È facile, passeggiando tra le vie in questi giorni, vedere occhieggiare dalle vetrine delle librerie la copertina del nuovo romanzo di Chiara Gamberale: è, infatti, in cima alle classifiche italiane e sembra riscuotere un certo successo, soprattutto tra il pubblico femminile. Così, si sa, la curiosità è donna, e non ho potuto fare a meno di dargli una spulciata anche io.
È un libro che, nonostante non sia brevissimo, si legge facilmente in un giorno. Ideale per un viaggio in treno o da divorare lungo le noiose attese a cui la vita quotidiana spesso ci sottopone. Ma non è un grande libro, tutt’altro. Pur essendo pretenzioso, si riduce, in fondo, a nulla di più che a un romanzetto da spiaggia.
La storia è sempre quella: una coppia centrale e alcune in margine, che escono da storie sbagliate, provenienti da un passato carico di errori e paure, che cercano di tirarsi fuori dalla loro condizione di “dolore esistenziale” e, lasciandosi andare per la prima volta, trovano finalmente il “grande amore” e la svolta della loro finora misera vita.
I protagonisti che sceglie la Gamberale sono da una parte Lidia, presentatrice di un reality show a caccia del segreto della fantomatica felicità familiare con un matrimonio inerte alle spalle, un marito/migliore amico da cui non riesce a distaccarsi ma neppure ad amare e un gruppetto di amici “sfigati” in amore e nella vita che cercano di consolarsi a vicenda; e dall’altra Pietro, preside con una figlia preadolescente affettuosa e una moglie che improvvisamente ha trovato la sua strada nella vocazione e ha deciso di lasciare capre e cavoli per andare a vivere in una sorta di comunità religiosa femminile.
Il problema è che, sostituendo questa coppia con altri due personaggi qualsiasi, il nucleo sostanziale del romanzo non cambierebbe in nulla: tutto suona già visto, già sentito, già letto in cento e cento storie diverse, persino nelle soap e in decine di film.
A questo si aggiunge uno stile che è ripetitivo, di proposito, ma fino all’esasperazione, e delle scelte stilistiche e tipografiche (enormi parole in maiuscolo che coprono un’intera pagina, flussi di pensiero, curricula “sentimentali” dei protagonisti e via dicendo) che vorrebbero ammiccare al lettore come presunte idee originali e ispirate, ma finiscono ancora una volta per suonare già usate e abusate da ben altri scrittori precedenti.
In definitiva, è facile ammettere che “Adesso” è più che altro uno specchietto per le allodole: può incantare un lettore novizio o una lettrice desiderosa di trovare finalmente il libro che la capisca in tutte le sue paranoie quotidiane, che la faccia volare e sognare al di là delle sue squallide insoddisfazioni amorose, ma non può offrire nulla a chiunque abbia letto almeno un paio di libri nella sua vita (che non siano romanzetti harmony, si intende) e l’unica reazione emotiva che può suscitare si riduce a un ironico sorriso di sufficienza.
Forse è a suo modo divertente, ma non è mai veramente piacevole, scrivere di un romanzo che non è piaciuto quasi per nulla; tuttavia non se ne può fare a meno in un caso come questo dove pur trattandosi di un libro al primo posto in classifica (e forse proprio per questo?) la sostanza è decisamente scadente. L’unica speranza è quella che simili opere, di cui è tristemente pieno il nostro attuale panorama letterario, lascino il tempo che trovino, e come meteore, abbiano il loro istante di immeritato fulgore, per poi finire nel dimenticatoio insieme a migliaia di altri di cui nessuno sente veramente la mancanza.
Rossella Miccichè
Chiara Gamberale (1977,Roma). Nel 1999 ha esordito con Una vita sottile, seguito da Color lucciola (2001), Arrivano i pagliacci (2003), La zona cieca (2008, premio selezione Campiello), Le luci nelle case degli altri (2010), L’amore quando c’era (2012), Quattro etti d’amore, grazie (2013) e Avrò cura di te (2014; con Massimo Gramellini). È autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici.
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