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Nothing But Thieves – “Nothing But Thieves”

Il rock inglese sta vivendo una sorta di nuovo rinascimento. Nuove band stanno infatti conquistando gli onori della cronaca, magari proponendo musica non clamorosamente innovativa, ma suonata con passione ed ispirazione. Dopo i già popolari Royal Blood (che, secondo voci di corridoio, potrebbero tornare con un nuovo album già quest’anno), tra i più apprezzati troviamo senza dubbio i Nothing But Thieves: il quintetto britannico si è fatto le ossa suonando in alcuni importanti festival europei, ed ha fatto tappa in Italia questo luglio, come supporting act per i Muse.

Un curriculum di tutto rispetto, soprattutto considerando che la band dell’Essex non aveva ancora pubblicato il suo primo album. Poi, ad ottobre del 2015, il disco è arrivato: intitolato semplicemente Nothing But Thieves, esso contiene gran parte dei brani suonati in giro per l’Europa, più qualche pezzo totalmente inedito. Ma che musica fanno questi ragazzi? E perche possono essere, a buon diritto, considerati una delle realtà più promettenti di quel nuovo rinascimento di cui parlavamo all’inizio?

Ascoltando le 12 tracce che compongono questo esordio discografico, possiamo dire di trovarci in pieno territorio alternative rock degli anni ’00. La principale ispirazione sono proprio i Muse, ai quali i Nothing But Thieves si rifanno in maniera piuttosto evidente, sia in certe soluzioni stilistiche, sia nel cantato: il singer Conor Mason accoglie pienamente la lezione di Matthew Bellamy, specie nell’uso del falsetto; e se nel risultato finale non riesce a raggiungere le vette della controparte “originale”, senza dubbio sbalordisce per estensione e proprietà vocale. Il ragazzo ha un timbro davvero particolare, che riesce a caratterizzare alla perfezione le canzoni del suo gruppo. Già, le canzoni: quelle di questo Nothing But Thieves, come sono?

Senza dubbio, il disco fila via che è un piacere: la musica qui contenuta non ha cali evidenti, non c’è traccia di filler messi lì tanto per far minutaggio. Ogni pezzo ha una sua ragion d’essere, e mette in mostra una capacità compositiva davvero non comune. Si passa da brani più movimentati e rock-oriented, come Ban All The Music o Trip Switch (qui il video), a ballate davvero toccanti e ben arrangiate (If I Get High o Lover, Please Stay). E forse sta proprio qui la forza dei Nothing But Thieves: da un materiale di partenza buono, ma non certo eccellente o innovativo (le strutture melodiche e le sequenze di accordi di molti brani sono sentite e risentite), i cinque ragazzi dell’Essex riescono a tirar fuori brani convincenti e stratificati. Il merito è della appena citata capacità di arrangiamento, che fa sì che ogni pezzo sia ricco di sfumature, di particolari nascosti che emergono ascolto dopo ascolto, e che rendono il disco davvero piacevole e longevo.

A far da contraltare a tutto ciò c’è una certa ingenuità di fondo, peccato di gioventù che si può facilmente perdonare, specie considerando che si tratta di un debut album (cosa che, durante l’ascolto, si tende a dimenticare). Questo si nota soprattutto in alcuni dei brani di questo self-titled, che ricalcano troppo da vicino quanto sentito dai già citati Muse: sound “sporco”, riff di chitarra che sembrano uscire direttamente dalla Manson di Bellamy, linee melodiche davvero simili a quelle del trio del Devon. Questo non rende l’ascolto del disco meno godibile, ma è comunque un elemento che va sottolineato.

In conclusione, ci sentiamo di promuovere a pieni voti l’esordio dei Nothing But Thieves. Non è un album perfetto, ovvio: è un debutto molto, molto maturo, ma che fa trapelare ancora troppo spesso l’ombra dei maestri che l’hanno ispirato. Ciononostante, è un disco pieno di belle canzoni, composte con un gusto per gli arrangiamenti davvero fuori dall’ordinario. Se riusciranno a sistemare le piccole imperfezioni che comunque ci sono, questi cinque ragazzi inglesi faranno davvero molta strada. Il primo passo è più che promettente.

Giacomo Piciollo

G.Piciollo

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