“Non è vero ma ci credo” al teatro dei Rinnovati, una storia che parla di noi

A chi non è mai capitato di evitare il passaggio sotto a una scala, o di preoccuparsi alla vista di un gatto nero che attraversa la strada proprio davanti a noi? Gervasio Savastano, il protagonista di “Non è vero ma ci credo” queste cose le conosce benissimo, forse anche un tantino troppo, e la sua attenzione maniacale alle superstizioni è arrivata anche al pubblico del teatro dei Rinnovati lo scorso weekend, che ha visto susseguirsi tre repliche dello spettacolo.

La storia, scritta da Peppino de Filippo, è ambientata nella Napoli degli anni 80 – contrariamente all’originale che prevedeva l’ambientazione negli anni ’30 – e sembra quasi voler sfidare le regole della società e delle relazioni per rimodularle sulle credenze popolari e dimostrare quanto a largo possiamo spingerci per inseguire convinzioni che non hanno alla base alcun dato di realtà.
Si viene a creare un comico microcosmo che si espande tra il salotto e l’ufficio del signor Gervasio dove tutto orbita intorno ad azioni in grado di allontanare qualsiasi male e dove anche la prevenzione medica per i problemi alla schiena diventa un ostacolo all’incontro con l’uomo che più di tutti appare come un dono celeste: l’uomo gobbo.

La famiglia e i dipendenti di Gervasio sono parte fondamentale della storia, anche loro subiscono le sue fissazioni che implicano l’interruzione della frequentazione con un ragazzo nel caso della figlia, o, addirittura il licenziamento per i lavoratori della sua azienda. Questi personaggi tengono le redini del colpo di scena che arriva come una ciliegina sulla torta a conclusione di uno spettacolo godibile, divertente e che permette al pubblico di immergersi in un contesto del tutto particolare.

Tutti gli attori in scena hanno ben caratterizzato il loro personaggio e guidati dalla regia di Leo Muscato hanno ridato vita a uno spettacolo di grande impatto nonostante parli di vita quotidiana e si svolga in luoghi che tutti frequentiamo. Forse è proprio questa la particolarità che rende speciale questo spettacolo, osserva la quotidianità e restituisce storie particolari che però non lasciano indietro parti di realtà, perché ammettiamolo… Occasionalmente siamo tutti un po’ Gervasio.

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