Fuori dalla comfort zone: Erasmus e altri rimedi all’indecisione. O forse no?

Sarà la Pasqua appena passata, sarà l’aria che piano piano sa sempre più d’estate, sarà la mia incapacità di parlare di cose troppo serie ma tengo a scrivere queste poche righe. Però, dato che devo redigere un articolo di una certa lunghezza o Mariana si arrabbia, faccio un piccolo preambolo.

Prima di intraprendere questo progetto con uRadio avevo ripromesso a me stessa che mi sarei tenuta il più possibile, almeno all’inizio, sull’impersonale. Avere persone sopra di te che decidono se qualcosa sia pubblicabile o meno è un concetto totalmente diverso dal gestire una pagina Facebook o un blog online dove rovesciarci dentro cose praticamente senza vincoli, se non quelle che la morale (e la legge) impone. Dato che questo progetto riesce a raggiungere più persone di quelle che mi consentirebbero i mezzi a mia disposizione, ho deciso di tentare e se mi state leggendo vuol dire che qualcuno dai piani alti (grazie Valentina e Mariana!) ha pensato bene che alla fine questo pezzo valesse qualcosa.

Prendere una decisione non è mai facile. Qualsiasi decisione, dal pollo fritto al pollo al curry, passando dallo Spritz al Negroni per giungere dal dire al non dire, dal partire al restare, dal messicano al giapponese, implica la perdita di un qualcosa.

Come scegliere? Come decidere sapendo che ci piacerebbero entrambe le possibilità, ma che non possiamo averle (“non si mischia” semi cit.)?

L’unica risposta che sono riuscita a darmi, figlia dei miei vent’anni, è di imparare a conoscere se stessi. E come ci conosciamo? Uscendo dalla nostra zona di comfort. Questa cosa qui, però, porta con sé non poco peso. L’ansia può fare brutti scherzi. Può nascondere opportunità, diversità e novità e trasformarle in paura o disagio.

Quanti di noi hanno “il solito” drink, “il solito” posto e “la solita” gente?

Cos’è la comfort zone? Se per comfort intendiamo ciò che dà forza, soccorso ecco che la zona di comfort non è altro che l’insieme di tutte quelle situazioni che ci fanno stare bene. Difficilmente si tende ad allontanarsi dal piacevole; tendiamo ad adagiarci in quelle situazioni che ci tengono al sicuro.

Però in realtà tutto ciò va a concretizzarsi come un limite. Nel recinto della tranquillità non c’è spazio per le emozioni forti, per gli avvenimenti inattesi, per le sorprese. Non c’è spazio per l’adrenalina, per il brivido e per tutte quelle cose che ci fanno sentire vivi.

Nel cuore del momento decisionale, quando siete a un passo dal lasciare tutto com’è, ascoltatevi. Farà la differenza. Sedetevi, calmatevi, respirate e (sempre che non siate al bar con la coda dietro di voi; in quel caso muovetevi, dannazione, desidero la mia birra) imparate a prestare attenzione a voi stessi.

Magari voi che state leggendo questo piccolo articolo starete pensando “ma che vuole questa? Io sono felice e contento così come sto”. Chi vi dice, però, che non possiate esserlo di più?

Giulia Nicolini

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