Parole in cammino: alla scoperta dell’italiano, quarta lingua più studiata. Renzi assente (ma spesso evocato)


Al via la manifestazione a Palazzo pubblico

Quanto è studiato l’italiano in Italia e nel mondo? Chi, come e perchè lo parla?


I ringraziamenti

Presso la splendida cornie della sala del Mappamondo nel Palazzo Pubblico si è aperta la seconda edizione di Parole in cammino, ambizioso festival dalla genesi tutta senese.

L’assessora alla cultura ha ringraziato le cellule fondamentali della rassegna: Università degli studi di Siena e università per stranieri, insieme all’associazione culturale ‘Il Liceone’.  Sono dunque intervenuti i due rettori: Frati, rettore dell’unisi, ha rivendicato la grande qualità «della ricerca e della didattica sui temi della lingua» di cui gode la sua università, ricordando l’appuntamento di domenica 8. Presso il Rettorato, infatti, giuristi e ospiti d’eccezione illustreranno la tematica della lingua italiana nella nostra Carta Costituzionale.

Il sindaco Valentini con Frati e Cataldi.

Cataldi, rettore dell’unistrasi, ha ricordato come la nostra lingua sia patrimonio della Nazione quanto gli affreschi di Simone Martini alle sue spalle. Parole in Cammino, per celebrare questa ricchezza, ha messo in gioco sia il mondo cittadino – con il coinvolgimento della Chiocciola – sia quello politico – con l’invito a Matteo Renzi.

Bruno Valentini, sindaco della città, ha in chiusura ringraziato le università, motore propulsore e protagoniste dei futuri progetti di Siena.

 

Matteo Renzi illustre assente.

A proposito di comunicazione: l’ex premier ha comunicato ieri sera al sindaco la sua assenza. Ad ogni modo, il direttore artistico Massimo Arcangeli spiega brevemente quale sarebbe stato l’intervento, tutto incentrato su un ‘Renziario’. Il politico è, si sa, un comunicatore, e l’analisi avrebbe riguardato sia la sua attività libraria, sia quella sui social.

Che italiano fa? Urgono ombrello e abecedario. 

Piove o c’è il sole dalle parti del congiuntivo e della consecutio temporum?

I dati sono contrastanti: il presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini traccia un bilancio, e i risultati sono un po’ allarmanti.

Innanzitutto, sottolinea l’interesse per l’istituzione che gestisce da parte di un numero sempre crescente di persone, elencando visite di regnanti di altri paesi e di personalità di spicco del nostro panorama. Dopodichè, ricorda la numerosa partecipazione a manifestazioni come le Olimpiadi di Italiano e alla Settimana della lingua italiana. Infine, annuncia che l’italiano è addirittura la quarta lingua più studiata al mondo e la trentesima per diffusione.

L’intervento di Marazzini.

D’altro canto, non tutto è oro ciò che luccica. L’Accademia sente che il proprio ‘tesoro’ linguistico sia poco tutelato dal Ministero dell’istruzione: non a caso, dall Crusca è nata la polemica sui bandi di ricerca  nazionali, compilabili solo in inglese. L’italiano, tra l’altro, sta perdendo terreno in alcune branche della ricerca universitaria: l’80% degli studi tecnici sono scritti in inglese, mentre l’80% delle ricerche di architettura restano saldamente scritte nella lingua di Dante. Risultati simili nelle percentuali di ricerche in campo giuridico e umanistico: l’italiano regna.

Tuttavia, permangono settori in cui la lingua italiana è assente: il mondo della ricerca permette ancora il diritto all’italiano?

 

Italiani & italiano.

E gli italiani, conosconono la propria lingua? Non tanto. I rapporti OCSE del 2013 ci pongono come fanalino di coda della classifica – su un campione peraltro piuttosto vasto (16 – 65) – ma si potrebbe ribattere che, dopotutto, l’italiano non è lingua di Stato. Esattamente: è solo la nostra lingua ufficiale, nulla di più. Tra l’altro, la corrente giuridica che più fortemente sottolinea il ruolo dell’italiano in Italia è riscontrabile nello statuto della Proincia Autonoma di Bolzano.

