Quella volta su dieci

How are you? How was your day? Is everything fine? Are you ok?

Quanto semplicemente e difficilmente sinceramente si può rispondere a queste domande? Quante volte al giorno me le sento ripetere e sono io stessa a porle? Ho provato a contarle, in media le volte sono cinque, tenendo però in considerazione i lunghi pomeriggi che passo in biblioteca, isolata dal mondo intero, senza spiccicare parola, e le mattine in cui nei cinque minuti prima della lezione chiacchiero freneticamente con chiunque mi si sieda accanto, ci sono giorni in cui le volte arrivano anche a dieci.

I volti e le voci sono i più svariati, ma di certo non può dirsi lo stesso della mia espressione e del mio tono: sempre gli stessi, nessuno sforzo, nessuna voglia di sincerità, nessuna pretesa di essere presa sul serio e ascoltata. Accade anche in Italia, lo so, ma quando mi trovo a dover usare una lingua diversa dalla mia sembra ancora tutto più finto e costruito, e quella quotidiana formula di cortesia assume le fattezze di una artificiosa battuta teatrale, recitata per di più da una pessima attrice.

Così, per quanto sia più facile e immediato recitare, almeno una di quelle dieci volte vorrei smettere di pensare e parlare, parlare, parlare, e riuscire a farlo in un’altra lingua, dando nuova espressione ai miei pensieri, sperimentando un nuovo punto di vista – perché se parli in inglese devi anche pensare in inglese e se non sai parlare bene l’inglese devi dare un taglio a tutte quelle frasi complicate che normalmente farebbero da cornice al discorso e arrivare brutalmente al sodo, su cui invece nella maggior parte dei casi soprassiedi. È uno dei miei propositi giornalieri, che puntualmente non rispetto.

Ma quella volta è stato diverso, tu sei tornata a casa con quel sorriso che sembra ti abbiano cucito sulle labbra, mi hai guardata e non ho potuto mentirti, ti ho travolto con frasi spezzate e a tratti deliranti e non hai nemmeno per una volta abbozzato una risata, hai semplicemente ascoltato, non pensando nemmeno a correggere i mei errori come fai di solito, prendendo distrattamente due tazze dalla dispensa e mettendo dell’acqua a bollire. La pozione della felicità. L’abbiamo bevuta in silenzio.

Ora mi è tutto chiaro: per essere in grado di parlare devi avere di fronte gli occhi adatti ad ascoltarti, tipo quelli della tua pazza, teneramente buffa housemate.
Thank you, S.

Dolce del giorno: ricordo di un miscuglio di cioccolata, latte e caffè in polvere in un pomeriggio piovoso (ho provato a rifarlo il giorno dopo, non ha sortito lo stesso effetto)

On air: All my day, Alexi Murdoch (c’è di mezzo Babi anche questa volta)

 

Giulia Mele

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