Il diritto all’aborto in Italia: c’è ancora molto da fare

diritto all'aborto
Manifestazione pro aborto negli anni ’70

L’Italia sta attraversando un viaggio indietro nel tempo tra il qualunquismo mediatico e la scarsa empatia politica. Nell’atterraggio di emergenza sul terreno della parità di genere, il diritto all’aborto, riconosciuto in Italia nel 1978 con la legge 194, viene travolto e martoriato.

Indietro nel tempo nei valori, nel pensiero, ma più attuale che mai. Dalla politica ai media, il diritto all’aborto fatica ancora ad affermarsi nel pieno del suo contenuto normativo.


Abruzzo: il consiglio Regionale e la discussa proposta di legge sulla sepoltura dei feti da aborto

Lo scorso luglio, il Consiglio Regionale d’Abruzzo ha depositato la proposta di legge regionale 203. La Legge prevede la sepoltura cimiteriale dei feti per ogni aborto verificatosi prima delle 28 settimane e dopo i 90 giorni, anche senza il consenso dei genitori.

Secondo il regolamento di polizia mortuaria del 1990, quando il feto ha un’età compresa tra le 20 e le 28 settimane, l’Asl è incaricata della sepoltura. Se invece il feto ha un’età inferiore alle 20 settimane, la sepoltura diventa una prerogativa di scelta che deve essere approvata dai genitori entro 24 ore dall’espulsione del feto. Se non viene fatta nessuna richiesta, è la struttura ospedaliera ad occuparsi dello smaltimento.

La proposta di legge regionale avanzata da Guerino Testa, Mario Quaglieri e Umberto D’Annuntiis, renderebbe la sepoltura cimiteriale obbligatoria, indipendentemente dalla volontà espressa dai genitori.


Le reazioni: l’opposizione dei movimenti femministi e della CGIL

Quello proposto dai consiglieri è stato definito dal collettivo Fuori Genere uno scavalcamento della libertà di scelta della donna, un agguato alla sua autodeterminazione. Le associazioni femministe locali, come Zona Fucsia Pescara/Chieti, Collettivo Malelingue Teramo, Rete 8 Marzo L’Aquila, Presenza Femminista Avezzano, si sono da subito opposte ad un disegno regionale così anacronistico e liberticida:

Un vero e proprio attacco violento e aggressivo, in quanto attecchisce sulla nostra autodeterminazione nel decidere della nostra maternità scambiando, di nuovo ed erroneamente, un diritto inalienabile, come quello di decidere sui nostri corpi, per un assassinio’.

Anche CGIL si unisce alla lotta per i diritti delle donne abruzzesi. La Segretaria Regionale, Rita Innocenzi è pronta ad agire anche legalmente se sarà necessario per bocciare definitivamente il disegno di legge.

Ma allora, di quale innovazione si farebbe carico l’introduzione di una legge regionale così concepita? La risposta scricchiola sotto il peso di una giustificazione inconsistente. Attraverso questa Legge, L’ASL disporrebbe dell’obbligo ‘ad ogni aborto’ di seppellire i prodotti del concepimento, anche all’insaputa della donna.


Libertà di scelta e privacy mancano all’appello

Questa proposta di legge regionale scaglia poi un’altra pietra alla legge 194. Basti pensare alle informazioni che verrebbero così gestite da terzi anche in assenza del consenso della donna nella sepoltura del feto in un’area cimiteriale. L’articolo 5 comma 2 della legge 194/1978 si fa carico della tutela sulla privacy che spetta ad ogni donna dopo l’aborto. L’ottica è quella per cui la protezione della sfera privata della donna debba coincidere con il diritto di scegliere per sé e per la situazione delicata che sta attraversando, evitando il più possibile situazioni traumatizzanti.

L’articolo infatti recita:

Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna (…) le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie”.
Informazione, riservatezza, dignità: sono tre punti focali che la legge 194 è volta a tutelare. Gli stessi tre punti che il Consiglio regionale d’Abruzzo ha perso di vista.


Il diritto all’aborto? ‘Anche quello dei cani non ci piace’

Alfonso Signorini durante la conduzione del programma ‘Il Grande Fratello VIP’

Nel grande calderone della prima serata, tra un pizzico di reality e un’infarinata di intrattenimento, arriva Alfonso Signorini a bruciare uno dei piatti forti di Canale 5: il Grande Fratello Vip.

Durante la puntata del 15 novembre, Signorini commenta la gravidanza della cagnolina di Casella con: ‘ Noi siamo contrari all’aborto in ogni sua forma, anche quello dei cani non ci piace’.’


Noi, chi?

Innanzitutto: il noi, quel plurale maiestatis che ispira condivisione di valori e certezze: chi identifica esattamente? Di certo, non le donne e gli uomini che credono in quel 68% del referendum sull’aborto nel 1981, che ha mantenuto la Legge 194 intatta. Sicuramente, non quella parte del pubblico, femminile e non, che ribadisce l’inadeguatezza e la stortura del commento in un programma in prima serata con quasi il 20% dello share.  
Commenti di sdegno alle parole del presentatore si affacciano innanzitutto dal mondo dei social. La scrittrice Carlotta Vagnoli definisce Alfonso Signorini come ‘un cattolico misogino e razzista’, mentre la deputata Laura Boldrini sul suo profilo Twitter scrive: ‘Signorini, giù le mani dalla 194’. 


‘Libertà di opinione’ come jolly contro le accuse

C’è anche chi tenta di riportare Signorini fuori dal ciclone. Per alcuni, tutta questa attenzione mediatica sarebbe fuori luogo e ingiustificata. Meglio inneggiare alla libertà di opinione del presentatore. Arriva anche “solidarietà” dal cosmo politico, con la leader di Fratelli d’ Italia, Giorgia Meloni, che parla di Signorini come ‘vittima di un linciaggio online per aver espresso un’opinione – che può essere condivisibile o meno – sull’aborto’. 
Nel frattempo, la Endemol Shine Italy, la società che produce il GF Vip, prende le distanze dalle parole di Signorini, pur rispettandone la posizione. Ciò che la Società ci tiene a rilanciare immediatamente dopo la puntata del 15 novembre è che’In tutte le comunità e in tutti i gruppi di lavoro le opinioni possono essere diverse, e Grande Fratello si distingue da sempre per essere attento a tutte le evoluzioni della società e al rispetto dei diritti civili’.

Comunque, Signorini non cambia opinione: ’Tra i diritti civili per i quali mi batto da sempre ci sono il rispetto e la difesa della libertà di pensiero. Un principio che difendiamo, anzi difendo, con assoluta fermezza. Indipendentemente dai miei gruppi di lavoro’.


Parità di genere? Meglio non esagerare!

Continua la saga di uomini che, dall’alta autorità conferitagli dall’utero- non quello loro, però- si prendono la prerogativa di riscrivere anni di lotta per i diritti civili e sociali delle donne. Con la leggerezza di chi non ha capito cosa significhi veramente ‘diritti femminili’.

Sembra che l’importanza dei diritti di genere compaia in agenda solo il 25 novembre, occasione per ‘omaggiare le donne’, che hanno bisogno di essere omaggiate, non di diritti, naturalmente. È vero: c’è sempre l’8 marzo, la Festa della Donna. D’altronde, basta un ramoscello di mimosa e una scatola di cioccolatini al gusto ipocrisia per colmare l’amara lacuna quotidiana della parità di genere.


Ilenia Costa

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