Climate action: agire per il clima è ancora possibile


We don’t take this planet for granted


Mai dare per scontata la natura: è questo il messaggio che ci lanciava qualche anno fa la voce di Leonardo di Caprio nel documentario del National Geographic “Before the flood”. Siamo arrivati ad un punto cruciale della lotta per la sopravvivenza su questo pianeta. Ma siamo davvero ad un punto di non ritorno?

Sostenibilità significa anche clima, dunque l’obiettivo numero 13 delle Nazioni Unite non è da prendere sottogamba. Ne abbiamo discusso con il professor Gianmaria Sannino, climatologo e direttore del laboratorio di modellistica climatica dell’Enea, agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile.

Agire per il clima: quanto pesa l’uomo sul pianeta?

L‘impronta umana è incontroversibile. La Terra dal canto suo è in continua evoluzione e nel corso della sua storia ha vissuto fasi di glaciazione e deglaciazione che si ricorrevano all’incirca ogni 800.000 anni.

Allo stesso modo, nell’arco dei millenni sono sempre state presenti alterazioni di Co2 nell’atmosfera in risposta appunto della quantità di radiazione solare. Ossia, il nostro pianeta emette più o meno anidride carbonica proprio in base al proprio asse e alla distanza dal sole.

Dall’ultima glaciazione, in intervalli di tempo inimmaginabili per l’uomo, si sono constatate variazioni di circa 180-220 parti per milione. Fino ad arrivare all’antropocene: l’era geologica contrassegnata dall’apparizione dell’uomo sul pianeta.

Dalla seconda metà dell’ottocento nel fermento della rivoluzione industriale sono comparsi i primi dati relativi ai mutamenti del clima. Considerando come data simbolica il 1860 in poco più di 150 anni di storia nell’atmosfera l’alterazione di Co2 è passata spaventosamente ad oltre 400 parti per milione. Si tratta di un dato sconcertante destinato ad incrementarsi.

Considerando dunque l’ascesa vertiginosa della quantità di gas nell’atmosfera terrestre, la componente astronomica risulta pressoché nulla. Nuovi picchi di emissioni si registrano di anno in anno. Sannino stima che questi aumenti derivino per un 43% dai metodi di produzione energetica e dalle conseguenti emissioni, per un 19% dai trasporti e per una più ridotta percentuale dal tipo di prodotti alimentari che consumiamo regolarmente.

Scetticismo: ignoranza cieca o questione di interessi?

“Certi proclami gettano ombre su determinate scelte internazionali.”

Queste le parole del professor Sannino che individua come principali responsabili del cambiamento climatico stati sovrappopolati come Cina o India. I grandi assenti dall’accordo di Parigi del 2015 sono però gli Stati Uniti. Lo stato di Donald Trump infatti ha abbandonato gli obbiettivi precedentemente intrapresi nell’era Obama.

L’evidente scetticismo della Casa Bianca non poteva passare inosservato. Oltre a suscitare ferventi critiche da gran parte della comunità scientifica ha attirato le ire di alcune importanti ONG. Una di queste, la finlandese Melting Ice, ha proposto un’opera di sensibilizzazione diretta nientemeno che al presidente. Il progetto provocativo si chiama “ProjectTrumpmore” e vedrebbe “il faccione presidenziale” scolpito nei ghiacci artici.

Questo pseudo-monte Rushmore sarebbe destinato a sciogliersi in breve tempo vista la situazione drammatica che l’ecosistema artico sta vivendo in conseguenza al surriscaldamento. Quale miglior prova dunque se non vedere il proprio volto sciogliersi inesorabilmente al Polo Nord proprio per colpa del tanto criticato clima?

Come fare parte di questa azione?

La domanda è sempre quella: “come agire?” Sannino ribadisce i concetti chiave e focalizza la sua strategia sull’energia rinnovabile. La stessa Commissione Europea sta puntando forte sulle energie cosiddette pulite. Il piano da seguire è il SET -Strategy Energetic Technology Plan- che promuove sforzi di ricerca e innovazione verso tecnologie a impatto 0 e un sistema energetico “Carbon Free“.

Cambiando il modo di produrre energia si possono creare nuovi posti di lavoro ma questo non sarà sufficiente. Le proporzioni del cambiamento in atto sono a dir poco insormontabili senza uno sforzo collettivo. Un semplice studente può fare tanto, semplicemente sfruttando i mezzi pubblici o camminando per raggiungere l’università: eppure spesso si prende tutto ciò troppo alla leggera. Parlarne dunque deve essere la base da cui ripartire.

“Climate change is the single greatest threat to a sustainable future but, at the same time, addressing the climate challenge presents a golden opportunity to promote prosperity, security and a brighter future for all.”

Ban Ki-Moon
Secretary General, United Nations

Ecco dove vedere il documentario del National Geographic “Before The Flood”


Matteo Bartolani.

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