Insomma, nonostante ogni tanto l’italiano faccia capolino nel dibattito nazionale (Ministra o Ministro? Assessore o Assessora? Il linguaggio di genere crea molte polemiche), è la politica linguistica implicita a dare l’ultimo colpo.

Fateci caso: quale lingua parla Angela Merkel agli incontri svizzeri sul tema del clima? Tedesco (lingua parlata in Svizzera insieme all’italiano e al francese). Quali parla Macron? Inglese e francese. Quale parla Gentiloni? Solo l’inglese

 

E l’italiano all’estero?

Lo studio dell’italiano all’estero è stato al centro dell’intervento di Alessandro Masi, segretario generale della Dante Alighieri. La società esporta la nostra linguua in tutti i fusi orari del globo terracqueo, e registra un grosso potenziale per questo settore. La domanda è crescente e si sviluppa all’interno di quello che certi addetti del settore chiamano ‘mercato delle lingue‘.

Dopotutto, nonpostante i problemi che ancora si hanno nel nostro paese relativi allo studio dell’italiano, abbiamo un immenso testimonial: il Papa. Effettivamente, ogni domenica, milioni di fedeli in tutto il mondo si collegano per sentire parlare la nostra lingua …

 

L’Intelligenza Artificiale sarà più intelligente di noi?

Linda Pagli e Pierluigi Crescenzi. “Problemi, algoritmi e coding. Le magie dell’informatica.”

La professoressa d’informatica dell’Università di Pisa ci espone una riflessione su come alcuni termini scientifici abbiano assunto, nel corso della storia, e soprattutto nel presente, un uso non consono al loro significato.
Ci fa l’esempio della parola “algoritmo”. Nata intorno al XII sec, in riferimento ai procedimenti di utilizzo dell’abaco, è rimasta, poi, un termine desueto per molto. Fino ad oggi, che ha curiosamente assunto un significato “negativo”. Soprattutto dalle testate giornalistiche, viene attribuito a tale termine delle colpe riguardo all’andamento economico e politico del nostro Stato. Come se la parola “algoritmo” potesse mai essere causa della crisi italiana.

Sposta poi la nostra attenzione su un’altra parola: il “coding”. È uno di quei termini che hanno fatto capolino nella lingua italiana per andare a sostituirne un altro, italiano e sicuramente più pertinente. Il “coding”, prima semplicemente chiamato “programmazione” è il linguaggio di, per l’appunto, programmazione degli scritti in codice.

 

Macchine che parlano e provano i nostri sentimenti

L’interessante delucidazione terminologica ci serve a comprendere l’intervento dell’altro professore, in tal caso dell’università di Firenze, Pierluigi Crescenzi. Con un linguaggio molto alla mano, apprezzabile soprattutto da chi, come me, non ha alcuna conoscenza in campo scientifico e informatico, ci spiega come l’intelligenza artificiale (IA) stia evolvendo ai giorni nostri. Il desiderio dell’uomo da sempre, ci dice, è quello di realizzare una macchina che imiti il cervello umano. E ci stiamo riuscendo.

Ma come? Trattando questi computer, composti da infiniti algoritmi, come dei bambini. Insegnandogli passo a passo, algoritmo per algoritmo, la nostra lingua, il nostro pensiero. Quando la macchina compie un errore viene ripetuto l’algoritmo fino a che la funzione non sia appresa. E così all’infinito.

È un processo iniziato con il matematico Touring, che ha avuto un forte blocco di sviluppo, ma che oggi ci sta dando dei risultati incredibili.  Lo sviluppo della tecnologia e la disponibilità di dati che oggi contiamo di avere è davvero in grande avanzamento.

 

Traduzioni di traduzioni

Crescenzi ci fa un esempio praticissimo alla portata di tutti. Prende in causa Google Translate, il traduttore online più utilizzato a livello mondiale. Agli albori della sua creazione era una macchina che dava risultati davvero mediocri. Le traduzioni erano spesso inaffidabili e scorrette. Oggi non possiamo dire di avere una macchina perfetta, in grado di non errare alcuna traduzione, non è affatto così. Ma abbiamo un mezzo che negli anni ha fatto dei passi da gigante. E ce lo dimostra. Ancora una volta, per arrivare a tutti, Crescenzi ci fa un esempio che ha del giocoso, ma soprattutto dell’utile.

