#unibonton: agile guida ai sentimenti e allo studio

Sentimenti.

Fateci caso: in pochi vi chiederanno cosa pensate. Al massimo la domanda sarà «come ti senti?», perché viviamo in un periodo in cui, mi sembra, la banalità esasperata del sentimentalismo vince su tutto.

Depressione, odio, amore, ansia: sono tutte categorie diventate troppo ‘pop’ perché abbiano ancora un senso. Cercate di esprimere quello che provate senza inutili esagerazioni. «Ho l’ansia» detto piagnucolando non vuol dire più assolutamente nulla.

Non fatevi condizionare dalle emozioni di pancia e cercate di ragionare con il vostro cervello: l’istintualità porta a poco. Saper controllare se stessi e le proprie emozioni – rimanendo lucidi nel rapporto con gli altri – è una delle chiavi per poter vivere con una ponderata leggerezza.

Potrebbero dirvi che, controllando i vostri sentimenti, non sarete persone limpide. Non è vero: è ora di imparare anche l’educazione dei sentimenti e ai sentimenti.


Studiare.

Dopotutto, siamo tutti qui per questo.

Come, se, dove, perché, con chi: sono tutte domande cui ciascuno dà una propria risposta, ma con un grande punto fermo. In qualsiasi caso, lo si faccia senza disturbare il prossimo e, soprattutto, senza la fastidiosa convinzione di essere gli unici a farlo.

Dietro a ogni studente c’è una famiglia, un investimento economico, spesso una casa distante. Vietatissimo pensare che esistano facoltà a basso tasso di difficoltà fatte per celebrolesi e facoltà di serie A per genietti. Specialmente se ci si considera di diritto parte della seconda categoria.

Studiare è un lavoro: nessuno si vanta di stare in ufficio ore e ore e solo un cafone si vanterebbe di passare la vita alla macchinetta del caffè e ricevere comunque la paga.


Mattia Barana.

 

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