Sogni ad occhi aperti con Čajkovskij e il suo Concerto per violino

Ben ritrovati ad un nuovo appuntamento con Quattroequaranta! Questa settimana la nostra nave attraccherà in mezzo al ghiaccio della Neva e andremo a salutare il compositore russo più conosciuto nella storia del mondo: Pëtr Il’ič Čajkovskij (Kamsko-Votkinsk, 1840 – San Pietroburgo, 1893).

Compositore geniale e prolifico, ha fatto parlare molto di sé non solo per la sua musica, ma anche per il suo orientamento sessuale: era infatti omosessuale. Non è chiaro se questa cosa lo tormentasse o lo rendesse orgoglioso; sta di fatto che l’indifferenza e la stigmatizzazione della società lo segnarono profondamente e ciò si ripercosse anche sulla sua musica. Potete immaginare, no, quanto sia complicato essere omosessuale in una società chiusa e bigotta come quella della Russia ottocentesca.

Pëtr Il’ič Čajkovskij

Ma non parleremo di questo argomento (anche se meriterebbe un ciclo di incontri a parte). E non parleremo delle sue opere più note (Il lago dei cigni o Lo schiaccianoci, per intenderci), ma del suo unico concerto per violino, il Concerto in re maggiore op. 35. Composto sulla scia di uno dei suoi periodi più fecondi, il Concerto ha da subito suscitato aspre critiche. Un critico tedesco lo ha addirittura definito “musica puzzolente”. Una critica curiosa, non trovate? Viene da chiedersi l’origine di tutto questo astio: la musica di Čajkovskij rompeva completamente con la tradizione classica, tanto cara al pubblico russo e soprattutto germanico. Praticamente se ne fregava di qualsiasi modello autorevole e inventava sempre nuove forme espressive. Questo Concerto, tra l’altro, presenta infinite difficoltà tecniche incontrate raramente nelle partiture che hanno scoraggiato decine di violinisti contemporanei. Adesso è diventato quasi un pezzo base del repertorio di un violinista che si rispetti. Piccola nota autobiografica: questo è stato il primo concerto che ho sentito dal vivo, quello che mi ha fatto innamorare della musica classica. Spero che sortisca lo stesso effetto anche a voi; ascoltatelo qui o qui.

Il Concerto si divide in tre movimenti: Allegro moderato – Moderato assai, Canzonetta. Andante e Finale. Allegro vivacissimo. Mettiamolo subito in un contesto più preciso, in modo da comprendere immediatamente il senso di questo brano: il matrimonio di Čajkovskij, che aveva contratto per far contenta la famiglia e mettere a tacere i pettegolezzi sulla sua omosessualità, era brutalmente naufragato dopo solo due mesi e mezzo; Čajkovskij inoltre compose questo concerto sull’onda dei sentimenti che provava per un giovane violinista, Josif Kotek, che lo aiutò nella stesura, ma che si rifiutò di suonarlo. Pensate se riusciste a comporre qualcosa per qualcuno che amate e questi non vuole suonarlo. Terribile.

La prima pagina della partitura orchestrale

Dopo una piccola introduzione il violino solista entra, nel primo movimento, con una breve cadenza, per poi esporre il tema. L’atmosfera che si viene a creare è distesa, sognante, quasi frivola. Quella del violino non è una semplice melodia, è un canto quasi operistico. Viene voglia di lasciarsi andare verso sogni ad occhi aperti completamente irrealizzabili. Nella nostra testa si formano immagini inverosimili che corrispondono alla nostra più grande aspirazione, e ci beiamo di loro, desiderando di non tornare mai più sulla terra. Il rischio di smarrirsi in questo vortice è accentuato dalle complicate evoluzioni del violino, che dà il meglio di sé nella cadenza centrale. Il sogno riacquista forza per poi esplodere insieme all’orchestra nel travolgente finale.

Ben diversa è l’atmosfera creata dalla Canzonetta: qui il sogno fa spazio alla riflessione. Il violino solista si incunea in un’atmosfera cupa e intimistica, creata da un’orchestra tersa e sognante, e intona un lamento rassegnato ripreso più volte dal flauto. In fondo non possiamo raggiungere ciò che abbiamo sognato; capito ciò, è il momento di tornare coi piedi per terra e affrontare la dura realtà. Per Čajkovskij probabilmente significava comprendere che non avrebbe mai avuto l’approvazione della società, oppure che doveva imparare a non ascoltare quello che gli altri avevano da dire. Secondo voi quale delle due?

Nel terzo movimento siamo catapultati in una festa di zingari. Preparate le gambe e il fegato, perché si berrà e si ballerà molto! In mezzo ad un caotico gruppo di tende e baracche, gli zingari felici ci travolgono con tutto il loro brio. Il violino solista, suonato da un vecchio scanzonato con un dente solo, che ammicca ad ogni bella fanciulla e tira le pacche sulle spalle ai giovanotti, esegue corse funamboliche per tutto il suo registro, senza lasciare un attimo di pausa alle coppie di ballerini. Questa è la vera allegria, questa la vera vitalità, che così come è nata si spegne tra fragorose risate, mentre la luna ci sorride in tutta la sua bellezza.

Se riuscite a recuperare da questa folle notte zingaresca ci rivediamo la prossima settimana, altrimenti… buon riposo!

Federica Pisacane

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *