The Last of Us – La Forza di Sopravvivere

Dopo due settimane di interruzione ed esami infiniti, la rubrica videogiochi torna più forte che mai: nelle prossime settimane ci saranno numerose novità, sia dal punto di vista delle tematiche che delle recensioni. Altre penne si sono unite alla causa del mondo virtuale e, con la chiusura della breve parentesi sulla Blizzard, si apre ora un nuovo panorama, molto più oscuro e pericoloso, che è quello dell’Horror.

Horror inteso nel suo senso più ampio e nei suoi vari sottogeneri, dai giochi più vecchi a quelli più recenti, in un breve capitolo sui titoli che hanno fatto la storia di questo campo tanto amato. Molti sono, infatti, gli appassionati dei survival, delle storie del terrore, degli attimi di tensione che separano un jumpscare da un altro – rendere tutto questo vivo e profondo è quasi facile per un film o per una serie tv, ma i videogiochi sono altrettanto bravi a trasmettere emozioni, a comunicare più di uno spavento, a regalare una storia? La mia risposta è certamente sì e la mia prova è “The Last of Us”.

Parlare di “The Last of Us” non è uno dei compiti più facili. Siamo di fronte a uno di quei titoli che hanno da comunicare al player molto più di quanto il semplice gameplay possa far pensare. “The Last of Us” non è il classico gioco post-apocalittico e non è nemmeno il tanto conosciuto sparatutto; non è semplicemente un gioco di zombie e di epidemie, ma è principalmente una storia d’amore. Il sentimento più puro e nobile di tutti, che cresce all’interno di un’ambientazione depravata, dove gli esseri umani non contaminati vivono in condizioni di costante competizione tra di loro, dove la natura umana si sviluppa in tutte le sue oscure sfumature. E’ un sentimento che nasce nel lento rapporto di vicinanza tra Joel ed Ellie, i due protagonisti del videogioco, che finisce per legarli come padre e figlia.

Joel, anni dopo la diffusione di un fungo che trasforma le persone, mutandole nel corpo e corrodendone la mente, si ritrova a lavorare come contrabbandiere nelle zone di quarantena. E’ possibile, durante le fasi iniziali del gioco, assistere a breve scene sullo sfondo, che spiegano come la vita sia dura tra le mura della città. La vita è costantemente regolata dalla razionalizzazione del cibo, dal terrore vivo e ancora presente, dalla paura che anche una piccola macchia sulla pelle possa essere l’inizio della mutazione, dal nervosismo a fior di pelle. E’ la vita di chi è sopravvissuto, la vita di chi ha visto i propri cari mutare di fronte ai propri occhi e che ha dovuto uccidere per continuare a respirare l’aria di morte che avvolge la città. E’ la vita che Joel ha dovuto intraprendere, dopo la morta di sua figlia Sarah, uccisa per sbaglio da un soldato proprio tra le sue braccia. Joel è un uomo che ha dovuto affrontare di tutto, un uomo che traffica qualunque merce, spostandosi dalla zona di quarantena alle zone più impervie delle campagne: abituato ad uccidere ed usare qualunque arma, lui non fa mai domande sulle proprie commissioni e disprezza l’umanità per ciò che ha visto provenire da essa. Ellie stessa, una ragazzina di quattordici anni, sarà l’oggetto di una missione come tante – suo il compito di portarla, sana e salva, alle Luci, un gruppo dissidente che da anni cerca di liberare i sopravvissuti dallo schiavismo quasi terroristico sollevato dall’esercito.


In “The Last of us”, dunque, l’intera trama si sviluppa all’interno di questa missione: portare Ellie sana e salva alle Luci. Ma perché? Successivamente si scoprirà che Ellie era stata morsa sul braccio da uno degli infetti, senza tuttavia presentare alcun segno della mutazione e rimanendo, per anni, in perfetta salute. Un caso più unico che raro, motivo per il quale le Luci hanno bisogno di lei: si apre così lo spiraglio di luce che potrebbe salvare l’intera umanità dalla morte, dalla depravazione e dal dolore, come la tenua luce di una candela all’interno di una stanza troppo buia.