Ci ricorda che, una quindicina di anni fa, Radio 2 proponeva quotidianamente un gioco ai suoi ascoltatori. Prendeva il testo di una poesia conosciuta, lo traduceva in inglese con l’appena nato Google Translate, e poi dall’inglese lo ritraduceva in italiano. Il risultato era un agglomerato di frasi che avevano perso tutto il loro senso originale. E gli ascoltatori dovevano indovinare quale poesia fosse appena stata tradotta.

Crescenzi ci mette alla prova promettendoci una copia gratis del suo libro in caso di vincita. E ci chiede da che poesia possa provenire la frase tradotta “Avrete altro che la mano di tuo figlio”. Nessuno riesce a dare una risposta. È il verso dell’ultima strofa di “A Zacinto” di Foscolo. E allora ci viene a tutti un po’ da sorridere. Non solo la macchina aveva sbagliato l’impostazione grammaticale della frase, ma soprattutto il significato. Aveva tradotto “canto” per “mano”. Ma fortunatamente oggi, Google Translate questi errori grossolani ce li risparmia.

 

Siamo felici o arrabbiati? Ce lo dicono le macchine

Infine, Crescenzi, che non vuole smettere di sorprenderci, ci dice che oggi le macchine sanno anche capire i nostri sentimenti. Si chiama “sentiment analysis” ed è il processo attraverso il quale l’IA leggendo un testo riesce a capire se il sentimento espresso è positivo o negativo. Ovviamente il professore, che non vuole lasciarci dubbi o incomprensioni ci fa degli esempi pratici.

Prende in causa il blog di Renzi, senza negarci il fatto che avrebbe avuto il piacere di fare queste osservazioni davanti e lui per commentarle insieme, e fa analizzare tweet per tweet alla sua macchina. Il risultato è che Renzi o è un gran burlone o non si fa mai prendere dalla disperazione. Mi spiego. A seconda dei termini utilizzati la macchina riesce a comprendere il grado di positività o negatività dei suoi tweet e ci dà una percentuale. Scopriamo così, da un suo tweet, che dopo la sconfitta al referendum, Renzi era felicissimo. Poi ha chiuso il computer e ha iniziato a piangere.

Questo esempio che ha del ridicolo ci vuol far capire che una macchina non potrà mai comprendere i veri sentimenti di una persona mentre scrive qualcosa. Ma analizzando il significato di tutti i termini, può capire se un discorso è più o meno negativo. È così che all’IA Renzi è apparso un tipo senza pensieri grazie al suo “Viva l’Italia” alla fine di ogni tweet.

 

Una nuova malattia: la “demenza digitale”

Intervento di Massimo Palermo.

Ci fa una piccola introduzione su quella che oggi chiamiamo “rivoluzione digitale” che si divide in due poli, chi ne è favorevole ed entusiasta, e chi ha una visione apocalittica e la definisce la causa della perdizione.

Nessuna delle due ipotesi è corretta, ma sicuramente dobbiamo stare attenti a quel fenomeno chiamato “demenza digitale” che si verifica quando internet anziché promuovere la cultura diventa fonte di abbassamento culturale per via, soprattutto, delle fake news.

 

Ogni cellulare possiede un umano

Aldo Cazzullo. “Li mettiamo via quei cellulari? Nuove tecnologie e nuovi linguaggi.”

Apre il suo intervento accompagnato da un’attrice che legge parti del suo libro che definirei interessante e sotto un certo punto di vista amaramente comico. Descrive la società di oggi sempre più legata alla telefonia e dunque all’informazione digitale e ai social network. Ci ripete più volte che “ogni cellulare possiede un umano”, sottolineando questo vero e proprio possesso di un essere vivente da parte di un oggetto inanimato.

Riprende il discorso delle intelligenze artificiali in maniera più cinica, dicendoci che stiamo creando delle macchine più intelligenti di noi e che ciò sarà controllabile fino a che macchine e umani avranno gli stessi desideri su cui puntare.

