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Attraverso la morte, la vita: Anna (Ammaniti)

Uscito da poco più di un mese, il nuovo romanzo dello scrittore Premio Strega Niccolò Ammaniti campeggia, già da settimane, ai primi posti nelle classifiche italiane dei libri più venduti. Ormai, in quasi tutte le vetrine delle librerie, si vede occhieggiare la sua copertina con il titolo che, a grandi caratteri rossi, suscita inevitabilmente il brivido della curiosità.

“Anna” è un romanzo che si legge tutto d’un fiato, denso e crudele, oltre i confini della letteratura italiana contemporanea media,  per molti versi paragonabile ad opere di successo mondiale come “La strada” di Cormac McCarthy. L’atmosfera distopica e cruda è, infatti, la stessa dell’opera dell’autore americano, ma l’ambientazione geografica è molto più vicina a noi: siamo infatti nella Sicilia del 2020 e, mentre tutto il mondo è stato decimato da un virus che non lascia scampo chiamato “La Rossa”, gruppi di bambini, gli unici immuni alla malattia (ma solo fino alla pubertà) vagano per le sue terre aspre e desolate alla ricerca di cibo, riparo e, soprattutto, salvezza.

Anna, una ragazzina di tredici anni, insieme al fratello Astor di quattro, fanno parte dei sopravvissuti: vivono rintanati nella loro casa, con poche provviste e un quadernino-vademecum scritto dalla madre per aiutarli a sopravvivere e con l’unica, inquietante, compagnia dello scheletro di quest’ultima che riposa in una stanza adibita a una sorta di tempio sacro.

Anna, nel tentativo di tenere al sicuro il fratellino, sfida ogni giorno da sola il mondo esterno: deve lottare con cani inferociti dalla fame, farsi strada tra ossa e cadaveri e  rovistare case sventrate e svuotate, riportando ogni sera il magro bottino che li farà tirare avanti un altro giorno (spesso non più di qualche scatola di piselli o un po’ di conserva).

Ma per quanto la ragazza si sforzi, la crudeltà di un mondo ormai barbaro penetra oltre le barriere protettive della ragazzina: il piccolo Astor scompare, trascinato via da una banda di bambini dipinti di blu che sperano che una fantomatica donna chiamata “la picciridduna” con il suo sacrificio possa salvarli tutti dal morbo.

Ad Anna non resta, pertanto, che armarsi di tutto il coraggio (e disperazione) che ha in corpo,  per tentare di recuperare l’unico affetto che la lega ancora al mondo. Con pochissimi volti amici accanto (tra cui un grosso cane maremmano che sarà soprannominato Cucciolone) la piccola, coraggiosa fanciulla lotterà fino all’ultimo respiro per un briciolo di futuro, con la speranza di lasciarsi alle spalle un passato ormai anacronistico e un presente inutile e di ricominciare, al di là dello Stretto, una vita che abbia un senso.

Ammaniti compie con questo piccolo, grande romanzo, una svolta epocale: riesce a narrare senza peli sulla lingua e con una crudezza priva di smancerie e patetismi (in cui spesso cadono gli odierni romanzieri italiani) una storia di orfani, una storia che è fantastica, eppure anche troppo familiare. È un libro che inquieta senza paroloni roboanti, che invita alla riflessione senza cadere nel moralismo didascalico (che non è poco) e che ci offre comunque la salvezza sulla punta delle dita, senza abbeverarci con facili quanto scadenti illusioni.

Un’opera densa, solida e matura di uno scrittore che si rivela all’altezza del suo successo dunque: non perdete l’occasione di gustare un libro che attraverso la morte, ci insegna a vivere.

“La vita non ci appartiene, ci attraversa”

 


Niccolò Ammaniti, (Roma, 1966) è uno scrittore italiano, vincitore del premio Strega nel 2007. Tra i suoi romanzi più famosi: “Io e Te”, “Io non ho paura”, “Come Dio comanda”.

 

Rossella Miccichè

Mariana Palladino

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