Man mano che il gioco prosegue però, tra momenti stealth in cui bisogna evitare gli infetti o l’esercito senza farsi scoprire e momenti di vera e propria battaglia, il rapporto dapprima difficile tra Joel ed Ellie cambia. Il primo, infatti, forgiato dalla morte della figlia (che avrebbe avuto la stessa età di Ellie) e dalla vita spericolata e senza morale che ha vissuto, non vuole minimamente aprirsi nè al dialogo nè a una qualche forma di affetto nei confronti della sua nuova compagna di viaggio. Ellie, d’altra parte, ha visto morire tutti coloro che amava ed è stata abbandonata anche dai sopravvissuti. Ma non è solo il loro rapporto a cambiare, lentamente, sotto gli occhi del giocatore (con continui dialoghi che cercano di dare l’illusione di avere una vita normale, con riferimenti a volte infantili di Ellie e a volte troppo drastici di Joel), quanto il rapporto che il player stesso ha con Ellie. Ellie è molto più matura rispetto ai suoi 14 anni di vita, nonostante faccia spesso emergere il lato ancora innocente e infantile, sorprendentemente non deturpato dalle immagini a cui ha dovuto assistere nei suoi pochi anni di vita. La sua infantile ingenuità, mescolata all’eccessiva maturità e ornata da situazioni di costante avvicinamento a Joel come figura quasi paterna, permette al giocatore di sperimentare sentimenti ed emozioni talmente forti da non riuscire a lasciarli andare. Tutto questo viene splendidamente trasmesso attraverso i filmati, i personaggi secondari che si incontrano lungo il cammino, che spesso muoiono lasciando una sensazione di vuoto nel cuore.

É la perfetta narrazione della natura umana. Il gioco, infatti, ne analizza spesso i lati negativi (lottare uno contro l’altro per una bottiglia d’acqua, uccidersi a vicenda per la paura, distruggere tutto per l’egoismo) ma vi è anche del positivo: vi sono uomini che nel corso del gioco ti aiuteranno per puro desiderio di fare del bene in mezzo a tanto male e vi è, ovviamente, la progressiva apertura di Joel nei confronti di Ellie. Il giocatore si troverà ad assistere al progressivo cambiamento di ruoli: all’inizio Joel è quello negativo, antipatico, spesso definito privo di sentimenti per il suo semplice timore di affezionarsi ad una ragazzina che potrebbe non rivedere più o, ancor peggio, morire; alla fine del gioco, invece, Joel diventa quello maggiormente affettuoso, sarà lui a decidere infatti le sorti dell’umanità riguardo la propria missione di accompagnare Ellie alle Luci. Una Ellie profondamente mutata, trovatasi a sbattere la faccia contro una realtà semplicemente troppo crudele: la malvagità di uno degli antagonisti del gioco la porterà a sperimentare il terrore del tentativo di stupro e l’ira cieca del desiderio di combattere. Ed è straziante per qualunque player, per quanto forte egli sia, trovarsi a crescere assieme a Joel ed Ellie, quasi vedendo quest’ultima come una propria figlia o sorella minore e dover assistere alla sua disperazione e al suo dolore.


Sono elementi così profondi e pesanti che difficilmente sono individuabili in altri videogiochi. É, invece, più comune trovarli in film o serie tv, ma l’approccio, come dico sempre, è diverso. Sei tu a muovere Joel, a tratti sei sempre tu a muovere Ellie e questo significa entrare letteralmente nella meravigliosa narrazione di “The Last of Us“, significa comprenderne i meccanismi, immedesimarsi, provare emozioni. Non è mia intenzione qui spoilerare il finale di questo capolavoro della Playstation, anche perchè sarebbero necessarie pagine intere per discuterne lo sviluppo e lo sfondo psicologico delle scelte attuate; come avrete già notato essendo ormai alla conclusione, il mio non era nemmeno un tentativo di descrivere le meccaniche di questo gioco. Il mio era un riassunto, un tentativo di raccontare la potenza espressiva di questo videogioco e la forza della sua narrazione, la qualità dei dialoghi e dei filmati, delle storie che si alternano intorno alla tua. Una vera e propria perla all’interno del panorama dei videogames, che consiglio a chiunque, anche a chi, come me, non ama particolarmente il genere Horror e ne ha la giusta paura. Lo consiglio perchè qui l’Horror è soltanto uno sfondo, gli zombie e gli infetti sono solo la cornice di qualcosa di più grande, che va anche oltre la storia profonda di Ellie e Joel: la storia del genere umano, delle sue contraddizioni, delle sue qualità e dei suoi difetti.

E qui si conclude il mio articolo su “The Last of Us” e si apre la parentesi dei videogiochi Horror!

Restate sintonizzati: la prossima settimana si aprirà con un nuovo articolo, scritto dalla new entry Alessandro, che vi accompagnerà in un’ambientazione ancora più dark e pericolosa! Avrete il coraggio di seguirci?

Adria J. Necula

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