LOST&FOUND : TALK TALK – SPIRIT OF EDEN

Avvertenza al lettore: con questo articolo prende il via la rubrica dedicata a quegli album meno conosciuti nella storia della musica ma non per questo meno valevoli. Nasce così un progetto di rivalorizzazione e recupero di quelle opere musicali che sono state eclissate o snobbate nel corso della storia ma che meritano di essere ascoltate, almeno una volta.

CONSIGLI: E’ caldamente consigliato l’ascolto dell’album per intero e senza la riproduzione “shuffle”; all’occorrenza sarebbero consigliabili degli auricolari (l’audio possibilmente equalizzato in classica e il loudness, laddove presente acceso) o un impianto ad alta fedeltà. I testi sono complessi e non intuitivi.

Questo è il link per ascoltarlo interamente su Spotify.

IL CONTESTO

Il 1988 fu sostanzialmente un anno tranquillo per il mondo e pochi furono gli eventi eclatanti: Reagan incontrò Gorbačëv per seppellire il “Missile di guerra”, in Italia a Berlusconi venne vietato il controllo delle reti televisive perché già in possesso di una quota di stampa periodica, mentre a Bratislava sfilarono migliaia di persone nella protesta delle candele per la libertà di culto.

Erano gli anni in cui il neoliberismo, che faceva capo alla coppia Tatcher-Reagan, dava gli ultimi segni positivi nelle statistiche economiche mondiali e tutto si reggeva sull’ottimistica proiezione del capitalismo, ridotta allo slogan implicito ce n’è per tutti.

 

LA VICENDA

I Talk Talk in quell’anno erano alle prese con delle fastidiose beghe burocratiche intavolate dalla loro etichetta, la EMI, perché, sebbene avesse concesso al gruppo carta bianca per l’album (e un cospicuo budget) non era disposta a rilasciare un album come Spirit Of Eden. Le motivazioni si ridussero presto a una: l’album non aveva praticamente nessuna hit tale da scalare le classifiche e permettere alla casa discografica di battere cassa.

Mark Hollins, frontman della band e fondatore di questa nel 1981, però, non era disposto a demordere e cercò di far valere la sua arte; ma in conclusione i Talk Talk dopo un processo che sancì la fine dei loro rapporti con la EMI, dovettero trascolare negli studios della Parlophone (per intenderci la stessa casa discografica che produsse gli album dei Beatles fino al 1967). Una vittoria a metà.

L’album era già stato inciso nel giro di un anno e la Parlophone dovette semplicemente dare il beneplacito per la pubblicazione. Il 16 settembre di quell’anno l’album compare dei negozi di dischi, ma come prevedevano i dirigenti della EMI, Spirit Of Eden per la mancanza di brani scala-classifiche,non ottenne un significativo successo e ben presto cadde nel dimenticatoio. E pensare che i Talk Talk erano quelli di Such a Shame e It’s My Life.

L’ALBUM

Spirit Of Eden è un album che meritava, allora come oggi, un ascolto integrale per il semplice fatto che è un album paradossalmente infernale, a dispetto del nome. Non tanto nei suoni, calibrati e raffinati all’estremo, grazie anche all’uso di strumenti della tradizione classica come oboe e clarinetto, quanto nelle evocazioni che i testi insieme alla musica creano: le liriche di Mike Hollins galleggiano sulle acque dell’introspezione e a volte si chiudono, come un bivalve, nell’ermetismo più coriaceo.

Le suggestioni musicali inevitabilmente sono ai limiti della commozione: Spirit Of Eden è un lavoro che vuole toccare tutte le corde dell’animo umano, un album accessibile a tutti, come il biblico Eden da cui è nato tutto il creato. Dalla paranoia di The Rainbow alla spinta orgiastica di Desire, fino alla malinconia di I Believe In You. Per poi finire con la più enigmatica delle canzoni: Wealth è una croce e delizia per l’ascoltatore perché se da un lato il testo lascia presagire ai sentimenti di speranza (Let my freedom up/Take my freedom up for giving me/A sacred love) la laconica e quasi spettrale melodia suscita al contrario un forte senso di disagio; sembra di essere capitati maldestramente tra le pagine di un intimo diario segreto (e i segreti che vengono scoperti diventano così un anatema).

Spirit Of Eden è la definitiva affermazione del “cambio di rotta” che i Talk Talk avevano lasciato presagire in The Colour Of Spring (1986): l’inizio di una ricerca spaziale dei suoni,  scandagliati in tutte le loro estensioni e in tutte le loro tonalità, le improvvisazioni in pieno stile jazz e l’uso dei singoli strumenti in senso figurativo, destinati cioè a suscitare immagini nella mente dell’ascoltatore. Ma Spirit Of Eden si colloca sul gradino più alto dell’intera produzione dei Talk Talk a causa della sua estrema e armonica capziosità.

La critica del tempo salutò il progetto con estremo favore, ma il successo commerciale sfortunatamente non arrise al gruppo che aveva investito non poco nel progetto. Resta il fatto però che Spirit Of Eden è un album da cui si è mosso gran parte del post-rock (in senso ampio, un genere musicale che utilizza una strumentazione rock (chitarra elettrica, basso, batteria) in modo non conforme alla tradizione del rock stesso, attingendo più da altre tradizioni della musica d’avanguardia quali soprattutto jazz, musica elettronica, krautrock o simili.) anni 90 (e sotto questa dicitura rientrano anche i Radiohead sperimentali e i beneamati Sigur Rós).

 

Salmo 101:7-9 : «Sono simile al pellicano del deserto | sono come un gufo tra le rovine | Veglio e gemo come uccello solitario sopra un tetto».

 

Leonardo G. Stenta

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