I nostri Sustainable Development Goals proseguono: nessuno ne è escluso e ciascuno di noi è importante! Per portare il mondo sulla strada della sostenibilità serve il contributo di tutti.
Giampiero Cai, professore associato di Botanica e ricercatore all’università di Siena, ci ha spiegato come possiamo agire per migliorare le condizioni di vita sulla terra, questione al centro del #goal15.
Penso che l’uomo sappia che le piante sono importanti, ma forse non si rende conto effettivamente di quanto lo siano. Un po’ tutti sappiamo che le piante producono ossigeno e che ci forniscono il cibo. Prevale però l’idea – errata – che le piante siano eterne o indistruttibili.
Credo che la nostra ignoranza sia invece grande per quanto riguarda lo stato di salute generale del nostro pianeta. Per questo, non ci preoccupiamo degli effetti dell’inquinamento sulla nostra salute, figuriamoci sulle piante!
Desertificazione e deforestazione sono problemi globali.
Purtroppo, credo che nel nostro piccolo non possiamo fare molto se non sensibilizzare (ognuno con i propri mezzi e con le proprie capacità) l’opinione degli altri.
Da un punto di vista più tecnico, desertificazione e deforestazione sono anzitutto problemi “economici” dettati dalla necessità di materie prime. E sono aspetti collegati: le piante dipendono dal suolo ma il suolo è anche costruito dalle piante. Quindi le piante potrebbero aiutarci a combattere, per esempio, la desertificazione. Non possiamo comunque aspettarci miracoli, occorrono molti studi e tempi lunghi. Però è una strada da intraprendere.
La desertificazione è un problema rilevante: la trasformazione del suolo in un supporto scarsamente o per niente coltivabile riduce la nostra potenzialità agricola. Gli ultimi dati dicono che il 52% delle terre adibite all’agricoltura si stanno degradando.
Potremmo rimpadronirci di suoli meno coltivati, cercando di ottimizzare quelli già coltivati, facendo crescere varietà adatte localmente. Non possono esistere piante altrettanto produttive per tutti i suoli del mondo!
Più o meno! Senza dubbio è importante avere un ampio repertorio di varietà agricole, curarando maggiormente la biodiversità in agricoltura.
Non è proprio come coltivare le piante in casa, ma quasi… più simile all’orto del nonno!
Purtroppo, su 8.300 razze animali conosciute, l’8% si sono estinte e il 22% sono a rischio.
La resposabilità cade sull’uomo? Ecco, se per antropocentrismo si intende piegare le risorse naturali alle esigenze dell’uomo, allora la risposta è sì. Da quando l’uomo ha iniziato a coltivare le piante per la sua alimentazione, ha operato scelte di selezione. Ha preferito quindi le varietà più utili e ha abbandonato le altre, portandole talvolta all’estinzione.
L’agricoltura si concentra su poche varietà (quelle maggiormente produttive). In pratica, la nostra alimentazione si è spostata verso il concetto di quantità, abbandonando la qualità di ciò che mangiamo.
La qualità, in termini di molecole utili anche alla nostra salute.
Difficile fare previsioni.
Se la tendenza è quella attuale, sarà progressivamente sempre più difficile ottenere dalle piante quello che abbiamo chiesto loro fino ad adesso.
Credo che sia opportuno invertire la tendenza già da subito. Dobbiamo rivedere l’utilizzo delle specie coltivate, ridando importanza alle varietà abbandonate, rivalorizzando le agricolture locali. In ogni, infatti, territorio dovrebbero essere coltivate piante ben adattate al suolo, al clima, ai patogeni, ecc.
Quindi una agricoltura non globale ma locale, basata sulla coltivazione di piante autoctone.
Leggiamo attentamente il Goal 15 per lo Siluppo Sostenibile dell’ONU e le risposte del professor Cai. Anche se le piante non camminano sulla terra, non parlano e non usano il cellulare, non sono per questo meno importanti per il benessere e la sopravvivenza globale.
Le piante ci hanno garantito la vita sulla terra: è nostro dovere garantire loro la vita, così da proteggere il nostro pianeta.
Giulia Bonini.
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