Parole in Cammino: giorno 1. Le impressioni della nostra redazione

Dopo giorni di preparazione e di eventi preliminari, oggi è finalmente iniziato Parole in Cammino, il Festival dell’italiano e delle lingue d’Italia. Una giornata densa di appuntamenti, di tematiche e di personaggi di spicco nel panorama culturale italiano: da Francesco Giorgino a Massimo Cacciari, passando per Maurizio Bettini e Michele Mirabella, oltre a  numerosi altri “artigiani” della lingua italiana.

La redazione di uRadio sta seguendo attivamente il Festival, che rappresenta per noi (quasi tutti studenti di linguistica, comunicazione o lettere) una grande opportunità di crescita. Invece della “cronaca” della giornata, che lasciamo alle testate più rinomate, abbiamo pensato di condividere con i lettori i nostri commenti e impressioni, i nostri spunti di riflessione traibili dagli interventi di oggi e anche le nostre osservazioni.

Valentina, 29 anni (Università per Stranieri di Siena): In linea con la lezione del compianto Tullio De Mauro, la prima mattina del Festival è stata dedicata al rapporto tra lingua e democrazia. L’intervento più denso di “food for thoughts” secondo me è stato quello di Mario Morcellini, Direttore del Centro Coris – Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università La Sapienza con Francesco Giorgino, giornalista e conduttore del Tg di Rai1. I due prestigiosi ospiti hanno discusso sull’uso dei social media, anche nella comunicazione politica, dove spesso dettano l’agenda dei partiti, e sul binomio “giornalismo senza informazione e informazione senza giornalismo”. Un commento del Prof. Morcellini mi ha particolarmente colpito: in un’epoca in cui tutti comodamente dietro ad uno schermo possono ergersi a critici e tuttologi e in cui il populismo svuota la complessità che caratterizza la comunicazione, i festival culturali rimangono uno degli ultimi strumenti di cultura e di democrazia. “Che Parole in cammino sia la vostra divisa”.

Davide, 25 anni (Università per Stranieri di Siena): La mattinata si è chiusa con la tavola rotonda dal titolo “Comunicazione e informazione al tempo di Internet”; presieduta dal professor Vedovelli, si è svolta tra Daniele Chieffi, esperto di comunicazione digitale, Marino Sinibaldi, giornalista e conduttore radiofonico, e Andrea Vianello, conduttore radiofonico e televisivo. Tra curiosi aneddoti personali e interessanti interventi da parte di spettatori di riguardo come Francesco Giorgino e Michele Mirabella, l’intervento si è contraddistinto per un’atmosfera divertente e divertita. I tre relatori, spesso stimolati o addirittura provocati da un sornione Vedovelli, hanno sottolineato le infinite possbilità offerte dai nuovi mezzi tecnologici, potenzialmente inclusivi ed espandibili all’infinito; ciononostante, in tanti non li sanno sfruttare, con conseguenze gravi, che oscillano dall’analfabetismo funzionale al suicidio di chi si è sentito umiliato dal web. Pur con queste considerazioni drammatiche, l’incontro è stato allegro e piacevole grazie alle indubbie capacità dei partecipanti, in grado di dominare nella stessa situazione sia citazioni classiche che riferimenti al mondo contemporaneo. In particolare, Vianello ha strappato applausi e risate dopo essersi autodefinito un “bimbo minchia” per la sua enciclopedica conoscenza delle emoticon di What’sApp. Sempre a proposito di faccine e simili della popolare chat, si è fatta menzione dell’emoticon che riprende l’Urlo di Munch, che probabilmente viene usata da molti senza che essi conoscano il celebre dipinto. Altro esempio di connubio tra tradizione e modernità è dato dal fatto che la televisione, secondo alcuni un mezzo ormai vecchio, viene ora rilanciata grazie al web e ai social: lo streaming e i commenti permettono di lasciare una scia e di coinvolgere nuovamente i giovani, catturati dal mondo digitale. Che conclusione trarre da un dibattito su un argomento tanto attuale quanto sterminato? I relatori hanno espresso un desiderio che si potrebbe riassumere con il seguente slogan: “No alla censura, sì all’autoregolamentazione”

Fabiana, 23 anni (università degli Studi di Siena). Il latino è una lingua morta? No, secondo quanto afferma Maurizio Bettini, docente di Filologia classica e Antropologia del mondo antico dell’Università di Siena. Nel corso del breve incontro pomeridiano Bettini articola una riflessione culturale, linguistica e antropologica sull’importanza delle lingue classiche, e in particolare del latino, e la necessità di una riforma dell’insegnamento di quest’ultime nei licei – tornando su temi già affrontati in alcuni interventi recenti e nella sua ultima pubblicazione A cosa servono i Greci e i Romani. L’obiettivo dovrebbe essere il mantenimento di una continuità culturale con il nostro passato più prossimo, che si è nutrito della letteratura classica e, forzosamente, della lingua sua propria. Roberto Barzanti, presidente dell’Accademia degli Intronati, si dimostra più scettico riguardo la possibilità di un ritorno in auge del latino. Vedovelli, in chiusura, sottolinea l’importanza di una riforma politica linguistico-culturale, necessaria per preservare una cultura classica ormai in via d’estinzione. Il quadro presentato è piuttosto desolante, e la sensazione, nonostante le valide proposte di riattualizzazione e riforma proposte da Bettini, è quella di un inevitabile declino della cultura classica all’interno della paideia italiana. Quindi, il latino è una lingua morta? No, ma ancora per poco.

