“Una giornata particolare”: ai Rinnovati la trasposizione del film di Ettore Scola

Quando lo spettatore si accomoda in sala per assistere alla trasposizione teatrale di un film iconico come “Una giornata particolare”, di Ettore Scola, ha negli occhi l’intensità interpretativa di Marcello Mastroianni e di Sofia Loren, la progressiva dilatazione spaziale dall’angusta cucina della protagonista verso i tetti romani con le lenzuola al vento, e i baci silenziosi, lontani dal brusio della parata in occasione della visita di stato di Hitler e dall’invadenza degli slogan fascisti alla radio.

Mettere in scena “Una giornata particolare” è quindi una scelta azzardata, e lo sanno bene Giulio Scarpati e Valeria Solarino, che interpretano rispettivamente Gabriele, ex radiocronista dell’Eiar licenziato per le sue tendenze omosessuali, e Antonietta, madre di sei figli asservita al modello maschilista della famiglia fascista.

È il 6 maggio 1938, giorno dell’arrivo del Fuhrer a Roma. I figli e il marito di Antonietta, fervente fascista, si preparano per assistere all’evento trionfale, lasciando la donna sola con le faccende di casa. Gabriele, anche lui solo nel suo appartamento, sfiora l’idea del suicidio, finché i reciproci isolamenti vengono frantumati da un episodio fortuito, la fuga dell’uccellino di Antonietta sulla finestra di Gabriele. E così, in questa giornata particolare, Antonietta e Gabriele, due persone dal vissuto molto diverso, si ritrovano invece a condividere la stessa sensibilità, emancipandosi per un attimo dalla marginalità sociale in cui il fascismo li ha confinati.

La celebre scena delle lenzuola dal film originale con Mastroianni e Loren

Nell’analizzare lo spettacolo andato in scena ieri sera, e che sarà ancora presente in replica al Teatro dei Rinnovati fino a domani, venerdì 27 gennaio, non è chiaro se occorra cercare di distaccarsi completamente dal film e riflettere sulla resa teatrale come prodotto creativo autonomo, oppure se sia lecito avanzare un confronto.

In entrambi i casi, non è possibile affermare che le performance dei due attori siano particolarmente incisive. Antonietta, che nell’interpretazione della Loren nel film è certamente una moglie-serva, mantiene, però, una dignità e una compostezza che sono difficilmente individuabili nel vernacolo siciliano marcato di Valeria Solarino e nelle movenze scomposte che sembrano ridurre la protagonista a macchietta stereotipata. Allo stesso modo Giulio Scarpati appare monotòno: quando dovrebbe ridere, la risata emotivamente non si sente; quando parla a telefono con l’amico omosessuale in esilio, dal quale è stato diviso, si percepisce l’assenza fisica e mentale dell’interlocutore; anche i momenti più alti del testo, la rumba, lo sfogo fra le lenzuola stese e poi il dischiudersi delle due solitudini dei protagonisti nella scena d’amore finale, rimangono impigliati in una sorta di rigida plasticità.

La scenografia, interessante per il suo sviluppo sia verticale che orizzontale su piani sovrapposti, vuole rendere gli spazi del film, ma cede nella famosa scesa delle lenzuola, in cui non si può respirare l’apertura voluta da Scola, poiché circoscritta a una porzione sopraelevata e ridotta dell’impianto scenografico.

Non è comunque un’occasione mancata, ma lo spettacolo va inteso come omaggio al famoso film e come possibilità, anche per un pubblico più giovane, di avvicinamento al cinema d’autore italiano e di riflessione sulla nostra storia e, in generale, sull’annientamento della dignità umana operata dai regimi dittatoriali in ogni epoca. Anche la nostra.

Valentina Carbonara

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