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POST-IT : who are you? @Lucrezia

Guardo le nuvole dal finestrino del treno che mi sta portando a casa. Ci son salita all’ultimo secondo, sono stata titubante fino alla fine e non nascondo di esserlo ancora. Fa sempre piacere tornare nella propria terra ma è difficile cambiare vita così, per tre giorni. In tre giorni riesci solo a sfiorare tutte le cose che, invece, vorresti toccare. Fa piacere riabbracciare amici e familiari, ma è un abbraccio che resta amaro perché si ha sempre il timore di esser stati in qualche modo sostituiti. Nessuno mi ha obbligata ad andar via, l’ho voluto io, con tutta me stessa.

Questo è il primo viaggio malinconico che faccio, sarei rimasta a Dublino. Sarebbero stati tre giorni in più per guardare in faccia il futuro, i nuovi amici e il nuovo amore.
Ma ogni tanto bisogna girarsi e lottare con i ricordi e i mostri del passato.
La mia paura è quella di incontrare mia sorella Lucrezia.

***

C’è stata nella mia vita, parecchio tempo fa, una persona capace di completarmi, capace di farmi essere quello che non ero, nel bene e nel male.

Avevamo un rapporto esclusivo, eravamo io e lei e ci bastava; eravamo molto amiche io e Lucrezia e delle volte penso che lo fossimo troppo.
Eravamo amiche al punto che decidemmo di andare a vivere insieme, affittando una casetta appena fuori città.
Cosa c’è di più bello di due amiche per la pelle sotto lo stesso tetto? Niente, credevo.

Ogni volta che si varcava la porta di casa sembrava di entrare in un’altra dimensione: avevamo arredato tutto a nostro gusto, non c’era coerenza tra una stanza e l’altra, tra il pavimento, il colore delle pareti e lo stile dei mobili.
Su ogni parete c’era un pezzo della nostra anima: poster delle nostre band preferite, foto dei nostri viaggi, post-it con su scritte citazioni famose e parole a caso, copie dei quadri di Van Gogh e Picasso.
La stanza che preferivo era sicuramente quel salottino improvvisato tra il corridoio e la cucina. C’erano un’infinità di cuscini buttati per terra e un tavolinetto basso dove di solito mangiavamo cinese. Quello era il nostro spazio, era lì che sono stati svelati segreti e confidenze, era lì che siamo passate da essere migliori amiche a considerarci due sorelle

***
Era un Giovedì soleggiato, anche se era Dicembre. Una giornata come tutte le altre: sveglia alle 7, due tazze di caffè, otto ore all’università per seguire i vari corsi, la spesa, le pulizie… se non fosse che quella mattina mi svegliai con un brutto presentimento che mi accompagnò per tutta la giornata.
Non ero riuscita subito a capire di cosa si trattasse e non avevo avuto  tempo di analizzare a fondo quel tormento, la mia giornata era stata abbastanza impegnativa.
Però, quando ero in procinto di addormentarmi avevo iniziato a intuire qualcosa…
Non chiudendo occhio tutta la notte, ero giunta ad una strana e incomprensibile spiegazione. Ero convinta del fatto che il destino avesse fatto a me e Lucrezia un regalo bellissimo, ci regalò una parentela che effettivamente non avevamo. Mi dissi però che questo regalo non era eterno, che non avremmo potuto usufruirne per tutta la vita e che era ora di rimpacchettarlo e far in modo che il destino lo regalasse a qualcun alto.
Sinceramente non so se si fosse  trattato di un sogno, ma ne ero davvero convinta: era il momento di chiudere quel capitolo bellissimo della mia vita e aprirne un altro. Ero consapevole del fatto che era arrivato il momento di liberarmi di quel rapporto esclusivo e darmi la possibilità di regalare e farmi regalare vibrazioni, energia e storie di vita insieme ad altre persone.

Il giorno dopo raggiunsi Lucrezia, che stranamente era sveglia, in camera sua. Senza dire una parola ci lasciammo andare in un lungo abbraccio. Aveva capito le mie intenzioni guardandomi negli occhi, aveva capito che forse era la cosa giusta da fare.
Ci regalammo l’ultimo sorriso che racchiudeva l’augurio ad entrambe di essere felici anche se separate.

Angela Lucia

Mariafrancesca

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