Maria Vittoria, 26 anni (Università per Stranieri di Siena): Michele Mirabella: un nostalgico con il libro terzo dell’Eneide sul comodino. In una bellissima cornice medievale affrescata, nella Sala del Mappamondo, alla cattedra ci sono Michele Mirabella, Raffaella De Santis (giornalista) e Michele Cortelazzo (linguista), per uno degli interventi del festival, che potrebbero definirsi “singolari e dialogate lezioni di storia della lingua italiana”. Questa è intitolata: Dove va l’italiano? La risposta è colorata di pessimismo e nostalgia. Eppure è molto divertente. Mirabella, infatti, conduce il pubblico attraverso riflessioni sulla degenerazione dell’italiano, con fare da showman. Lui stesso dirà alla fine che a parlare di fatti linguistici si finisce col fare cabaret. E quindi cita Totò, un Totò filologo che aveva già intuito le assurdità di un certo italiano, il burocratese. Per non parlare degli anglicismi diffusi. Poi il discorso si dirige sulla questione dei 600 professori che hanno firmato la petizione, mossi dalla presunta scarsa competenza in italiano degli studenti universitari. Finalmente una domanda interessante. L’impoverimento della lingua è un rischio puramente stilistico o conoscitivo? E’ un problema ortografico o ermeneutico? Un ragazzo che scrive male pensa male? Ma gli accademici sono tutti lì a discutere contro chi puntare il dito. L’Eneide spunta più o meno in questo punto della discussione: il latino e la sintassi latina per aprire la mente, per esercitarsi ad essere più elastici ed interpretare il mondo. Antiquam requirite matrem (Virgilio); cercate l’antica madre. E sullo Zingarelli le parole in via di estinzione, segnalate con un fiorellino, e prendetevi cura di loro.

Anna Paola Soncini e Elisabet Cabro Catalan – L’Italiano e L’Europa. Il racconto di un’esperienza.
Tutti che parlano dell’impoverimento dell’italiano. Tutti preoccupati per il suo destino. Per l’unica voce fuori dal coro la sala è già mezza vuota. Ma l’ottimismo è vigoroso e riesce a coinvolgere i pochi presenti. A parlare è Elisabet Cabro Catalan, di Barcellona, una giovane insegnante di letteratura catalana all’Università di Bologna. Parla del suo rapporto con l’italiano e del ruolo dell’italiano come lingua europea. Il contatto con le altre lingue, dice, non deve essere temuto sistematicamente; la lingua non può essere qualcosa che va protetta a oltranza. Più che gli anglicismi, si deve pensare a contrastare l’omologazione. Il suo intervento si inserisce in un progetto di promozione del Master Erasmus Mundus dell’UniBo. Ma la vera pubblicità è quella che fa all’italiano, meglio di quanto avremmo potuto fare noi italiani: “Con la mia amica ucraina e un mio amico turco al telefono parliamo italiano. È la nostra lingua franca. Il messaggio è che non sono solo le lingue dominanti sul mercato a garantire la comunicazione internazionale”. Commozione, applausi e complimenti finali.

Adria, 21 anni (Università degli Studi di Siena). Non ci si può sempre fossilizzare sui Videogiochi, vero? [N.d.R.: Adria cura settimanalmente la rubrica videoludica di uRadio]. E in effetti è così, soprattutto quando vengono organizzati degli eventi particolari e un pò diversi dal solito, opportunità culturali che aiutano sia ad avere un’ampia gamma di opinioni differenti riguardo a un determinato argomento, sia a facilitare una conoscenza più approfondita di temi che, magari, prima non si erano nemmeno presi in considerazione. Il Festival della Lingua Italiana è proprio questo caso particolare: un’occasione per approfondire non solo argomenti strettamente inerenti alla lingua, ma anche quegli elementi che caratterizzano la nostra vita di tutti i giorni e il nostro futuro: si parla di comunicazione, si parla di giornalismo e di politica, di propaganda e dell’influenza dei media, del ruolo che questi ultimi hanno nella nostra società. Oggi ho seguito in particolare la discussione “Dove va l’Italiano?” – una domanda quanto mai emblematica, portata in evidenza già settimane addietro con l’accusa di 600 professori italiani nei confronti delle scarse competenze linguistiche degli studenti universitari. Ed è stato oltremodo interessante ascoltare le opinioni dei diversi ospiti, in particolare Mirabella, che ha avuto modo di elencare le ragioni per cui, a suo avviso, l’Italiano di oggi si avvia verso un inesorabile declino. In particolare credo di poter affermare che il suo parere è quello dal quale maggiormente mi sono sentita distante, perchè ritengo che sia naturale il normale mutamento di una lingua all’interno della società che ne fa uso e ritengo altrettanto prevedibile il cambiamento del modo in cui questa lingua viene sfruttata. Ho dunque un parere un pò meno “estremo”, ma è stata una interessante fonte di approfondimento e riflessione, soprattutto per via dei numerosi esempi elencati dagli ospiti e degli interventi del pubblico. Un’oretta di tempo, forse poco più, che non ha annoiato ma anzi, ha permesso di scoprire cose nuove e sviluppare magari un pensiero più critico sugli argomenti trattati. Un’occasione sicuramente da non lasciarsi sfuggire, in questa sua prima edizione nazionale, tanto da consigliare a chiunque di unirsi liberamente e partecipare ai numerosi eventi che seguiranno ancora stasera e nei due giorni a seguire!

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