per la natura e gli animali che popolano le zone più fredde del nostro pianeta. Un sogno che ha coltivato sin da bambino e che ora è realtà.

                                 

 

Gli animali che vivono nell’Artico sono stati al centro delle storie di Roie Galitz, Ambasciatore della natura incontaminata. Consapevole di raccontare al resto del mondo una realtà che sta scomparendo, seriamente minacciata dal riscaldamento globale, ha deciso di dare tutto sé stesso nei suoi scatti. Ci ha così raccontato di ore e ore di posta per aspettare che il più grande e candido (e tenero!) predatore dell’artico cacciasse una foca.

 

 

 

Le sue immagini straordinarie hanno fatto il giro del mondo, a lui è rimasta la soddisfazione di aver inquadrato questi orsi polari, terribili e giocherelloni, che tanto gli ricordano i suoi figli. Gli occhi luccicavano tanto a lui quanto a Amos Nachoum nel raccontare le proprie esperienze. Amos, tra l’altro, è solito esporsi alle situazioni più estreme pur di catturare la natura nel proprio habitat, senza protezioni umane. Dopo aver rischiato la vita più volte nuotando tra squali e appostandosi tra gli orsi polari, è riuscito addirittura a scattare più d’una fotografia ai leopardi di montagna, dopo una notte intera ad aspettare.

 

 

E poi c’è l’uomo …

Siamo noi a minacciare la natura e chi la popola. Per questo è stato molto interessante vedere il reportage di David Chancellor, che ha seguito orde di cacciatori occidentali mentre ammazzavano specie protette per poi apprenderne le pelli o le teste imbalsamate in salotto. Curioso, poi, il suo reportage parallelo. Animali simili, tecniche simili, risultati e scopi differenti. Ha anche documentato, infatti, le cacce di popolazioni indigene che, attraverso l’attività venatoria, sfamano la propria famiglia e la propria tribù.

 

 

Sempre l’uomo è al centro delle fotografie di Tariq Zaidi, che ci ha presentato i suoi scatti delle più povere periferie, come le favelas (per cui forse il termine periferia è improprio) o le baraccopoli di Haiti. Qui, a colpire sono la povertà estrema, le condizioni abitative pietose e le situazioni igieniche precarie. Da contraltare, però, fanno la solidarietà estrema che unisce gli abitanti, caratterizzati da un’immensa gioia di vivere e dalla capacità di rendere ogni spazio, per quanto angusto, lo spazio giusto per divertirsi. Abbiamo visto parcheggi poco raccomandabili diventare sale da ballo, cortili grandi quanto un tavolo diventare parchi giochi, scalinate pericolanti diventare il miglior social media desiderabile.

 

 


I vincitori

Sabato 27, a partire dalla 17.30 sino alle 20.30, si è tenuta presso il Teatro dei Rozzi la cerimonia di premiazione del SIPA. Hanno concorso circa 48 mila immagini, inviate da fotografi professionisti, esordienti e cultori provenienti da 156 Paesi del mondo. La gara si è svolta suddividendo l’ampia mole di fotografie in una serie di categorie accomunanti le esteriorità dominanti delle stesse. Una giuria composta da venti tecnici ha accuratamente selezionato le trionfatrici di questa edizione 2018.

 

Splash of colour: Sina Falker

 

General colour: Klaus Lenzen

 

General monichrome: Marcel Van Balken

 

Beauty of the nature: Francisco Negroni

 

Sports in action: Pedro Luiz Ajuriaguerra

 

Drone awards: Floren Ledoux

 

Under 20: Yinzihj Pan

 

Storyboard: David Chancellor

 

Architecture and urban spaces: Fyodor Savintsev

 

Fascinating faces and charachters: David Nam Lip Lee

 

Animal in their environment: Amos Nachoum

 

Journey and adventures: Zavh Lowry

 

Photographer of the year: K M Assad

 

Best author 2018: Tariq Zaidi

 

I vincitori dei primi premi e delle menzioni speciali di ogni categoria.

 


Claudia Costanzo & Mattia Barana.

 

Claudia Costanzo

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  • Per un attimo mi sono ritrovata protagonista inconsapevole dei luoghi e delle situazioni descritte. Grazie oer ever presentato così esaustivamente immagini ed evento!

  • Parafrasando il titolo dell’articolo mi viene da commentare “ la potenza rappresentativa di un racconto !”.
    Grazie Claudia e Mattia per come riuscite a far “visitare” la bella mostra a chi vi legge!

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