 

I numeri, le visualizzazioni e i followers

Ma soprattutto vuole farci riflettere su come ci facciamo abbindolare dalla realtà virtuale che sembra non avere un confine che la tenga separata dalla vera realtà. Oggi ci basiamo sui numeri, su quanti followers o visualizzazioni abbiamo. L’importante al giorno d’oggi sono i numeri. Ma questi numeri resteranno nella storia?

Ci fa un confronto tosto: Ungaretti ottenne per la sua prima pubblicazione di poesie solo 80 copie, il video del balletto delirante di Psy su YouTube ha oggi tre milioni di visualizzazioni. Ma noi ai nostri nipoti leggeremo Ungaretti e non mostreremo mai il video di Gangnam Style che è già di per sé superato. Contano davvero i numeri allora?

E poi, ancora, è davvero importante essere gli uomini o le donne più cliccate su Google?? Ad oggi, non sono Trump o Putin i nomi più cercati, nonostante siano coloro che possiedono le chiavi per disintegrare o mantenere intatto il nostro mondo. Ma Paris Hilton, Kim Kardashian, Belen Rodriguez. L’uomo più cliccato nel 2017 è stato Macron, ma sempre affiancato dalle parole “gay” o “moglie”. O Francesco Gabbani e Alberto Angela accanto alla domanda che vuole svelata la curiosità di quanto siano dotati.

E non ci rendiamo conto di come stiamo dando un volto a queste figure. Hanno trovato il modo di raggiungere chiunque semplicemente abbassandosi a noi, al nostro piccolo mondo. Questo deve la fortuna a gente come Grillo che ha fatto della sua voce la voce del popolo e ha così portato il suo movimento a vincere le elezioni. Di Salvatore Aranzulla che è diventato milionario risolvendo semplici dubbi informatici quotidiani.

Quello che vuole dirci Cazzullo è che internet è una risorsa fondamentale. Indispensabile ai nostri giorni. A cui poter attingere per qualunque interesse. L’importante è farne un uso responsabile. Anche se sembra sempre più difficile.

 

La lingua delle responsabilità

Mario Tozzi. “La lingua delle catastrofi”.

Il geologo, conosciutissimo anche a livello televisivo, riprende il discorso della Pagli per farci riflettere sull’uso scorretto di alcuni termini che noi italiani siamo abituati a fare. Anche e soprattutto a livello scientifico.

Abbiamo introdotto nella nostra lingua il termine “tsunami”, sostituendolo a maremoto. È una parola di derivazione giapponese, che potrebbe avere un senso se abbinata al fenomeno naturale. Purtroppo ora lo abbiniamo al significato di “crollo”. Perché?

E ancora, utilizziamo “catastrofe” e “disastro” per intendere le stesse cose. Eppure la catastrofe è un fenomeno naturale, mentre il disastro dipende dalle stelle.
Ma questo è un problema tutto all’italiana, poiché siam soliti assegnare al caso qualunque responsabilità, anche quelle naturali, per colpa di uno Stato che non se le sa assumere.

Per noi il terremoto è il mostro che sta sotto la terra. Per i Giapponesi che sono costretti a conviverci molto più di noi è una divinità. Il terremoto, per loro, è dovuto da un dio a forma di pesce gatto che sta sotto la terra e si muove. È tenuto fermo dal dio antagonista che quando si distrae permette al pesce gatto di spostarso. Per i Giapponesi il terremoto è il “riordino del mondo”, è un evento naturale inevitabile. Di certo non dovuto dal caso.

Ancora una volta ci viene ribadito il concetto che bisogna assumersi le responsabilità di ciò che facciamo, diciamo, cerchiamo, scriviamo. Ne va di noi, della nostra reputazione, della nostra cultura.

 

Abisso o speranza?

In conclusione, per un parere personale posso dire di trovarmi in perfetto accordo con gli studiosi sopra citati. Ma temo vivamente che non ci siano le carte per risolvere un problema che ci sta facendo affondare sempre di più. Ci sarà sempre qualcuno che non si soffermerà più volte a chiedersi se quello che sta leggendo o quello che sta pubblicando sia corretto o meno. Se le parole che sta utilizzando siano le parole giuste. Se veramente, si conosce il significato dei termini coinvolti. Sarà un buco nero senza fondo? A noi la scelta. E soprattutto, a noi la responsabilità.


Chiara Bellemo.

 

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