Vivere, lo sanno tutti, è complicatissimo.
La vita universitaria rappresenta un’ulteriore sfida: spazi condivisi, nuove conoscenze, un futuro in costruzione, la voglia di giocarsi al meglio le proprie carte. Non possiamo sottrarci a queste prove, però possiamo cercare di rendere questi anni più sereni e sopportabili per noi e per chi ci circonda. Nasce così l’esigenza di un bon ton: la grazia del saper vivere e la leggerezza dell’esistere non sono risultati irraggiungibili.
La ricerca degli strumenti per raccontarci nel modo migliore agli altri passa attraverso piccoli suggerimenti. Una serie di accorgimenti – non il rigido galateo! – ci possono trasformare da persone viste una volta a incontri indimenticati in un batter d’occhio. Il tutto, chiaramente, non smarrendo la propria personalità ma guadagnandoci in fascino.
Perché un bon ton per universitari non sia mai stato scritto, resta per me un mistero. Sono gli anni in cui ci si rapporta per davvero ad un mondo adulto: si parla tanto di contatti, ma mi sembra difficile stringerli se ci si comporta da orsi bruni, o no?
Intraprendiamo allora insieme un viaggio nella grazia del porgersi verso gli altri: ogni settimana, vedremo come comportarsi in relazione a una serie di situazioni. Per cominciare, ecco qualche suggerimento generale:
Cose da non fare mai:
- Dire “piacere” quando ci si presenta. Non si può ancora sapere se lo sarà davvero: “ciao“, “buongiorno” o “buonasera” tendendo la mano andranno benissimo;
- Adoperare ogni genere di tabacco senza chiedere “posso?“. Non solo è fastidioso ma esistono anche delle leggi in proposito;
- Scrivere messaggi chilometrici o mandare vocali interminabili. Vuoi comunicarmi qualcosa di lungo? Chiamami o invitami per un caffè. Si scrivano romanzi e si registrino messaggi lunghi quanto la Veglia pasquale solo ad amici (consenzienti) che risponderanno con altrettanta prolissità;
- Essere permalosi. Viviamo in un mondo poco educato: sicuri di volere passare lustri con il broncio? Il bon ton evita anche salate parcelle di costosi strizzacervelli;
- Vantarsi dei propri risultati accademici o – peggio! – fingersi modesti;
- Dire “non so nulla!” prima di un esame. A meno che non vogliate essere oggetto di macumbe (nel migliore dei casi) quando uscirete dall’aula con un 30 in mano e un sorrisetto compiaciuto sulle labbra;
- Sarebbe consigliabile guardarsi dal dire anche “cincìn” e “buon appetito“. In ogni caso, è vietatissimo guardare come se fosse uno zoticone chi dice “piacere“, “cincìn” e “buon appetito“.
Cose da fare ogni tanto:
- Se in coda alla cassa, far passare davanti a voi la signora che vi sta alle spalle e sorregge pesanti buste. Non sarete dimenticati;
- Indignarsi. Non possiamo accettare tutto quello che ci passa sotto il naso solo perché “siamo nel 2017“. Arriveranno anche il 2018 e il 2019 e nel frattempo il nostro spirito critico avrà fatto la fine che potrebbero fare gli USA (o la Corea del nord): polverizzato per qualche assurdo motivo;
- Guardare la TV: se siete fissati con il cinema muto uzbeko, non fate gli snob. Almeno avrete qualche argomento di conversazione con chi al massimo s’è spinto a “Mangia, Prega, Ama“;
- Passare gli appunti. A volte costa quasi più fatica che prenderli a lezione, ma è un gesto gratuito e cortese che, nel peggiore dei casi, vi sarà ricambiato. Nel migliore, avrete guadagnato una nuova amicizia;
- Evitare i termini stranieri. Ogni tanto ci scappano, ogni tanto sono proprio inevitabili: facciamoci attenzione. Fanno tanto carrierista all’arrembaggio;
- Evitare anche i termini alla moda: tra qualche anno ci chiederemo il perché di ‘adoroh’, ‘ciaone‘, ‘escile’, ‘manchi’ e via discorrendo. Temo non troveremo una risposta;
- Incontrate per strada una conoscenza? Inserite a un certo punto della conversazione il vostro nome: il vostro interlocutore ve ne sarà grato e – magari – vi dirà il suo. Così sarà possibile smettere di scervellarsi e di chiamarlo/a caro/a.
Cose da fare sempre:
- Sorridere. Illuminerà la vostra giornata e quella di chi avrà notato la vostra attitudine positiva verso il mondo. Non serve dirlo ma è necessario che i denti siano puliti;
- Dire “grazie“, “per favore“, “prego“, “anche a lei“. Tra l’altro, molti hanno ancora in funzione il sensore che permette di non dimenticare i visi di chi usa queste belle espressioni, ma soprattutto quelli di chi non li usa;
- Sempre, sempre, sempre, utilizzare il bon ton: l’arte di destreggiarsi nella vita di tutti i giorni con leggerezza, senza sembrare incivili tirati a lustro.