Giuseppe Berti, nato nel 1901 a Napoli, rappresenta una figura significativa nella storia del comunismo italiano, soprattutto negli anni che precedono e seguono la scissione del Partito Socialista Italiano (PSI) e la fondazione del Partito Comunista d’Italia (PCd’I). La sua carriera politica, iniziata giovanissimo, è caratterizzata da un’ascesa rapida, dalla partecipazione alle lotte per la terra in Sicilia fino all’assunzione di ruoli di responsabilità nel neonato partito comunista. Nonostante le difficoltà incontrate nel corso degli anni, in particolare durante la dittatura fascista e nel periodo post-bellico, Berti riuscì a mantenere una posizione di rilievo nel partito e nella vita parlamentare italiana.
Nel 1918, a soli 17 anni, Berti si iscrisse alla Federazione Giovanile Socialista Italiana. Cresciuto in una famiglia borghese napoletana e iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza, rappresentava una figura piuttosto atipica all’interno del movimento socialista. Mentre la maggior parte dei militanti proveniva da ambienti operai o contadini, Berti portava con sé un bagaglio culturale e sociale differente, una caratteristica che avrebbe influenzato il suo pensiero e la sua azione politica.
Nel primo dopoguerra, si recò in Sicilia, dove poté osservare da vicino i movimenti contadini che lottavano per l’occupazione dei latifondi. Questi eventi ebbero un impatto decisivo sulla sua formazione politica e ideologica. La sua esperienza sul campo lo avvicinò alla causa rivoluzionaria, convincendolo che la rivoluzione socialista non dovesse limitarsi alle classi proletarie, ma potesse coinvolgere anche i giovani borghesi, come lui, che si identificavano con gli ideali comunisti.
Berti iniziò a scrivere articoli per alcuni giornali, cercando di elaborare una teoria che includesse anche la borghesia nella lotta rivoluzionaria. Secondo Berti, il comunismo non doveva essere visto esclusivamente come un movimento di massa operaia, ma come un ideale universale che potesse attrarre anche i giovani intellettuali e borghesi sensibili alle ingiustizie sociali. Questa visione lo portò a legarsi strettamente ad Amadeo Bordiga, uno dei principali teorici del comunismo in Italia, che condivideva una visione intransigente della lotta di classe.
Nel gennaio del 1921, Berti partecipò al XVII Congresso del PSI a Livorno, dove si consumò la scissione tra riformisti e comunisti. In qualità di membro attivo della Federazione giovanile socialista, Berti lavorò intensamente nei mesi precedenti per garantire che i giovani socialisti aderissero alla mozione comunista. La sua attività fu coronata dal successo: la Federazione giovanile scelse di schierarsi con i comunisti di Bordiga, appoggiando la linea intransigente che chiedeva l’espulsione dei riformisti e l’adesione incondizionata alle direttive dell’Internazionale Comunista.
Questa vittoria interna al movimento giovanile segnò una tappa importante nella carriera di Berti. Il 29 gennaio 1921, pochi giorni dopo la fondazione ufficiale del Partito Comunista d’Italia, Berti, ancora diciannovenne, venne eletto segretario della Federazione giovanile comunista. Il suo incarico rappresentava il riconoscimento dei suoi sforzi nella promozione delle idee comuniste tra le nuove generazioni e ne consolidava la posizione all’interno del partito nascente.
Negli anni successivi, Giuseppe Berti continuò a svolgere un ruolo di primo piano nel Partito Comunista d’Italia, soprattutto durante il regime fascista, quando si rivelò un uomo di fiducia per Mosca e per l’Internazionale Comunista. Tuttavia, con il passare del tempo, la sua influenza all’interno del partito andò diminuendo, anche a causa delle tensioni interne e delle nuove dinamiche politiche del dopoguerra.
Nonostante la perdita di terreno all’interno del PCI, Berti mantenne un ruolo importante nella politica italiana, continuando la sua attività parlamentare e distinguendosi come studioso.
Il podcast “A costruire un mondo nuovo. Giovani comunisti verso Livorno (e verso Mosca)”ricostruisce e racconta i percorsi di viaggio verso Livorno, ma anche i percorsi di vita e politici, di alcuni dei giovani protagonisti del momento fondativo del Partito comunista d’Italia avvenuto con il congresso svoltosi al teatro San Marco di Livorno nel 1921.
Questo podcast è stato prodotto nell’ambito di un progetto della Fondazione Enrico Berlinguer in partenariato con la Fondazione Casa Museo Antonio Gramsci di Ghilarza e il Centro Servizi Culturali (CSC) di Carbonia della Società Umanitaria, con il contributo della Presidenza del Consiglio dei ministri, Struttura di missione anniversari nazionali ed eventi sportivi nazionali e internazionali.
La direzione scientifica dell’intero progetto è di Luciano Marrocu, storico dell’età contemporanea.
I testi sono stati elaborati dagli storici dell’età contemporanea Valeria Deplano, Luciano Marrocu e Alessandro Pes. Serena Schiffini ha curato la regia e il coordinamento della produzione. Le voci sono di Elio Turno Arthemalle, Michela Atzeni e Leonardo Tomasi. La realizzazione è di Quarantacinque Audiolibri & Doppiaggio di Michela Atzeni. La grafica è di Gabriele Calvisi.
- Puntata I A Mosca, a Mosca
- Puntata II Il viaggio di Umberto Terracini
- Puntata III Teresa Noce
- Puntata IV Luigi Polano
- Puntata V Jules Humbert-Droz. Da pastore di Dio a rivoluzionario di professione
- Puntata VI Giuseppe Berti
- Puntata VII Rita Montagnana
- Puntata VIII Luigi Longo
- Puntata IX il congresso di Livorno
DISCLAIMER: podcast prodotto da Raduni in collaborazione con la Fondazione Enrico Berlinguer e il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.